Covid Roma, al San Camillo si ferma la cardiologia: troppi contagi. Garantite le urgenze, stop ai ricoveri programmati

Covid Roma, al San Camillo si ferma la cardiologia: medici e infermieri infettati
Covid Roma, al San Camillo si ferma la cardiologia: medici e infermieri infettati
di Camilla Mozzetti
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Domenica 22 Novembre 2020, 00:07 - Ultimo aggiornamento: 11:17

ROMA - Costretti ad aspettare e a rinviare l’operazione per garantire al cuore la giusta velocità attraverso l’impianto di un pacemaker od obbligati a pazientare per poter eseguire una coronarografia ed evitare dunque l’infarto. Esami e interventi bloccati perché all’ospedale San Camillo chiude il reparto di cardiologia. «Abbiamo tra i 16 e i 18 posti letto inattivi - spiega Sandro Petrolati, cardiologo e segretario Anaao Assomed San Camillo Forlanini - a causa principalmente dell’assenza di personale». Tra infermieri e medici spostati sui reparti Covid e sulle urgenze (il San Camillo è diventato infatti centro “hub” per la Cardiochirurgia d’emergenza assorbendo anche i casi del policlinico Umberto I e di Tor Vergata) «ma anche per il personale che ha contratto il coronavirus e dunque è in isolamento - prosegue Petrolati - il reparto al momento non è aperto mentre è attiva l’Utic, l’unità di terapia intensiva coronarica e il reparto per gli acuti».

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Situazione che rischia di deflagrare

Ovvero per i casi gravi, per chi l’infarto l’ha già avuto e magari è stato salvato per un soffio.

Ma per i pazienti con un cuore che fa i capricci e ha dato già segnali di pericolo, non c’è altro da fare se non aspettare. Malati cosiddetti non gravi - fortunatamente o sfortunatamente a seconda dei punti di vista - costretti ad annullare gli interventi o a riprogrammarli in altre strutture sperando di trovare posto e affidandosi alle terapie farmacologiche per evitare il peggio. Una condizione quella del San Camillo, dove a ieri erano ricoverate anche 130 persone positive al Covid, che rischia di deflagrare anche in altri ospedali costretti alla rimodulazione dei posti letto per far posto ai pazienti malati di coronavirus. «Ci troviamo di fronte a un’emergenza nell’emergenza -commenta Antonio Magi, presidente dell’Ordine dei medici di Roma - i numeri sul personale sono quelli che sono ma bisogna dare assistenza anche a chi non rientra nella categoria dei malati Covid o in quella delle urgenza extra virus perché rischiamo di portare in condizioni acute decine di pazienti cardiopatici». Soluzioni praticabili nell’immediato? «Per quanto riguarda il personale - conclude Magi - si potrebbero aumentare le ore di lavoro da 20 a 38 settimanali agli specialisti - cardiologi compresi - che lavorano negli ambulatori delle Asl». In merito agli spazi proprio per il polo del San Camillo la sindaca Raggi invece, dopo una visita fatta ieri, ha chiesto la riapertura del Forlanini: «Può e deve riaprire per accogliere a breve pazienti Covid».

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I posti

La Regione intanto va avanti con l’attuazione della fase VIII del piano Covid. Nei primi giorni di novembre l’assessore alla Sanità Alessio D’Amato aveva annunciato l’attivazione complessiva di 5.310 posti letto dedicati ai pazienti Covid entro la metà del mese dando alle aziende ospedaliere di tutto il Lazio sette giorni di tempo per organizzarsi. A che punto siamo? I posti finora attivati sono 4.500: più di ottocento in meno rispetto a quelli previsti anche se «Non ci sono sofferenze», spiegano dall’Unità di crisi regionale. Al policlinico Umberto I su 472 posti previsti ne sono stati attivati 400, a Tor Vergata ne mancano una ventina per arrivare a quota 201 mentre il Gemelli è l’unico ad aver superato già la soglia dei posti attivabili nella fase VIII (399) arrivando a quota 417 tra la sede del policlinico e il Columbus. Per ora il rapporto tra il numero di posti letto e pazienti Covid che necessitano di un ricovero tiene: a ieri i pazienti ospedalizzati in tutta la Regione erano 3.257 più altri 337 ricoverati in terapia intensiva. Ma queste due componenti non procedono alla stessa velocità: attivare un posto letto richiede tempo soprattutto se non si hanno altre strutture e bisogna dimettere chi quel posto lo occupa già. E per questo è fondamentale abbassare la soglia dei contagi e soprattutto dei ricoveri per Covid. Ieri con l’ultimo bollettino il Lazio ha contato 2.658 nuovi positivi (1.574 solo a Roma) a fronte di 30mila tamponi. Una manciata di casi in meno rispetto a venerdì a fronte però di un aumento di 3mila test che fa sperare: il rapporto tra positivi e tamponi scende sotto al 9%.
 

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