Covid, Galli: «Questo sistema dei colori è troppo lento e farraginoso, non fermeremo le varianti»

Galli: «Questo sistema dei colori è troppo lento e farraginoso, non fermeremo le varianti»
Galli: «Questo sistema dei colori è troppo lento e farraginoso, non fermeremo le varianti»
di Mauro Evangelisti
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Domenica 21 Febbraio 2021, 07:19 - Ultimo aggiornamento: 18 Febbraio, 01:07

Il professor Massimo Galli l'altro giorno ha raccontato: «È partita, la variante inglese sta moltiplicando i casi, lo sto vedendo anche nel mio reparto». L'ospedale Sacco di Milano, dove il professor Galli dirige Malattie infettive, è corso a smentire, con un comunicato che negava la diffusione della variante inglese tra i ricoverati per Covid. Ultimo atto ieri: la Lombardia, che è ancora in fascia gialla, ha una esplosione di nuovi positivi: ha superato in un giorno quota 3.000, oltre il triplo del Lazio, per fare un esempio.

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Professore, i numeri le stanno dando ragione?
«Vede? Lei cosa dice? Io parlo sempre a ragion veduta, dico che ci sono le varianti e mi rispondono che sono un menagramo. Mi fate fare sempre la figura della Cassandra, come se a me facesse piacere».
Cosa sta succedendo?
«Che io sia preoccupato è evidente. Che la tendenza sia cambiata, in senso negativo, è altrettanto evidente. La ripartenza del contagio in buona parte l'effetto della variante. E non solo di quella inglese. A Viggiù è stata trovata anche quella scozzese. Se la variante inglese, come probabile, si sta affermando e ha una velocità di trasmissione del 40 per cento più alta, ora c'è da aspettarsi un incremento notevole. E le ricordo che abbiamo avuto i fine settimana in giallo e questo non ci ha aiutato».
Funziona il sistema dei colori?
«I meccanismi con cui cambiano i colori delle Regioni non seguono tempi, diciamo, fulminei. Purtroppo i casi di oggi sono i casi di oggi e influiranno troppo tardi sulle nuove misure determinate dai colori. Quando sei con un Rt attorno a 1, un po' di più o un po' di meno, non sei in sicurezza. La dico in un altro modo: a fare l'agenda è ancora il virus, invece noi speravamo di dettarla noi. Il virus decide per noi».
Servirebbe un correttivo?
«Con il sistema dei colori siamo combinati in questo modo da parecchio tempo, senza essere usciti dal problema: certo che serve un correttivo. Mi sembra che l'abbia detto anche Bonaccini, presidente dell'Emilia-Romagna, che non è uno scienziato, ma un uomo molto pratico. Lui è anche il presidente della conferenza delle Regioni, che sono state sostenitrici delle aperture e ora capiscono che bisogna andare in un'altra direzione».
Potrebbe essere una soluzione per due o tre settimane un sistema di chiusure diffuso in tutta Italia?
«Potrebbe. Insieme a interventi articolati e mirati, con estrema attenzione, dove ci sono i fenomeni eclatanti di diffusione delle varianti. Va anche intensificato il discorso della rilevazione: io ad esempio sto lavorando su un progetto nelle scuole con test frequenti grazie ai salivari».
Ci dobbiamo aspettare un incremento dei casi in Lombardia e nelle altre regioni dove sta correndo il virus?
«Mi costringete sempre a fare il pessimista, ma siete voi a porre le domande. Se devo essere onesto, mi sembra che tutti i dati vadano nella direzione dell'incremento dei nuovi casi. C'è chi vorrebbe mettere la museruola ai virologi, ma per onestà intellettuale e per la competenza specifica non posso che ribadire che la situazione è in peggioramento. Rischi sempre di essere messo in croce come è successo al collega Ricciardi. C'è quella determinata parola che non si può pronunciare e che invece ora servirebbe...».
Il lockdown?
«La sta dicendo lei».
Però non è semplice dire agli italiani che servono sacrifici per 3-4 settimane, senza che al contempo si vedano le code di persone in fila per vaccinarsi. In Israele, ad esempio, era più semplice imporre un lockdown mentre la somministrazione delle dosi di Pfizer è rapidissima.
«Questo è assolutamente vero.

In sintesi: servono chiusure per 3-4 settimane, certo, ma serve anche mostrare alla gente che si sta vaccinando velocemente. Il fatto che oggi manchino le dosi è un problema. Bisogna anche puntare sulla produzione in Italia dei vaccini su licenza, perché è prevedibile che la campagna di immunizzazione andrà ripetuta per diversi anni. Ed è anche giusto che tutti i Paesi del mondo ricevano i vaccini: è nel nostro interesse se vogliamo sconfiggere il virus».

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