Se tutta Roma sente che era figlio suo, ok: Gigi era di tutti. E se ogni quartiere rivendica il suo passaggio e ora lo piange come non fosse mai andato via, perché i legami non li ha mai recisi, anche questo è chiaro: Proietti è un patrimonio collettivo che ha sparso molto più che tante risate. E se alle 20 scossi e timidi si esce sul balcone si guarda il cielo cupo e si applaude il Maestro in cielo vuol dire solo «grazie, grazie del divertimento, ci mancherai». Grande e umile se nello stesso istante la sua foto viene proiettata da Acea sulla facciata di Campidoglio e Colosseo. Proietti era romano e della Roma eppure è difficile trovargli radici, perché figlio di Romano un portiere tutto fare di un palazzo patrizio di via Giulia arrivato dall'Umbria, lasciò il centro a 10 mesi, avevano ottenuto una casa popolare in via Capraia al Tufello «e papà ballava dalla gioia» come avesse vinto i mondiali. Ma prima c'è la guerra un passaggio a Porchiano, un altro a via Annia in una casa crepata con vista Colosseo, un altro pertugio a via Veneto, poi il Tufello: Luigi cresce tra un padre comunista e una madre che lo spinge in chiesa, alla Santa Assunta. Vivace, diciamo anche intemperante, travolgente.
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Da don Parisio, riceverà un pizzone, eppure sarà lo stesso parroco a non saper trattenere le risate quando chierichetto gli prese fuoco una candela in mano e invece di soffiare il piccolo Proietti emise una pernacchia, «il mio primo grande successo comico».
Arriva il successo, si consolida. Lui resta uguale, scanzonato e verace. Sulla Cassia nel suo buen retiro dove ora alla spicciolata c'è chi lascia messaggi e fiori sul cancello di Mandrake, lo ricordano schivo e riservato. È il suo grande amore la moglie Sagitta Alter a comprargli le scarpe «se non vanno bene le riporto», lui, Gigi, telefona alla libreria vicino casa per sapere se sono disponibili titoli di Shakespeare in varie traduzioni, poi passerà la moglie (anche Shakespeare è morto nello stesso giorno in cui è nato, ndr). «l'Ultimo dei Mohicani»; «persona semplice tranquilla senza fronzoli come dovremmo esser tutti quanti», lo ricordano i negozianti. Il fioraio davanti casa ricorda: «di solito mandava a prendere i fiori mentre ultimamente veniva lui». Come a San Valentino: 12 rose rosse per la moglie. «Un cliente gli chiese un consiglio: quale colore di orchidea si addice per una persona che fa teatro?» E lui, sembra di sentirlo, romano dell'Appio, del Tufello, del centro e di tutti: «Quella che vuoi, basta che lo fai con il cuore».
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