Vaccino, come e quando faremo il richiamo? Test sulla risposta immunitaria

Vaccino, come e quando faremo il richiamo? Test sulla risposta immunitaria
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Martedì 20 Aprile 2021, 06:11 - Ultimo aggiornamento: 10:01

Sbarazzarsi del virus con il vaccino sarà solo la prima battaglia vinta, perché per tenerlo davvero a bada anche in futuro toccherà farsi somministrare altre dosi, così come avviene già per l'influenza. «Ad oggi, abbiamo dati sul fatto che la protezione dura sicuramente nove mesi - assicura Roberto Giacomelli, direttore di Immunologia clinica e reumatologia del Policlinico universitario Campus Bio-medico di Roma - Sulla scorta di altre infezioni simili è ipotizzabile che si debba ricorrere a una vaccinazione annuale, anche perché l'emergenza di nuove varianti potrebbe rendere necessarie vaccinazioni che le coprano».

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INEVITABILI IN FUTURO
L'unica certezza che non se ne potrà più fare a meno.

In futuro - precisa Giacomelli - magari si potranno identificare dei sottotipi di pazienti per i quali è preferibile un tipo di vaccino. Fermo restando che sono tutti efficienti sostanzialmente alla stessa maniera, ora l'urgenza è vaccinare». Il richiamo della dose, del resto, era stato già messo in conto. Come sottolinea Filippo Drago, ordinario di Farmacologia dell'Università di Catania e componente della task force sul Covid della Società italiana di Farmacologia «risponde infatti alla regola prevista dalla scheda tecnica dei vaccini». Ma a questo punto occorre fare attenzione. Mentre per il richiamo si potrà utilizzare un farmaco anticovid diverso, «non è invece plausibile cambiare il tipo di vaccino per le dosi di una singola profilassi. Gli studi sui singoli vaccini - puntualizza Drago - sono stati eseguiti con le dosi con lo stesso farmaco e la scheda tecnica non riporta ipotesi di una seconda somministrazione con un vaccino differente». Resta l'incognita della durata della protezione. «Se dovremo avere richiami periodici e con quale frequenza - rimarca Mauro Pistello, ordinario di Microbiologia e Microbiologia clinica all'Università di Pisa e vicepresidente della Società italiana di Microbiologia - dipende da quanto rapidamente decade la risposta immunologica indotta dal vaccino. Tanto più rapidamente diminuisce tanto più frequenti dovranno essere i richiami». Bisogna poi tenere d'occhio le varianti. «Ricordiamo che il virus si affina per infettare sempre meglio i vaccinati, quindi - ribadisce Pistello - dovremo avere richiami con vaccini corretti in corsa, che tengano conto delle varianti». Grazie ad uno studio che si sta conducendo su larga scala si avranno presto dati certi. «Tutte le regioni - ricorda Pistello - si stanno attrezzando per monitorare la risposta al vaccino indotta negli operatori sanitari. Tenendo sempre presente però che c'è una certa variabilità individuale».


MONITORAGGIO
Solo dopo il monitoraggio sarà possibile aggiustare anche il tiro della campagna vaccinale. «C'è un buon numero di soggetti che, nonostante la vaccinazione, si infetta. Il che vuol dire che il vaccino non protegge completamente dall'infezione. Tuttavia, i soggetti che si infettano dal punto di vista clinico hanno un decorso migliore. Anzi, addirittura scoprono di essere positivi solo per caso. Ci sono poi soggetti che non hanno risposto quasi per niente a Pfizer e Moderna. E quindi è ipotizzabile che debbano cambiare tipo di vaccino. Il cambiamento nella vaccinazione non è affatto una strategia negativa. Anzi, per molte profilassi molto spesso si prevedeva la combinazione di più vaccini, che venivano dati con cadenze diverse. È poi probabile che in futuro si abbiano farmaci anticovid per soggetti giovani e altri per gli anziani».
G.Me.

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