Alzheimer, chi sono i Superagers: 80enni dalla memoria di ferro (e qual è il loro segreto)

Quasi tutti i SuperAgers hanno ancora intense relazioni sociali, sono circondati da parenti ed amici, svolgono qualche attività, leggono libri, adorano le parole crociate

Alzheimer, chi sono i Superagers: 80enni dalla memoria di ferro (e qual è il loro segreto)
Alzheimer, chi sono i Superagers: 80enni dalla memoria di ferro (e qual è il loro segreto)
di Vittorio Sabadin
4 Minuti di Lettura
Lunedì 28 Novembre 2022, 07:00 - Ultimo aggiornamento: 29 Novembre, 09:04

Uno dei molti guai della vecchiaia è che si perde la memoria, ma ci sono ottantenni che ricordano invece tutto perfettamente, persino meglio di persone più giovani di 20 o 30 anni. Non sono casi isolati: in America li hanno definiti SuperAgers, e la Northwestern University di Chicago ha avviato un programma per studiarli. Si vuole capire quale sia il segreto che protegge dall'invecchiamento le loro cellule cerebrali e utilizzare quello che si scoprirà per combattere malattie degenerative come l'Alzheimer. Già sarebbe qualcosa se si trovasse anche solo il modo di far ricordare agli anziani non SuperAgers dove hanno appena lasciato gli occhiali, il telefonino o le chiavi di casa.

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IL PROGRAMMA


Le persone che aderiscono al programma della Northwestern devono avere compiuto 80 anni e superare un test cognitivo nel quale dimostrino di ricordare tutto nella memoria a breve e a lungo termine.

I ricercatori dell'università sono rimasti sorpresi dal grande numero di adesioni, cosa che dimostra come gli anziani arzilli siano molto più numerosi di quanto non si creda. Quasi tutti i SuperAgers hanno ancora intense relazioni sociali, sono circondati da parenti ed amici, svolgono qualche attività, leggono libri, adorano le parole crociate e sognano di partecipare a un quiz-show televisivo basato sulla memoria come Jeopardy!, il più popolare negli Stati Uniti. Molti di loro dispongono di lasciare il loro cervello alla scienza dopo la morte, ma si sottopongono volentieri alle ricerche condotte alla Northwestern, che con un budget annuale di 2,5 miliardi di dollari è una delle più ricche università del Paese. Ha 23.400 studenti e nella sua storia ha già laureato 23 premi Nobel.

 


LA CORTECCIA


Carol Siegler, 85 anni, è una delle SuperAgers più studiate, perché va in palestra diversi giorni alla settimana, ha una memoria di ferro, fa volontariato, partecipa alle feste con amici e parenti, risolve cruciverba ogni giorno, legge ogni tipo di libro e dice comunque di annoiarsi. «Mi sento - ha confessato alla Cnn come un'auto sportiva usata come un carrello da supermercato». Carol non sa quasi nulla di Beyoncé e Rihanna, ma sa quasi tutto di Beethoven e Mozart. Da bambina durante la Grande Depressione, ha imparato da sola a scrivere e suonare il piano. «Ho un'ottima memoria, l'ho sempre avuta ha aggiunto -. Ero la ragazza alla quale potevi chiedere il numero di telefono di qualunque amica, perché era impresso nella mia testa».
Studiando il suo cervello e quello degli altri SuperAgers gli scienziati hanno scoperto che la loro corteccia, responsabile del pensiero, delle decisioni e della memoria, è rimasta molto più spessa di quella di persone tra i 50 e i 60 anni, l'età nella quale solitamente comincia a restringersi e a perdere colpi. «Anche le cellule della loro corteccia entorinale, l'area essenziale alla memoria e all'apprendimento e la prima zona del cervello ad essere colpita dall'Alzheimer, sono più grandi e più sane», ha spiegato Tamar Gefen, una delle ricercatrici della Northwestern. Nel cervello degli ottantenni che ricordano tutto ci sono poi tre volte meno «grovigli neurofibrillari di proteina tau», una definizione complicata che identifica formazioni anormali di proteine responsabili dell'invecchiamento cognitivo. Molte delle conclusioni alle quali sono arrivati gli scienziati fanno pensare che SuperAger si nasca e non si diventi, e che le caratteristiche che ritardano il deterioramento del cervello siano scritte nel dna che ereditiamo alla nascita. Ma non è del tutto vero. Sono determinanti anche lo stile di vita e la volontà di continuare a essere attivi, socialmente, fisicamente e intellettualmente, anche nella terza età. Il cervello si spegne se smettiamo di usarlo, ma se lo teniamo allenato ogni giorno anche solo con un libro, un cruciverba e una telefonata agli amici, continuerà a funzionare come fanno quasi sempre le cose di cui si ha avuto cura.

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