Wuhan, conclusa missione Oms: «Virus dagli animali, nessuna fuga dal laboratorio»

Wuhan, conclusa missione Oms: «Virus dagli animali, nessuna fuga dal laboratorio»
Wuhan, conclusa missione Oms: «Virus dagli animali, nessuna fuga dal laboratorio»
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Martedì 9 Febbraio 2021, 11:05 - Ultimo aggiornamento: 22:45

La missione dell'Oms torna da Wuhan senza aver trovato l'origine del virus, aver chiarito come il Sars-CoV-2 si sia trasmesso dagli animali all'uomo e come abbia raggiunto il capoluogo dell'Hubei, dove è emerso per la prima volta in tutta la sua potenza pandemica. Mentre l'ipotesi che si sia trattano di un errore, o meglio di una fuga da un laboratorio, è «estremamente improbabile». Le quasi tre ore di conferenza stampa finale hanno lasciato intatti molti dubbi dell'emergenza sanitaria che ha colpito finora 107 milioni di persone nel mondo, uccidendone 2,3 milioni. 

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Oms, team di 17 esperti

«Non abbiamo scoperto qualcosa capace di cambiare in modo sostanziale la storia.

Non sappiamo che ruolo abbia avuto il mercato del pesce Huanan, ma abbiamo aggiunto nuovi dettagli per la nostra comprensione e per gettare le basi dei prossimi passi da seguire», ha spiegato Peter Ben Embarek, a capo del team di 17 esperti dell'Oms provenienti da 10 Paesi diversi che, giunti finalmente a Wuhan il 14 gennaio, dopo un lungo e sfiancante negoziato con le autorità cinesi hanno osservato due settimane di quarantena prima di visitare i siti considerati «sensibili». A partire dal mercato dove furono tracciati a dicembre 2019 le prime infezioni e dall'Istituto di virologia, specializzato nei coronavirus e negli studi sui pipistrelli sospettati di essere la fonte primaria del virus. 

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Oms, il tema degli animali

Embarek ha elencato i punti primari dell'indagine, basati sulla trasmissione diretta del Covid-19 da una specie animale all'uomo, sul passaggio attraverso una specie intermedia, sulla diffusione del contagio con la catena alimentare e sull'errore di laboratorio, che l'esperto di malattie animali dell'Oms ha escluso tanto da «raccomandare di non continuare la ricerca in quella direzione». Può capitare, ma «è molto difficile», ha aggiunto sul punto, a maggior ragione «dopo aver visitato il centro dotato di laboratori ad altissima sicurezza». Di rincalzo Liang Wannian, alla guida degli esperti cinesi che hanno affiancato con tenacia quelli internazionali, ha notato che il virus «non era noto. Se si fosse trattato di un errore sarebbe stato subito identificato». Parole dirette a neutralizzare l'arma spesso brandita dall'ex presidente Usa Donald Trump e dal suo segretario di Stato, Mike Pompeo, sia pure in assenza di prove. Liang si è spinto oltre, osservando che il lavoro congiunto fatto in Cina è da considerare «terminato», mentre il lavoro di tracciamento dell'origine del Covid-19 dovrà procedere nel resto del mondo e «non sarà vincolato ad alcuna località». Sull'animale all'origine della pandemia, i pipistrelli sono i principali indiziati, ma è necessario continuare lo studio sulla specie intermedia responsabile del passaggio all'uomo. Embarek ha osservato che il pipistrello incriminato potrebbe essere anche del sudest asiatico, mentre negli ultimi mesi sono stati spesso citati gli studi di Shi Zhengli, numero due dell'Istituto di Wuhan, soprannominata Batwoman per le ricerche sul piccolo mammifero delle profonde e sperdute caverne dello Yunnan. Liang ha anche spiegato che il mercato Huanan «non è stato il primo luogo dove è stata individuata l'infezione»: il primo caso accertato è dell'8 dicembre e non aveva collegamenti, mentre è del 12 dicembre il primo del Huanan.

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Poi ha rispolverato la teoria fortemente rilanciata dalla Cina sulla catena alimentare dei prodotti surgelati importati, su cui Embarek si è mostrato possibilista chiedendo ulteriori accertamenti. Gli studi sulla circolazione del coronavirus in altri luoghi in contemporanea o addirittura prima del focolaio di Wuhan restano da approfondire: non hanno portato «prove chiare» e necessitano verifiche. Marion Koopmans, virologa del team, citando i database disponibili ha espressamente menzionato il caso dell'Italia, dove contagi sono segnalati da alcuni studi forse addirittura a «fine novembre» 2019. «È difficile da sapere», ha precisato Koopmans, perché «non abbiamo conferme né chiare prove sulla circolazione» del virus. «Quello che vogliamo dire è che dovremmo cercare prove su una precedente circolazione ovunque ci siano indicazioni», ha concluso, segnalando una delle raccomandazioni da seguire per i prossimi passi di indagine.

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