Green pass, Andreoni: «Le mense aziendali come i ristoranti, sul lavoro serve la massima sicurezza»

Green Pass, Andreoni: «Le mense aziendali come i ristoranti, sul lavoro serve la massima sicurezza»
Green Pass, Andreoni: «Le mense aziendali come i ristoranti, sul lavoro serve la massima sicurezza»
di Graziella Melina
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Martedì 10 Agosto 2021, 06:22 - Ultimo aggiornamento: 06:26

«Se nessuno controlla che il Green pass appartiene realmente alla persona che lo esibisce prima di entrare in un locale, si vanifica l'utilità di questo strumento». Massimo Andreoni, direttore di Malattie infettive del policlinico Tor Vergata di Roma e direttore scientifico della Società italiana malattie infettive e tropicali, taglia corto: «Basta con le polemiche. Non c'è alcuna privazione della libertà della persona. È un'esigenza inevitabile per tutelare la salute pubblica».

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Abbiamo uno strumento che attesta l'immunizzazione, ma ancora si discute su chi sia tenuto a controllare. Come se ne esce?
«Questo è un problema di educazione civica e del fatto di vivere all'interno di una società che impone una serie di doveri e di regole.

La garanzia che dobbiamo dare agli avventori che la persona sia realmente in possesso del Green pass, equivale al rispetto degli altri. In sostanza, se chiediamo la documentazione che indica cosa ha fatto un soggetto in termini di vaccinazione, non stiamo togliendo il suo diritto alla privacy».

Dobbiamo abituarci al controllo del documento di identità?
«È indispensabile. Basarsi sulla buona fede della persona non è evidentemente il sistema migliore per verificare l'avvenuta immunizzazione. D'altronde, chi viaggia è abituato a far vedere i propri documenti. Quindi, se si decide di andare al ristorante, ci si dovrà comportare allo stesso modo. Non dimentichiamo che il sistema di controllo della persona esiste già per mille motivi in termini di salute pubblica. E credo che sia una esigenza più che motivata oltre che inevitabile. Altrimenti, si vanifica tutto il sistema della certificazione verde».

Qualche resistenza sul Green pass sta venendo fuori a proposito delle mense aziendali. Lì secondo lei, se ne può fare a meno?
«Assolutamente no. Il Green pass è importante ovviamente in tutte le condizioni in cui ci siano rischi di assembramenti e contatti fra le persone. È indispensabile proprio per segnalare la vaccinazione di un soggetto e quindi per la sicurezza di tutti. Non si comprende perché se lo chiediamo per i ristoranti e i docenti, poi però non dovremmo richiederlo nell'ambiente di lavoro».

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Non bastano i protocolli di sicurezza messi in atto dai datori di lavoro?
«Nei ristoranti e nelle mense i rischi di contagio sono maggiori perché ovviamente ci si toglie la mascherina e quindi il distanziamento non azzera il rischio. Non dimentichiamo che, per fare un esempio, le mense negli ospedali per il personale sanitario sono state un luogo dove si sono sviluppati diversi focolai epidemici. Quindi, non si capisce perché altre mense, al di fuori dell'ospedale, debbano essere considerate diversamente».

Mostrare il Green pass non dovrebbe essere un peso nemmeno sul posto di lavoro?
«Tutt'altro. Sull'ambiente di lavoro si vuole avere il massimo della sicurezza. Rischiare il contagio perché sei andato a lavorare è inaccettabile. L'ambiente di lavoro deve essere sempre un posto sicuro per il lavoratore. Questo è un sistema per proteggerlo il più possibile. La mia sicurezza è data anche dal comportamento consapevole e responsabile da parte degli altri».

Eppure, dopo un anno e mezzo di pandemia si disquisisce di sicurezza facendo distinzioni per settori di lavoro.
«A prescindere dal lavoro che si svolge, è la situazione e quindi l'ambiente in cui il virus viene a trovarsi che rende più o meno favorevole la sua espansione. Le discussioni sulle mense nei posti di lavoro servono solo a creare difficoltà e incomprensioni. Anche perché, ribadisco, poi effettivamente un ristoratore non capisce più perché lui debba sottostare ad un insieme di regole che poi però vengono disattese in altre condizioni molto simili alle sue. È davvero una polemica inutile».

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