Green pass, esclusi molti italiani vaccinati all'estero. D'Amato: «Errore ingiustificabile del ministero»

Green pass, esclusi molti italiani vaccinati all'estero. D'Amato: «Errore ingiustificabile del ministero»
Green pass, esclusi molti italiani vaccinati all'estero. D'Amato: «Errore ingiustificabile del ministero»
di Francesco Pacifico
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Domenica 1 Agosto 2021, 07:21 - Ultimo aggiornamento: 20 Febbraio, 03:59

Per Alessio D'Amato è «semplicemente una grave questione di disorganizzazione da parte delle autorità preposte». Di conseguenza, secondo l'assessore alla Sanità del Lazio, «non è giustificabile, è sbagliato che nella sua ultima circolare il ministero della Salute non abbia riconosciuto, e concesso, il nostro Green pass, a tutti quegli italiani che si sono immunizzati con prima e seconda dose in alcuni Paesi extraeuropei. Tra l'altro con farmaci approvati da Ema e da Aifa. Anche perché parliamo di lavoratori che non possono vedersi ridotta la loro capacità di movimento. Il ministero ha fatto un errore».

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Assessore, lei che farebbe?
«Il buon senso ci dice che chi ha fatto un vaccino al di fuori dell'Italia, e ne ha scelto uno autorizzato dalle nostre autorità, deve vedersi convalidata la vaccinazione e poter accedere al green pass. Semplice, no?».
Quanto è esteso il fenomeno?
«Abbastanza. Soltanto nel Lazio abbiamo ricevuto centinaia e centinaia di segnalazioni di nostri corregionali, che si sono trovati di fronte alla difficoltà di codificare il loro percorso vaccinale. Che è stato effettuato con gli stessi farmaci che somministriamo in Italia (Pfizer, Moderna, AstraZeneca e il monodose Johnson&Johnson, ndr), ma in un Paese extracomunitario non riconosciuto dalla circolare del ministero».
Come spiega il problema?
«L'ho detto, è una questione di disorganizzazione. Credo che la difficoltà sia nelle operazioni di traduzione dei certificati vaccinali forniti in questi Paesi stranieri e che sono scritti in altre lingue, come l'arabo, e non in inglese, in spagnolo o in francese».
A che cosa si va incontro?
«Queste persone, senza il green pass e non vedendosi riconosciuta la vaccinazione, intanto rischiano di dover sottostare alla quarantena, quando rientrano in Italia. Va da sé la difficoltà a entrare nei luoghi dove è previsto il green pass come i ristoranti al chiuso, ma non c'è soltanto questo sul versante pratico».
A che cosa si riferisce?
«Parliamo soprattutto di lavoratori, che potrebbero trovarsi di fronte a restrizioni nei loro movimenti. Poi mi faccio una domanda: in caso di terza dose, non essendo stato riconosciuto il loro percorso vaccinale, queste persone rischiano di trovarsi di fronte a intoppi amministrativi per ottenere una nuova inoculazione?».
Come se ne esce?
«Semplicemente, correggendo la circolare del ministero della Salute.

Ripeto, è una circolare, uno strumento più gestibile. Di positivo c'è che finalmente siano state riconosciute le vaccinazioni effettuate in Paesi stranieri come Stati Uniti, Regno Unito, Canada, Giappone e Israele. Bene, è un primo passo. Ma adesso autorizziamo, in maniera quasi automatica, la codificazione anche a quelle realizzate in altre nazioni extracomunitarie, soprattutto se fatte con farmaci che a nostra volta in Europa e in Italia Ema e Aifa hanno già validato».

 


E per gli altri vaccini?
«Partiamo da quelli riconosciuti da Ema e Aifa, ma io non escluderei quelli certificati in ambito di Organizzazione mondiale della sanità. Siamo al paradosso che 30mila persone che si sono vaccinate a San Marino, non sono riconosciute ai fini della certificazione in Italia. In ogni caso, mi spiegate che differenza c'è tra chi, nostro connazionale, per motivi di lavoro ha dovuto immunizzarsi fuori dalla Ue, per esempio in Asia o in Nord Africa, con Pfizer, Moderna, AstraZeneca o il monodose di J&J e chi ha fatto lo stesso in Italia?» .
Che risposta si dà?
«Secondo me non c'è nessuna differenza. Anche perché non dimentichiamo che noi siamo un Paese di immigrazione. Penso a quanti connazionali ci sono in America Latina, e non ha senso creare loro difficoltà quando rientrano».
C'è poi il paradosso dei 600 volontari italiani che hanno partecipato alla sperimentazione di Reithera...
«Il governo non concede loro il green pass. Noi nel Lazio gli abbiamo garantito la certificazione vaccinale, altrimenti rimanevano nel limbo».
 

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