Stadio della Roma a Pietralata: dall'inizio dei lavori alla prima partita nel 2026, ecco tutte le novità

Nella nota congiunta diffusa dal Campidoglio e da As Roma si fa riferimento all’utilizzo della legge Stadi

Stadio della Roma a Pietralata: dall'inizio dei lavori alla prima partita nel 2026, ecco tutte le novità
di Fernando Magliaro
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Venerdì 8 Luglio 2022, 11:16 - Ultimo aggiornamento: 9 Luglio, 08:21

L’obiettivo, ambizioso, dichiarato da Pietro Berardi, CEO della As Roma, ieri, a margine di un’iniziativa con la coppa della Conference League all’Olimpico, è di avere lo stadio pronto nel 2026. Quindi, lo stadio del centenario della fondazione della società. Perché questa tempistica sia rispettata, occorre che tutti giri in modo perfetto: velocità nella progettazione, stabilità del governo cittadino, niente ricorsi strumentali. Insomma, tutto quello che non è andato bene per Tor di Valle. Non a caso, a viale Tolstoj il primo step è quello di consegnare il progetto preliminare in Campidoglio entro settembre.

IL NUOVO PROGETTO

A fine febbraio 2021, pochi mesi dopo l’acquisizione della proprietà della società giallorossa, i Friedkin decidono di rinunciare a Tor di Valle considerando il progetto non più percorribile e sostenibile. Subito viene ribadita la volontà di realizzare lo stadio di proprietà ma si attendono le elezioni comunali che porteranno Roberto Gualtieri e il Pd alla guida di Roma. Poco dopo le elezioni, iniziano una serie di colloqui, prettamente tecnici. Sul tavolo girano molte suggestioni: il duplex Mercati Generali/Gazometro, Pietralata e gli evergreen Tor Vergata, Stadio Olimpico e Stadio Flaminio. A fine aprile, la Roma consegna a Gualtieri una prima bozza di lavoro scritta: Pietralata è l’area scelta, il dimensionamento dello Stadio oscilla fra i 55mila e i 60mila posti, la proprietà dei terreni è pubblica.

Se per Tor Vergata, Olimpico e Flaminio le suggestioni erano solo a mezzo stampa, sui Mercati Generali l’interessamento era concreto. Ma, alla fine, inattuabile: troppi problemi giuridici e pratici. E, anche se era l’area preferita dalla proprietà, con sano pragmatismo si finisce per andare sulla assai meno problematica Pietralata.

CARATTERISTICHE PRINCIPALI

Le informazioni contenute nella prima stesura del progetto sono ancora embrionali e, ovviamente, destinate a cambiare quando si giungerà a un più raffinato livello di approfondimento progettuale. Detto che i posti ipotizzati oscillano fra i 55mila e i 60 mila, le principali caratteristiche del nuovo impianto sono anche quelle che potrebbero rendere piuttosto veloci le fasi di progettazione e l’iter di approvazione. Non servono particolari opere per garantire la mobilità pubblica e privata: niente ponti autostradali, niente consolari da rifare da zero, niente stazioni da ristrutturale. A Tor di Valle sarebbe servito rifare la stazione della Roma-Lido, investire sulla linea ferroviaria (fra le più disastrate d’Italia); rifare la via del Mare/Ostiense raddoppiandola e dotandola di svincoli vari; costruire un paio di ponti ciclopedonali uno dei quali doveva scavalcare prima l’autostrada per Fiumicino e poi il Tevere. Insomma, una progettazione complessa, anche per la vicinanza del Tevere tecnicamente difficile e che generava costi da coprire con cubature.

