AstraZeneca è efficace e sicuro? Tutti i dubbi sui vaccini e qual è il migliore

Astrazeneca è efficace e sicuro? Tutti i dubbi sui vaccini e qual è il migliore
Astrazeneca è efficace e sicuro? Tutti i dubbi sui vaccini e qual è il migliore
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Martedì 6 Aprile 2021, 11:21 - Ultimo aggiornamento: 11:22

Disorientato ed esitante. Chi deve iniettarsi il vaccino è inondato di informazioni diverse. Con l'Olanda che sospende AstraZeneca, la Germania che lo vieta agli under 60 e l'Italia che valuta se consentirlo solo ad alcune persone. I vaccini sono efficaci e sicuri? Qual è il migliore? Lo abbiamo chiesto a Sergio Bonini, Professore di Medicina Interna distaccato per 5 anni all’EMA e attualmente Associato di Ricerca presso l’Istituto di Farmacologia Traslazionale del CNR.

A quale organismi compete l’approvazione di un vaccino e perché AstraZeneca è stato sospeso per gli over 55 in alcuni Stati?
 

L’autorizzazione all’immissione in commercio di un vaccino è delegata in Europa all’European Medicines Agency (EMA), negli Stati Uniti alla Food and Drug Administration (FDA) o, in altri paesi (Regno Unito, Svizzera, Israele, Canada, Australia…) alle rispettive agenzie regolatorie. Nell’UE, la decisione dell’EMA è valida per tutti gli Stati Membri, che possono tuttavia apportare delle limitazioni anche sulla base dei dati di monitoraggio, sempre tuttavia nell’ambito dell’indicazione dell’agenzia europea (alle cui decisioni partecipano con propri delegati). È quanto avvenuto, ad esempio, nel caso del vaccino AstraZeneca (AZ), autorizzato dall’EMA al disopra dei 18 anni, ma inizialmente consigliato da alcune agenzie nazionali fino ai 55 anni per i pochi soggetti studiati negli studi registrativi al disopra di tale limite di età. Poiché, tuttavia, i rari, ma gravi, effetti avversi riscontrati successivamente all’autorizzazione si erano verificati nei soggetti piu’ giovani, alcune agenzie nazionali ne hanno consigliato l’uso proprio nei soggetti più anziani, inizialmente esclusi da tale tipo di vaccino.

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Sulla base di quali dati viene approvato un vaccino e come si calcola l'efficacia?


L’autorizzazione di un vaccino viene rilasciata con varie modalità (di emergenza, condizionata…) sulla base della valutazione indipendente del rapporto beneficio/rischio derivante dai dossier di qualità, preclinici (studi su animali o in vitro) e clinici presentati dall’industria farmaceutica. Gli studi clinici si dividono in 3 fasi: la Fase I, su piccoli numeri di volontari, valuta la sicurezza del vaccino; la Fase II serve a identificare la dose e lo schema di somministrazione ottimali; la Fase III, su migliaia di soggetti, calcola efficacia e sicurezza confrontando, in genere, una popolazione trattata con il vaccino ed una trattata con placebo, senza che né lo sperimentatore né i soggetti che hanno fornito il loro consenso informato alla sperimentazione, sappiano chi ha ricevuto il vaccino e chi il placebo. Per i vaccini anti-COVID autorizzati, il beneficio è stato calcolato sulla base di quanti casi di COVID-19 confermati con un tampone molecolare si sono sviluppati nei soggetti vaccinati rispetto a quelli osservati nei soggetti non vaccinati.

Ad esempio, se in uno studio su 100 casi di COVID-19 se ne sono osservati solo 10 nei soggetti vaccinati e 90 nei soggetti non vaccinati, l’efficacia sarà del 90%. Il rischio è valutato sulla base della distribuzione degli effetti collaterali nei due gruppi (vaccinati e non vaccinati). 

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Qual è il vaccino migliore tra quelli autorizzati?


In Europa sono stati autorizzati 4 vaccini. Per i due a mRNA (Pfizer e Moderna) l’ EMA riporta un’efficacia superiore al 90%, mentre per i due vaccini a vettore virale (Johnson&Johnson e AZ) l’efficacia è dell’ ordine del 60% (rispettivamente del 67% e del 59.5%). Un’efficacia maggiore per il vaccino AZ viene riportata in relazione al numero di studi registrativi presi in considerazione (l’EMA ha escluso per basso numero di eventi due dei quattro sudi registrativi considerati dall’Agenzia del Regno Unito), ad una post-hoc analisi aggiornata degli studi registrativi e all’intervallo di somministrazione tra le dosi (risultando un intervallo di 12 settimane quello con maggiore efficacia). Un recente comunicato di AZ relativo all’efficacia riscontrata negli studi registrativi presentati a FDA riporterebbe un’efficacia del 76%, da sottoporre tuttavia a verifica dell’ agenzia regolatoria americana che non ha ancora concesso, come quella svizzera, l’approvazione del vaccino per uso di emergenza.
Non è tuttavia possibile confrontare i dati di efficacia tra studi condotti in differenti popolazioni e con differenti protocolli, confronto che sarebbe possibile solo mediante studi “testa a testa” nella stessa popolazione e con lo stesso protocollo, o attraverso network metanalisi che confrontano in maniera indiretta studi paragonabili condotti utilizzando lo stesso controllo (placebo).
Risultano molto più significativi a riguardo, se ben effettuati, gli studi post-registrativi «real life», effettuati su un campione ben più ampio di quello studiato nei trial clinici. Tali studi, oltre a confermare l’efficacia emersa negli studi registrativi, possono infatti mettere in evidenza effetti avversi molto rari non rilevabili dagli studi registrativi condotti su un numero minore di soggetti. È questo il caso delle reazioni allergiche osservate con i vaccini Pfizer e Moderna (verosimilmente dovute al Polyetilenglycol, PEG contenuto in questi vaccini) e di gravi fenomeni trombotici associati a riduzione delle piastrine con il vaccino AZ. Dell’incidenza di tali possibili eventi avversi si occupa l’ attività di farmacovigilanza attuata dalle agenzie regolatorie (Fase IV della valutazione di un vaccino).
Una credibile valutazione degli studi post-registrativi richiede tuttavia la loro massima trasparenza per quanto riguarda eventuali conflitti di interesse e la disponibilità a rendere FAIR (Findable, Accessible, Interoperable, Reusable) per tutta la comunità scientifica i dati presentati.
Studi condotti in Israele e di recente presentati negli Stati Uniti dal Center for Disease Control hanno confermato l’efficacia e sicurezza dei vaccini Pfizer e Moderna. È auspicabile che siano presto disponibili dati solidi di efficacia e sicurezza anche per gli altri vaccini autorizzati.

