Covid, l’epidemia cresce tra i bambini: «Meglio vaccinarli»

Il pediatra Valentini (Gemelli): non è vero che i più piccoli non si ammalano

Covid, l epidemia cresce tra i bambini: «Meglio vaccinarli»
Covid, l’epidemia cresce tra i bambini: «Meglio vaccinarli»
di Graziella Melina
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Sabato 27 Novembre 2021, 22:42 - Ultimo aggiornamento: 28 Novembre, 14:40

Sempre più bambini si ritrovano ad affrontare i sintomi dell’infezione da covid. E per molti di loro farsi curare a casa non basta. Secondo l’Istituto Superiore di Sanità tra l’8 e il 21 novembre nella fascia tra 0 e 19 anni «sono stati segnalati 31.365 nuovi casi, di cui 153 ospedalizzati e 3 ricoverati in terapia intensiva». 

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Il tasso

Il numero dei contagi è in continuo aumento e non fa ben sperare.

Il report settimanale dell’Iss evidenzia infatti tra i 6 e gli 11 anni «a partire dalla seconda settimana di ottobre, una maggiore crescita dell’incidenza rispetto al resto della popolazione in età scolare, con un’impennata nelle ultime due settimane». Gli esperti dell’Istituto Superiore di Sanità osservano poi «un aumento del tasso di ospedalizzazione in questa fascia di età (poco sopra i 2 ricoveri per 100mila abitanti) nelle ultime settimane, mentre nelle altre fasce di età risulta stabile». In particolare, «il 51% dei casi in età scolare è stato diagnosticato nella fascia d’età 6-11 anni, il 32% nella fascia 12-19 anni e solo l’11% e il 6% sono stati diagnosticati, rispettivamente, tra i 3 e i 5 anni e sotto i 3 anni». Dunque, in totale, dall’inizio dell’epidemia al 24 novembre nella popolazione tra 0 e 19 anni sono ben 826.774 i casi confermati; 35 invece i bambini che non ce l’hanno fatta. I pediatri, in realtà, se lo aspettavano. «Sicuramente i più piccoli si ammalano di meno, ma non è vero che non si ammalano mai e che non hanno forme gravi», continua a ripetere Piero Valentini, responsabile di Malattie infettive pediatriche del policlinico Gemelli di Roma, alle prese ogni giorno con piccoli pazienti da curare.

«Nelle ultime due settimane - racconta Valentini - abbiamo avuto anche un ricovero di un neonato che si è infettato dalla mamma non vaccinata. Il piccolo ha avuto dei problemi, per fortuna non gravissimi. E da allora è ancora ricoverato». Ma sono tanti poi i bambini che, seppure guariti dal covid, si ritrovano a dover sopportare sintomi che faticano ad andare via. «Stiamo facendo i controlli sui ragazzi che hanno avuto l’infezione - spiega Valentini - stiamo monitorando tutti i disturbi del cosiddetto long covid. Facendo gli esami è venuta fuori, per esempio, in un paziente anche la presenza di un disturbo della circolazione delle aree del polmone. Lo stiamo monitorando, vedremo come affrontarlo». La faccenda dunque per gli esperti non va presa sotto gamba. Dalla Società italiana dei Medici Pediatri (Simpe) lo ripetono da tempo: «Per proteggere i bambini è estremamente importante vaccinarli - mette in guardia il presidente Giuseppe Mele - La profilassi anticovid li preserva infatti dalle complicanze che il virus sta determinando in questa fascia di età. Anche noi osserviamo numerosi casi di long covid tra i più piccoli. Questa patologia sta creando tra l’altro diversi problemi neuropsichiatrici». 


Il metodo

Ora che i vaccini anticovid sono disponibili anche per i più piccoli, i medici continuano a tranquillizzare i genitori più indecisi. «Noi crediamo di dover consigliare la vaccinazione a tutti i bambini, non solo quelli fragili che presentano patologie croniche come il diabete, l’ipertensione, l’obesità o la malattia da immunodeficienza acquisita congenita - rimarca Mele - I primi dati, che risalgono ad un anno e mezzo fa, ci indicavano che il bambino, pur con una sintomatologia non significativa, poteva essere quello maggiormente contagiato e poteva contagiare. Ora siamo arrivati a contare ben 35 morti». 

Intanto, per contrastare la diffusione del contagio causato dalla variante omicron, che troverebbe terreno fertile proprio sulle fasce non protette, come quella pediatrica appunto, le case farmaceutiche si stanno affrettando ad aggiornare i vaccini. Mentre Pfizer quantifica in 100 giorni il tempo necessario per ottenerne uno nuovo, Moderna sta invece studiando due possibili booster, progettati per anticipare le possibili mutazioni del sars cov 2, e uno invece specifico per la variante sudafricana. Anche Astrazeneca ha dichiarato di essere pronta a svilupparne uno nuovo «molto rapidamente».
 

 
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