Medici no-vax: ferie forzate in Puglia, cambi di mansione nel Lazio. Ma mancano norme nazionali

Medici no-vax: ferie forzate in Puglia, cambi di mansione nel Lazio. Ma mancano norme nazionali
Medici no-vax: ferie forzate in Puglia, cambi di mansione nel Lazio. Ma mancano norme nazionali
di Michela Allegri
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Domenica 21 Marzo 2021, 09:09 - Ultimo aggiornamento: 18 Febbraio, 12:41

Trasferimenti, oppure ferie forzate per il personale sanitario che rifiuta di sottoporsi al vaccino anti-Covid. A usare il pugno duro è il direttore sanitario dell'ospedale Perrino di Brindisi, contro il quale si stanno già scagliando i sindacati: medici, infermieri e operatori sociosanitari non vaccinati sono stati lasciati a casa. In alcuni casi - quando la decisione di non sottoporsi al vaccino era giustificata - il personale è stato trasferito in settori con pazienti meno a rischio. Una decisione presa basandosi sull'ordinanza della regione Puglia che vincola al vaccino anti-Covid l'idoneità a lavorare nei reparti più delicati in questa fase dell'emergenza, come Pneumologia, Malattie infettive e Terapia intensiva. Quello che manca, però, è una normativa nazionale, che disciplini una volta per tutte la linea da seguire.

 

Nel Lazio, per esempio, non esiste un'ordinanza di questo tipo, ma «i direttori sanitari, nelle varie strutture, si stanno organizzando spostando il personale no-vax dai reparti in cui si trovano pazienti fragili e categorie a rischio», spiega Antonio Magi, presidente dell'Ordine dei medici di Roma. «Il vaccino dovrebbe essere un requisito indispensabile per il personale sanitario, in modo da tutelare la salute dei pazienti», aggiunge Magi.

Nel Lazio, comunque, la percentuale di medici che ha deciso di vaccinarsi è alta: si parla del 95%. Ma, considerando il personale sanitario nel complesso, la percentuale scende al 65% circa. Magi non ha dubbi: «Il vaccino per il personale sanitario, e anche per le categorie che hanno un rapporto con il pubblico, dovrebbe essere reso obbligatorio a livello nazionale».

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È dello stesso avviso anche il professor Matteo Bassetti, direttore della Clinica di Malattie infettive dell'ospedale San Martino di Genova. «C'è bisogno con urgenza di una legge nazionale che renda obbligatorio il vaccino per il personale sanitario. Purtroppo la soluzione adottata in Puglia rischia di essere impugnabile di fronte al giudice, visto che i dati relativi ai vaccini dovrebbero essere segreti, anche per il datore di lavoro». Secondo Bassetti «chiunque ha un rapporto con i pazienti dovrebbe essere sottoposto a vaccinazione. In Liguria circa il 15% degli operatori sanitari ha deciso di non vaccinarsi. È un numero altissimo. Sarebbe impossibile mettere tutti quanti in ferie forzate, o trasferirli. La soluzione non può essere questa. L'unico modo è dichiarare queste persone inabili alla professione sanitaria, con conseguente sospensione degli stipendi, almeno fino alla fine dell'emergenza. E per farlo serve una norma nazionale». La decisione dell'ospedale Perrino di Brindisi, in effetti, ha suscitato molte polemiche: i sindacati sono sul piede di guerra e pensano già ai ricorsi. Il segretario generale della Funzione Pubblica Cgil di Brindisi, Pancrazio Tedesco, ha sottolineato che «le disposizioni in materia sanitaria appartengono unicamente alla normativa nazionale e non possono essere derogate da altre non eventi carattere di norma primaria». Il provvedimento di ferie forzate per gli operatori sanitari non vaccinati riguarda al momento 22 operatori sanitari, tra cui 3 medici.

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LA PROPOSTA DI LEGGE
Bassetti, comunque, ricorda che un disegno di legge per rendere obbligatorio il vaccino per il personale sanitario c'è già: è stato depositato da Licia Ronzulli, senatrice di Forza Italia, che ha dichiarato: «È inconcepibile che un medico si rifiuti di fare il vaccino. È come fare il pompiere e avere paura del fuoco, o arruolarsi nell'esercito e avere paura delle armi». La proposta di legge depositata in Senato spiega che la profilassi vaccinale dovrebbe essere un «requisito indispensabile per l'esercizio della professione medica o infermieristica e per chiunque lavori nelle residenze per anziani», al fine di «proteggere la salute di chi frequenta i luoghi di cura».

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