Roma, il caso dei vaccini spariti: non si conosce l'utilizzo del 30% delle dosi

Il caso dei vaccini spariti: non si conosce l'utilizzo del 30% delle dosi
Il caso dei vaccini spariti: non si conosce l'utilizzo del 30% delle dosi
di Francesco Pacifico
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Domenica 29 Novembre 2020, 00:52

Oltre alle 500mila dosi che Sanofi-Pasteur non consegnerà mai, nel Lazio si sono perse le tracce di altrettante fiale di vaccino influenzale inviate alle Asl e da queste girate a medici di base e farmacie. Un giallo sul quale la Regione vuole vederci chiaro. Il direttore generale della direzione Salute, Renato Botti, ha scritto nei giorni ai rappresentanti di medici di famiglia e dei farmacisti, ai direttori delle aziende sanitarie e ospedaliere e ai coordinatori della campagna vaccinazione denunciando che, su 1,4 milioni di quelle già consegnate, «di 449.868 dosi di vaccino non risulta ancora alcuna documentazione di utilizzo».

Tradotto, mentre i pazienti protestano con i dottori perché vogliono il siero e non lo trovano, non si sa se oppure a chi tutte queste fiale sono state iniettate. E parliamo di una cifra rilevante, del «30,9 per cento delle dosi ricevute dalle Asl». Situazione ancora più grave perché la Regione, al momento, può contare per le prossime settimane - quando i casi di influenza si moltiplicheranno - soltanto su 320mila dosi, dopo le mancate consegne da parte di Sanofi-Pasteur.

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Al momento poco meno di un milione di persone nel Lazio è stato vaccinato. Più di quanti si erano protetti lo scorso anno.

Facendo il punto sullo stato dell’arte della distribuzione, il direttore generale ha comunicato che 1,2 milioni di dosi sono arrivate a medici di base e pediatri di libera scelta, mentre 222mila sono state destinate (attraverso le Asl) alle categorie più a rischio come dottori, infermieri, forze dell’ordine, militari, travet e dipendenti pubblici di aziende dei servizi. Gente che ha più contatto diretto con il pubblico. Detto questo, proprio i medici di base non avrebbero comunicato la destinazione di 271mila fiale e lo stesso avrebbero fatto le Asl per altre 180mila unità.

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Lo scenario

 Alla Regione, in primo luogo, interessa sapere se quei vaccini sono stati distribuiti nel modo adatto, cioè iniettandoli alle categorie più a rischio come anziani, malati cronici e bambini, oltre ai già citati dipendenti statali che hanno maggiore contatto con il pubblico. Non è da escludere che in molti casi medici di base, strutture private o farmacie si siano dimenticati di comunicare i destinatari. Fatto sta - secondo Botti - che «l’inadeguato livello di registrazione non permette neppure una eventuale più efficiente allocazione delle ulteriori disponibilità vaccinali a colmare situazioni di carenza». Ma nella missiva di Botti c’è un altro punto che mette in allarme la comunità sanitaria del Lazio: la Regione è pronta già dalla prossima settimana - quindi a dicembre, quando il picco dell’influenza di stagione raggiungerà i livelli più alti - a distribuire altre 320mila fiale, che per lo più saranno prodotte da Seqirus. In totale si sfioreranno gli 1,8 milioni di dosi. Un numero lontano dal target previsto dalla giunta Zingaretti, che ne aveva comprato 2,4 milioni per vaccinare metà della popolazione laziale per limitare la corsa dei pazienti influenzati ai pronto soccorso. Un assedio che in periodo Covid le strutture non si possono permettere.

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