Paff! L’arte del fumetto ha un museo tutto suo

Paff! L’arte del fumetto ha un museo tutto suo
di Luca BANDIRALI e Stefano CRISTANTE
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Sabato 1 Aprile 2023, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 2 Maggio, 17:56

Il fumetto è un’arte industriale accolta nei musei, come vi raccontiamo questa settimana parlandovi di una struttura espositiva curata da Luca Raffaelli a Pordenone; ma è anche un’arte globale, come dimostra la produzione sempre varia, innovativa e provocatoria proveniente dal Giappone.

Paff! International Museum of Comic Art, Pordenone.

Pensate al cervello di un appassionato di immagini e di parole, e ipotizzate cosa potrebbe davvero interessargli vedere in uno spazio destinato a raccogliere la quintessenza del fumetto. “Gli originali degli artisti”, è stato detto sinora dagli esperti di esposizioni permanenti. E in effetti le tavole su cui grandi autori internazionali hanno dispiegato il proprio talento non mancano al Paff! (Palazzo Arti Fumetto Friuli) di Pordenone, inaugurato qualche giorno fa: ci sono disegni originali di Carl Barks, Milton Caniff, Hugo Pratt, Will Eisner, Marianne Satrapj, Magnus, Andrea Pazienza, Silvia Ziche, Art Spiegelman, Milo Manara. E di tanti altri grandi. Ma si tratta solo di un assaggio. 

In realtà il Paff! fa i conti fino in fondo con il fatto che il fumetto è un’arte industriale, i cui prodotti, prima di arrivare nelle mani del consumatore, sono passati per macchine stampatrici, catene di distribuzione, edicole. Ecco quindi che questo progetto museale prevede molti oggetti stampati, molte riproduzioni in grande formato di vignette e di singoli personaggi, in una specie di visione aumentata dell’immaginario del consumatore di comics. Ci sono poi spazi che sembrano riservati agli addetti ai lavori (armadi e cassetti che appaiono come contenitore di cose riservate), e che invece si richiede di utilizzare a tutti i visitatori: appaiono così, per esempio, tante versioni di Felix the Cat da un armadio che si può aprire completamente, scoprendo tavole in bianco e nero e a colori, pupazzi da merchandising e registrazioni radiofoniche. Poi c’è l’aspetto informativo più classico, fornito dai pannelli divulgativi, ma anche questi si possono toccare e far ruotare per leggere la versione in inglese. Alcune tavole in bianco e nero possono essere appositamente colorate premendo un pulsante dedicato. 

In sostanza, l’idea di Luca Raffaelli, studioso e critico del fumetto, curatore del Paff!, è che il museo possa svolgere il compito di facilitatore per la conoscenza di un medium che ha senso solo se flirta continuamente con l’attività mentale del lettore, fatta di immaginazione polifonica. Visitare un museo per stare dentro a un fumetto.

Per una prima idea: paff.it. 

Tsutomu Takahashi, “Jumbo Max”.

Tra i manga più apprezzati delle ultime stagioni, un posto d’onore spetta senza dubbio a “Neun”, il capolavoro seriale di Tsutomu Takahashi, interrotto sul più bello per disaccordi con l’editore. “Neun” si inseriva nel filone della fantapolitica o ucronia, sulla scorta di romanzi come “Fatherland” di Robert Harris; ora l’artista torna a pubblicare una storia a puntate (finora sono sette i volumi usciti in Giappone), ma completamente differente a livello di temi e ambientazioni.

Nella Tokyo di oggi, un timido farmacista cinquantenne si è appena sposato con una donna splendida, che l’uomo non reputava alla propria portata; dopo pochi mesi di matrimonio, la donna è rimasta felicemente incinta. Tutto bene, allora? No, perché l’uomo sa di essere affetto da una patologia che gli impedisce di procreare, e non ne ha mai parlato alla moglie. 

Ovviamente Takahashi non ci sta raccontando una banale storia di corna, ma una discesa agli inferi: il farmacista decide infatti di andare a fondo della questione, partendo da se stesso e dal proprio problema, e al fondo non c’è mai fine. Ad accompagnarlo nel gorgo ci sono figure luciferine (una chimica, una pornostar e il padre di quest’ultima) e figure angeliche (la moglie e la figlia), ma non è facile capire dov’è il bene e dov’è il male. Anche in questa storia molto contemporanea, il punto di forza di Takahashi è il tratto mosso tipico del disegno dal vero, intensamente inchiostrato e ulteriormente acquerellato per darci il senso di un personaggio che sfiora sempre il culmine della disperazione, ma resta ancora capace di un gesto di opposizione alla deriva definitiva dell’umano.

Lo stile del mangaka si risolve in una sorvegliata urgenza espressiva, che nasce dalla sua etica del lavoro nell’ambito dell’industria culturale: come ebbe a dire in un’intervista televisiva, un professionista del fumetto non butta mai via una tavola, ma la affronta al meglio nel qui e ora irripetibile della scadenza. La figura di Tsutomu Takahashi è tanto influente che dal suo staff provengono alcuni dei più importanti artisti contemporanei del fumetto giapponese, primo fra tutti il leggendario Nihei; tuttavia oggi Takahashi preferisce lavorare da solo, per dare la sua impronta personale a ogni fase di lavorazione del fumetto.

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