Stefano, la disperazione del padre
«È stato ucciso dai troppi ritardi»

Stefano, la disperazione del padre «È stato ucciso dai troppi ritardi»
di Petronilla Carillo
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Martedì 24 Gennaio 2017, 08:56 - Ultimo aggiornamento: 21:34

«Se Stefano è morto faccio una strage». Ha sfogato così la sua rabbia Alessio Feniello, il papà del 28enne morto nelle macerie dell’hotel Rigopiano, dopo aver parlato con Francesca Bronzi, la fidanzata di suo figlio. Dopo aver sentito dalla ragazza lo straziante racconto di quei momenti, del suo disperato tentativo di tenere sotto controllo Stefano e di capire quali fossero le sue condizioni di salute. Alessio lo ha urlato nel corso di un incontro con la Protezione civile e con gli altri familiari, lasciando tutti senza parole. La sua famiglia è stata vittima di un corto circuito mediatico: un nome, quello di Stefano, gettato lì nell’elenco dei superstiti; un abbraccio con lui mai avvenuto e «scuse» che (di fatto) non sono state mai veramente fatte alla sua famiglia. 
 


Il papà del 28enne parla di «arroganza e prepotenza» delle Istituzioni, quelle che, poco dopo la «falsa comunicazione» sanno solo dirgli: «È vero solo ciò che vi diciamo noi, tutto il resto sono c....». Quindi ripete: «Arroganza senza umanità verso un padre che ha il figlio sotto le macerie». E così sfoga l’ansia degli ultimi tre giorni, quelli trascorsi in attesa di una comunicazione che non è mai arrivata. «Quelli che sono morti sono stati uccisi e quelli che ancora non trovano sono stati sequestrati contro la propria volontà, perché volevano ripartire e avevano già fatto le valigie», continua a ripetere Alessio Feniello ai giornalisti e, nel riprendere il racconto fatto da Francesca, si abbandona ad affermazioni che, di fatto, sono accuse. E neanche troppo velate. «Francesca era con Stefano. Lo ha detto ai soccorritori ma in quel buco nessuno è entrato...hanno chiesto a lei di avvicinarsi». Dimessa ieri mattina dall’ospedale di Pescara, la ragazza è ora a casa sua. Con l’angoscia nel cuore. Al suocero ha raccontato che in albergo gli avevano detto di restare nella stanza con il camino. Lei e Stefano erano seduti sul divano quando, all’improvviso, sono stati travolti. Si tenevano per mano, poi le loro mani sono separate dalla violenza della slavina che ha trascinato tutto via. Ma lei è sicura di essere stata tutto il tempo vicino a Stefano. «Con la luce del telefonino, finché la batteria ha retto, ho illuminato il braccio di Stefano - ha ricordato la ragazza - Vedevo solo il suo braccio. Si lamentava, lo chiamavo ma non rispondeva. Poi non l’ho sentito più neanche lamentarsi». 

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