Covid, l'infettivologo Cauda: «Il virus continua a circolare in Italia e non ha perso potenza»

Covid, l'infettivologo Cauda: «Il virus continua a circolare in Italia e non ha perso potenza»
Covid, l'infettivologo Cauda: «Il virus continua a circolare in Italia e non ha perso potenza»
di Graziella Melina
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Lunedì 6 Luglio 2020, 07:37 - Ultimo aggiornamento: 10:54

«Il virus non ha il passaporto. E anche se sottotraccia e con caratteristiche molto diverse rispetto a qualche mese fa il Sars Cov-2 continua a circolare anche in Italia». Questo vuol dire che, come mette in guardia il direttore di Malattie infettive del Policlinico Gemelli di Roma Roberto Cauda, «Non siamo ancora fuori dal pericolo. Non illudiamoci».

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Il rischio di nuovi contagi non viene ora dagli altri Paesi?
«Finché il virus circola nel mondo, è ovvio che gira e si sposta. Il rischio di importazione o reimportazione sussiste. Si pensi alla Cina, dove i casi erano andati scemando, ma poi ci sono stati nuovi focolai e di nuovo altri casi».
In Italia si dovranno mettere in conto quindi nuovi possibili casi?
«I focolai italiani in qualche modo erano anche attesi. Non si dimentichi che da noi abbiamo superato i 200mila casi, il Sars Cov 2 circola ancora in tutta Italia. Certo, i singoli casi dovuti a importazione potrebbero rappresentare un rischio maggiore laddove la malattia fosse scomparsa. È comunque una questione di comportamenti, di responsabilità di ciascuno».
Come si potrebbe evitare il rischio casi importati?
«Essendo le frontiere aperte - ed è giusto che lo siano - finché in qualche parte del mondo c'è un virus che circola il rischio c'è sempre. Con alcuni Paesi possono essere stabilite però misure più libere e con altri invece più restrittive. Ma visto che si tratta di una malattia che si diffonde per via aerea, la certezza assoluta della prevenzione anche di casi importati è impossibile. Se ci sono focolai più evidenti in alcuni Paesi, certamente lì si può avere un atteggiamento di maggiore cautela».
Bloccando, per esempio, i voli?
«No. Ma stando molto attenti quando le persone arrivano. È stata predisposta infatti una lista che viene aggiornata di giorno in giorno, perché per alcuni Paesi ci sia una più libera circolazione».
Autoctoni o importati si tratta di casi che potrebbero compromettere i risultati delle misure di prevenzione?
«Il problema non è se il focolaio nasce da un caso in Italia o da un caso che viene da fuori, l'importante è bloccarlo immediatamente per evitare che una scintilla causi un incendio».
Intanto però i dati dell'epidemia ci confermano che il virus circola.
«Siamo però su numeri abbastanza bassi. È chiaro che se la fotografia nazionale è rassicurante, i singoli focolai che individuiamo in un palazzo, un quartiere, tra un gruppo di amici, a un funerale, ci devono indurre però alla massima attenzione. Anche perché prevedere da dove viene un focolaio è impossibile».
Il virus secondo lei ormai è meno aggressivo?
«Adesso abbiamo meno casi gravi, ci sono in genere meno ricoverati, le rianimazioni tendono a svuotarsi, ma ci sono ancora malati gravi. Da un po' di tempo si riscontra in alcuni tamponi una quantità minore di rna. Il virus però non ha perso potenza in senso stretto, in alcuni soggetti può determinare una malattia grave».
Dobbiamo prepararci intanto ad una seconda ondata?
«Nell'ipotesi che ci sarà, non credo che l'impatto sarà così rilevante come per la prima: i medici conoscono meglio il Covid, le rianimazioni hanno più posti letto. Ma bisogna continuare con le misure di prevenzione. Questa, purtroppo, è una malattia con la quale non si scherza».
 

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