Roma, abusi su minonenni. Le vittime del colonnello: «Voleva vederci sempre»

Roma, le vittime del colonnello pedofilo: «Voleva vederci sempre»
Roma, le vittime del colonnello pedofilo: «Voleva vederci sempre»
di Adelaide Pierucci
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Lunedì 22 Marzo 2021, 00:13

«Non avendo figli ti dà molto attenzioni. Se non lo chiamo tutti i giorni si dispiace, si arrabbia. Mi vergogno a dire il resto. Non volevo». Il resto uno dei tre minorenni vittime delle attenzioni del colonnello dell’Esercito arrestato nei giorni scorsi dalla Mobile di Roma con l’accusa di violenza sessuale le disegna, non riesce a descriverle, per pudore. Toccamenti fatti passare per carezze. Sono i giorni delle ricostruzioni degli abusi. Tre i minori che confermano le attenzioni non dovute. Abbracci e battute con doppio senso, contatti fulminei. I ragazzini hanno tra i dodici e i quattordici anni. Le famiglie, tra cui due coppie di professionisti di Roma centro, conoscono l’ufficiale, si fidano. Eppure qualcosa non sfugge a una mamma, un ritardo del figlio fa scattare il campanello d’allarme. Il colonnello gli racconta una bugia. E con un messaggio su WhatsApp consiglia alla vittima di aggiungerne un’altra: «Dì pure che siamo andati a vedere pure la moto in garage».

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LA VECCHIA INDAGINE

Un garage che era già finito nel mirino di una indagine dei primi anni duemila. E che porterà all’arresto di una rete di pedofili. Il nome dell’inchiesta “Fiori nel fango 2”. L’ufficiale romano è uno degli indagati in stato di libertà. Avrebbe usato il garage per appartarsi con uno dei bambini rom, un tredicenne, vittime della tratta di pedofili. Nei vari gradi di appello l’accusa si sbriciola e la carriera va avanti. È la divisa anni dopo a rassicurare i genitori dei ragazzini che finiscono nella sfera dell’ufficiale. I fatti ora all’esame della procura di Roma partono dall’estate del 2019 fino a pochi giorni fa, quando il colonnello dell’Esercito, cinquantenne, single, una bella casa a Trastevere, viene monitorato con una microspia e pure pedinato. Gli investigatori della IV sezione della Mobile sono in bilico: devono raccogliere ulteriori prove, ma anche assicurare che il sospettato non compia azioni gravi. Quindi mentre una sera è in compagnia di un quattordicenne sulla sua auto pronto a ospitarlo a casa per agevolarlo in una trasferta sportiva lo bloccano in strada. «Alt, documenti. Chi è il ragazzo?».

Emerge che il ragazzino non è un figlio, non un nipote, anche se talvolta si fa chiamare zio, non è un familiare. Gli agenti diffidano l’ufficiale a portarlo con se a casa e lo lasciano riprendere la marcia. La telecamera registrerà gli sfioramenti sulle gambe successivi. «È dispiaciuto pure lui», commenta. Il ragazzino è teso. Quindi cambia la destinazione e in albergo altra carezza inopportuna. L’arresto scatta praticamente in flagranza di reato.

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LA RICOSTRUZIONE

Poi il gip Claudio Carini su richiesta del pm Daniela Cento, titolare dell’inchiesta, emette la misura cautelare in carcere. La procura di Roma intanto ha appena richiesto il rinvio a giudizio di un altro colonnello dell’Esercito, anche lui per approcci inopportuni con un adolescente, in questo caso più grandicello, un liceale di 16 anni. Un ragazzino gay molto confuso. Ha la barbetta, ma si trucca, nasconde e nemmeno troppo un disagio psicologico. Ad indagare il pm Pantaleo Polifemo su denuncia dei genitori. Il colonnello conserva delle sue foto e poi lo invita ad avere incontri con lui in cambio di 50 euro. L’alto ufficiale ora rischia di finire a processo per detenzione di materiale pedopornografico e prostituzione minorile. 

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