Vaccino, bufera su Crisanti. I virologi: i suoi dubbi sono infondati

Il vaccino ferma i contagi? «Forse no, ma li frenerà»
Il vaccino ferma i contagi? «Forse no, ma li frenerà»
di Mauro Evangelisti
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Venerdì 20 Novembre 2020, 22:52 - Ultimo aggiornamento: 21 Novembre, 12:10

Quando parliamo di vaccini anti Covid c’è una domanda a cui non è ancora stata data risposta: ci proteggeranno da una malattia grave, ma non dalla infezione e quindi, anche se vaccinati, potremo comunque trasmettere il virus a un’altra persona, oppure, al contrario, eviterà proprio il contagio e dunque chi è vaccinato non potrà trasmettere il virus? Ad oggi ci sono solo ipotesi, non risposte definitive.

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«Se già avessi una risposta, vincerei il Nobel», scherza un virologo. Nel giorno in cui Pfizer-BioNThech ha presentato richiesta di autorizzazione alla United States Medicines Agency (FDA) per mettere sul mercato il vaccino, in Italia esplode però un’altra polemica: il professor Andrea Crisanti (Università di Padova) ha detto che a gennaio non si vaccinerà, «prima voglio vedere i dati, facendo fase 1, 2 e 3 di sperimentazione in parallelo ci si porta dietro tutti i problemi».

Il mondo scientifico ha risposto a questa uscita che rischia di compromettere la campagna di vaccinazione e prolungare chissà fino a quando l’emergenza. Il professor Franco Locatelli, presidente del Consiglio superiore di sanità: «Se ci fosse il primo vaccino oggi in Italia lo farei senza la minima esitazione.

I vaccini anti-Covid che verranno resi commercialmente disponibili seguiranno, per quanto in una situazione emergenziale, tutta una serie di step ineludibili. Serve responsabilità in affermazioni che hanno riverbero mediatico».

Il direttore generale di Aifa (agenzia per il farmaco), Nicola Magrini replica a Crisanti: «Dichiarazioni gravi e infondate. Gli studi clinici sui vaccini anti Covid-19 hanno effettuato tutte le fasi di validazione e valutazione». Aifa a breve «costituirà un Comitato scientifico internazionale per promuovere studi di sorveglianza attiva su tutti i vaccini che saranno resi disponibili».

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Il nodo

Ma al di là della polemica tutta italiana sulla frase di Crisanti, resta la domanda più importante per la scienza: il vaccino ci proteggerà dalla malattia o eviterà la trasmissione stessa del virus? Anche su scala internazionale, la risposta non c’è; per i tre vaccini più promettenti - AstraZeneca-Irbm-Oxford, Pfizer-BioNThech e Moderna - ci sono incoraggianti anticipazioni sull’esito della sperimentazione ormai conclusa, ma non ancora pubblicazioni verificate.
Premessa: se, come appare molto probabile, questi vaccini riducono drasticamente gli effetti della malattia con percentuali di efficacia sopra il 90 per cento, siamo di fronte a un risultato straordinario. I vaccini salveranno molte vite e fermeranno l’assalto agli ospedali che sta mettendo i crisi i sistemi sanitari di quasi tutti i continenti. Però, se comunque l’infezione e la possibilità di trasmissione del virus restano, il raggiungimento dell’immunità di gregge sarà più lontano, anche se ci sarà un ridimensionamento drastico della pericolosità della malattia. Il professor Ranieri Guerra, direttore vicario dell’Oms, invita a essere molto chiari sull’importanza fondamentale della vaccinazione diffusa: «La trasmissione si ha se ci sono degli infetti che trasmettono ad altri. Se i vaccinati non si infettano, la trasmissibilità è legata ad una fase di attività virale proporzionale alla carica ricevuta per il tempo necessario al vaccino per inattivare il virus ricevuto. Evenienza sempre possibile, ma veramente rara ed estinguibile con la famosa immunità di gregge».

Il professor Fabrizio Pregliasco, virologo dell’Università di Milano: «Giusto essere prudenti. Ad oggi abbiamo delle informazioni generali, quando avremo in mano la scheda tecnica dei vari vaccini, quando capiremo la durata della protezione, allora tutto sarà più chiaro. Servirà un anno per avere effetti massicci della vaccinazione. Se si dovesse dimostrare che il vaccino ferma la malattia, ma non la contagiosità, questo elemento andrà valutato. Ma resterebbe l’importanza di ridurre drasticamente il pericolo della malattia e i ricoveri».
 

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