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La scelta dell'Inghilterra di vaccinare con una sola dose è solo politica o anche scientifica?
 

Le strategie vaccinali attuate dagli organismi politici decisori devono di norma seguire le raccomandazioni del mondo scientifico, a loro volta proporzionali all’evidenza scientifica dalla quale derivano: alta evidenza, raccomandazioni vincolanti; bassa evidenza, suggerimenti. La decisione politica può tuttavia tener presente anche altri elementi, quali la composizione della popolazione da vaccinare in via prioritaria, la situazione epidemiologica, le strutture logistiche disponibili per la campagna vaccinale, la disponibilità dei vari tipi di vaccino.
Si possono fare alcuni esempi. 
La decisione del Regno Unito di effettuare la vaccinazione di un’ampia popolazione con una sola dose di vaccino, allungando l’intervallo tra le dosi a 12 settimane sia per il vaccino AZ (sviluppato ad Oxford, molto rapidamente approvato e di più ampia disponibilita nel Paese) sia per quello Pfizer (per il quale la seconda dose era indicata dopo 21 giorni e off-label nei Paesi dell’UE, in quanto mai sperimentato con un intervallo tra le dosi superiore ai 42 giorni), ha rappresentato una scelta politica. Non era infatti basata sull’evidenza scientifica disponibile al momento della decisione, ma forse dal numero di morti per COVID-19 – il più alto in Europa – e sulla richiesta del Department of Health and Social Care antecedente all’ approvazione di «considerare un intervallo tra la prima dose e il richiamo … che potesse consentire una flessibilità operativa e la somministrazione della prima dose in un minore margine di tempo», nonché sulla «fiducia» dei Chief Medical Officers «che potesse essere ragionevole un intervallo di 12 settimane tra le due dosi per ottenere una sufficiente protezione». I risultati di una post-hoc analisi del gruppo di Oxford sembrerebbero confermare la validità del rischio assunto, se confermati da altri studi e dalla persistenza di una situazione epidemiologica favorevole anche dopo la fine di uno stretto lockdown in tutto il Regno Unito.

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È sicuro iniettarsi la prima dose di un vaccino e la seconda di un altro?

L’ ipotesi è quella che se l’antigene utilizzato dal primo vaccino è lo stesso di quello utilizzato per il richiamo, l’efficacia dovrebbe essere la stessa. Le ipotesi andrebbero tuttavia provate da studi sperimentali. Peraltro, se gli anticorpi sono altamente specifici per l’antigene che li ha prodotti (come ciascuna chiave per la sua serratura), anche piccole diversità tra gli anticorpi prodotti dai due vaccini potrebbero far sì che «le chiavi» prodotte anziché «adattarsi a più serrature, non aprano alcuna porta».
 

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Quali prospettive future per la prevenzione vaccinale del COVID-19 ?
 

Esiste innanzi tutto un accordo unanime nella necessità di una campagna vaccinale la più rapida ed estesa possibile, privilegiando le popolazioni a più alto rischio ed estendendola a livello globale, anche ai paesi con risorse economiche insufficienti per approvvigionarsi di vaccini. Anche se questo dovesse comportare la revisione o la rinegoziazione dei diritti di proprietà intellettuale.
La campagna vaccinale dovra’ essere associata ad un’adeguata campagna di informazione univoca e trasparente, rivolta a contrastare qualsiasi forma di ingiustificata esitazione per una pratica di salute pubblica indispensabile.
Sono urgenti gli studi registrativi nella popolazione pediatrica.
Sono poi in sperimentazione molti altri vaccini in differenti fasi di sperimentazione, incluso quello italiano di ReiThera. Un problema che andrà affrontato per tali vaccini riguarda l’opportunità di utilizzare un rapporto più elevato tra soggetti vaccinati e soggetti di controllo (2:1 o 3:1 o 4:1 anziché 1:1) oppure  un vaccino già autorizzato invece del placebo quale controllo (con un disegno di non inferiorita’ rispetto al controllo anziché di superiorità rispetto al placebo). Si aumenterebbe così il numero di soggetti vaccinati, evitando il problema etico di lasciare una popolazione a rischio di infezione e forse inconsciamente meno attenta alle norme di protezione individuale nella speranza di essere nel gruppo dei vaccinati. Norme di protezione individuale che peraltro dovremmo tutti mantenere, anche se vaccinati.

 

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