Scuola, Andreoni: «Con i bambini sicurezza impossibile. Così rischio concreto di nuovi focolai»

Scuola, Andreoni: «Con i bambini sicurezza impossibile. Così rischio concreto di nuovi focolai»
Scuola, Andreoni: «Con i bambini sicurezza impossibile. Così rischio concreto di nuovi focolai»
di Graziella Melina
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Sabato 15 Agosto 2020, 07:53 - Ultimo aggiornamento: 08:01

«Rinunciare al distanziamento nelle scuole - avverte Massimo Andreoni, direttore clinica malattia infettive del policlinico Tor Vergata di Roma e direttore scientifico della Simit (Società italiana malattie infettive e tropicali) - è un elemento di riduzione di una misura precauzionale importantissima». Il che, avverte chiaramente l'infettivologo, vuol dire che mandare i bambini a scuola senza tutte le misure di sicurezza li esporrà sicuramente al rischio di contagio.


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La soluzione di compromesso indicata dal Comitato tecnico scientifico, insomma, oltre a a scontentare i docenti (chiamati a garantire che bimbi anche seienni non tolgano mai la mascherina dal volto per tutta la giornata scolastica...) e allarmare le famiglie, non soddisfa assolutamente i sanitari.

Perché le mascherine da sole non bastano professore?
«Distanziamento e mascherina sono due misure che si potenziano una con l'altra: danno il massimo del risultato in termini di riduzione del rischio di trasmissione».

Quindi sta dicendo che il rischio del contagio c'è e non è indifferente?
«In situazioni di didattica all'aperto, per esempio, si può fare a meno della mascherina, sempre che sia mantenuto il distanziamento in tutti i momenti. Ma negli spazi ristretti servono entrambe le misure. Laddove non è possibile ottenere le due cose la mascherina diventa indispensabile».

Si ha la sensazione che si sia fatto un passo indietro.
«I 400 di casi di media forse sono un po' di più di quello che uno si attendeva nel mese di agosto. L'epidemia finora è stata sotto controllo, si è consapevoli del fatto che questi numeri forse sono un po' più alti di quelli che uno si poteva attendere d'estate, nonostante lo stare all'aperto. Si pensava, insomma, che i numeri ci permettessero di arrivare all'autunno in condizioni leggermente migliori. Purtroppo questo non è successo e siccome la scuola è un momento di criticità, bisogna fare di tutto per cercare di stare nelle condizioni ottimali. Laddove non possono essere raggiunte tutte le misure di precauzione, l'uso ragionevole della mascherina diventa un elemento sul quale bisogna essere molto intransigenti».

Si rischia di creare nuovi focolai nelle scuole?
«Assolutamente sì. Rinunciare al distanziamento nelle scuole comporterà sicuramente qualche caso in più, magari anche grave. Prorogare quest'obbligo, insomma, è stata una situazione di compromesso: siccome andare a scuola è difficilmente irrinunciabile, allora dobbiamo cercare di raggiungere il massimo del risultato ottenibile. Se si dice che non si riesce a fare distanziamento, allora bisogna obbligare i ragazzi a mettere le mascherine, ma con assoluta rigidità. Bisogna creare un sistema di controllo tale per cui i giovani non possano trasgredire».

Pensa sia realmente fattibile?
«In ospedale non facciamo distanziamento, è impossibile non vivere a stretto contatto con i malati. Ma bisogna dire che lì il personale è preparato a destreggiarsi in situazioni di pericolo di contagio. A scuola è difficile da applicare, ma bisogna sapere che l'uso della mascherina, soprattutto se poi non è garantito il distanziamento, è irrinunciabile. Oltre alla mascherina serve poi il lavaggio delle mani. Sono sistemi che possono vicariare completamente il distanziamento».

E' difficile, però, aspettarsi da bambini, giovani e ragazzi che applichino questa misura in modo ligio.
«Praticamente è molto complicato, sì, tanto è vero che in molti Paesi la scuola è stata un momento di ripartenza dell'epidemia».

E ora allora come se ne esce?
«Noi non dovremmo rinunciare a nessuna delle due misure, solo in casi eccezionali può essere pensabile il solo uso della mascherina, ma sottoposto a vigilanza assoluta dei professori e anche da parte degli operatori della sanità».

 

 



 

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