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STADIO “ECONOMICO” E VELOCE

A Pietralata non serve nulla di tutto ciò, come ha recentemente sottolineato anche l’assessore ai Trasporti del Comune, Eugenio Patané (“Pietralata è ben servito dal trasporto pubblico locale. Bisognerà puntare l’attenzione su via dei Monti Tiburtini per salvaguardare in qualche modo l’ingresso dell’ospedale Pertini”). La metro c’è già: la linea B serve l’area con tre fermate, Stazione Tiburtina, Quintiliani e Monti Tiburtini. C’è anche la B1, a Bologna, che sarà connessa con l’area dello Stadio da un ponte che scavalcherà il fascio dei binari ferroviari all’altezza di via Lorenzo Il Magnifico. È c’è la Stazione Tiburtina: nodo dell’alta velocità, stazione di snodo per i treni regionali, compresi quelli da e per Fiumicino che attraversano tutta la città, e, infine, capolinea di autobus e pullman extraurbani. Quattro sono le cose che la Roma sicuramente dovrà fare: il ponte ciclopedonale sui binari a Lorenzo Il Magnifico, elemento di ricucitura funzionale di Piazza Bologna con Pietralata e con l’area verde dello Stadio; un altro ponte dal lato Pietralata della Stazione Tiburtina; e, terzo, garantire una corsia protetta alle ambulanze da e per l’Ospedale Pertini che, quarto, dovrà essere ben isolato acusticamente dallo Stadio. Rispetto a Tor di Valle è quasi niente: costi limitatissimi, difficoltà di progettazione scarse e tempi di elaborazione delle carte piuttosto contenuti. A Tor di Valle, la quantità di opere pubbliche da realizzare oltre che di notevole impatto e complessità progettuale, davano origine a costi elevati che sarebbero stati ripagati con cubature aggiuntive, quindi con altre edifici - negozi, uffici, parcheggi - da realizzare. A Pietralata nelle carte della Roma c’è solo lo stadio e una piccola area commerciale: anche qui, progettazione “agile”.

IL VERO NODO: GLI ESPROPRI

L’unico nodo ancora aperto e non risolto riguarda gli espropri. Le aree di Pietralata dove dovrebbe essere realizzato l’impianto giallorosso sono di proprietà pubblica: principalmente Ferrovie dello Stato e Comune di Roma. L’area di FS, quella che costeggia i binari della ferrovia, dovrebbe ospitare i parcheggi: Ferrovie aveva avviato un programma molto complesso di valorizzazione immobiliare di questi terreni che, però, complice la crisi economica degli ultimi anni, si è arenato. E lo Stadio con le sue pertinenze sarebbe una mano santa. Il problema riguarda l’antico Sistema Direzione Orientale, lo SDO, una specie di progetto quasi mitologico, nato negli anni ’60 del secolo scorso, e di fatto mai realizzato. L’idea era di trasferire uffici pubblici e ministeri a Pietralata. Il processo di realizzazione incontrò il primo ostacolo nelle procedure di esproprio che iniziarono negli anni ’70 e durarono più o meno un ventennio, fino a fine anni ’80. La questione che rimane aperta è quella della “retrocessione delle aree” ovvero il diritto per il proprietario originario espropriato di vedersi riconosciuto da un giudice il diritto a riavere indietro i suoi terreni se, dopo 10 anni dall’esproprio, l’opera non è stata realizzata oppure se cambia l’opera da realizzare. In sostanza, se ti esproprio per fare una scuola, ho 10 anni per farla e non posso cambiare idea e farci un cinema. In Campidoglio e in casa As Roma questo è il “fantasma” da studiare. L’analisi giuridica portata avanti ritiene che questo rischio di retrocessione non ci sia: sono passati più di 20 anni dalla scadenza dei 10 concessi dalla norma per costruire gli edifici. Che non sono stati fatti ma nessuno ha avanzato cause per farsi restituire le aree. I 20 anni trascorsi nel frattempo, hanno reso - secondo queste analisi - definitivo il trasferimento della proprietà delle aree al Comune che, ora, può disporne in base a una nuova valutazione del pubblico interesse.

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FUTURO ITER

Nella nota congiunta diffusa dal Campidoglio e da As Roma si fa riferimento all’utilizzo della legge Stadi, la vecchia 147 del 2013. Tralasciando il fatto che il progetto sarà obbligatoriamente presentato tenendo conto anche delle modifiche successive a quella norma - compreso la recente nuova Legge Stadi che ha abrogato la 147 ma i cui effetti si dispiegheranno dal 1 gennaio 2024 - la procedura prevede che, dopo l’analisi tecnica delle carte progettuali in conferenza di servizi, trattandosi di progetto su area pubblica, questo dovrà essere messo a gara. Una gara alla quale può partecipare chiunque, anche perché la nuova legge stadi ha eliminato l’obbligatorietà dell’accordo fra società sportiva e società proponente il progetto che, invece, era uno degli elementi portanti della 147. In ogni caso, a fronte di proposte economicamente più vantaggiose, la legge riconosce al proponente originario, la Roma, il diritto di prelazione sul progetto: pareggiando l’offerta migliore, sarà comunque la società giallorossa a portare a casa l’assegnazione della gara.

 

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