Atac, promosso il dirigente che non vigilò sulle scale mobili: «Sapeva dei malfunzionamenti»

Atac, promosso il dirigente che non vigilò sulle scale mobili: «Sapeva dei malfunzionamenti»
di Alessia Marani
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Mercoledì 23 Ottobre 2019, 09:33 - Ultimo aggiornamento: 16:36


Dopo il danno la beffa. Con una nota ufficiale - una disposizione organizzativa del 18 ottobre - Atac stabilisce che «il presidio organizzativo Manutenzione impianti di traslazione», ossia la supervisione sulle scale mobili, sia posto «alle dirette dipendenze della struttura Infrastrutture civili e impianti e affidata alla responsabilità di Alberto Lanzone». Ovvero allo stesso dirigente finito nelle intercettazioni della maxi-inchiesta di Squadra Mobile e Procura sulle scale mobili rotte e pericolose delle metro A e B della Capitale dopo l'incidente di un anno fa ai tifosi del Cska Mosca alla stazione di Repubblica.

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Lanzone (non indagato) si lamentava con Giuseppe Ottuso, amministratore di Metroroma, destinatario del divieto temporaneo di esercitare attività imprenditoriali, dei suoi dipendenti che non erano capaci nemmeno di taroccare i documenti sulle manutenzioni, perché lo facevano con il bianchetto. In pratica, sebbene non sia indagato, dalle intercettazioni emergerebbe che Lanzone era a conoscenza delle mancanze di Metroroma nella manutenzione degli impianti. E ora i lavoratori di Atac si chiedono se la conferma del delicato incarico fosse davvero opportuna o meno. Soprattutto quando, per avere evidenziato delle carenze oggettive dei mezzi aziendali, persino una sindacalista è stata licenziata.

GLI STRALCI
Scriveva così il gip Massimo Di Lauro nell'ordinanza. Lanzone «in un colloquio telefonico del 17 aprile 2019 riferisce ad Ottuso che non sono buoni a fare gli impicci, gli ha ridato i fogli delle manutenzioni che avevano impicci e problemi e glieli hanno riconsegnati con il bianchetto». In pratica i dipendenti avrebbero cancellato la casella no in relazione a un lavoro non realizzato e messo una x sulla casella sì. C'è un altro passaggio in cui viene tirato in ballo il nome di Lanzone. Gli inquirenti annotano due conversazioni, una in cui Renato D'Amico, direttore di esercizio delle linee A e B, indagato, sottolinea a Lanzone che «l'Ustif (l'ufficio ministeriale preposto ai controlli, ndr) si incazzerà in quanto sono stati chiamati a fare un collaudo su una scala con questo problema»; un'altra in cui Marina Adduce (responsabile Sistema gestione sicurezza di esercizio, non indagata) «evidenzia a D'Amico la gravità del tentativo da parte della Metroroma di mettere in moto una scala che è pericolosa avendo il basamento rotto» e mette in luce il comportamento fraudolento, affermando che, scrive il gip, anche in Atac fosse noto il malfunzionamento dell'impianto: Hanno fatto le prove riducendo i parametri della scala per non far accorgere all'Ustif e al responsabile di esercizio e quindi questa è frode e su questo verranno denunciati pubblicamente nel senso che si scrive una lettera proprio alla procura dicendo che questi fanno proprio la frode cioè fanno finta che la scala funziona e non dicono che la scala ha un problema. Tutta l'azienda lo sapeva e solo il responsabile non lo sapeva comincia ad essere preoccupante la cosa». Quando D'amico domanda ad Adduce: Tutta l'azienda, chi lo sapeva?, lei non esita a rispondere: Lo sapeva Lanzone. Anche se D'Amico replica No Lanzone non lo sapeva, Adduce insiste: Lo sapeva, l'ha dichiarato là che lo sapeva l'ha dichiarato là che lui e sapeva che era un lavoro da I80.000 euro.

 

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