Covid nel Lazio, il conto della crisi di ristoranti e bar: «Nel 2020 in fumo 600 milioni»

Covid nel Lazio, il conto della crisi di ristoranti e bar: «Nel 2020 in fumo 600 milioni»
Covid nel Lazio, il conto della crisi di ristoranti e bar: «Nel 2020 in fumo 600 milioni»
di Raffaella Troili
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Mercoledì 18 Novembre 2020, 08:36 - Ultimo aggiornamento: 08:49

Un nuovo allarme e un appello. Visto che i numeri sono spietati: bar e ristoranti hanno accumulato perdite pari a 600 milioni derivanti solo dalla spesa turistica nel Lazio, nell'anno. Mancati guadagni di cui i due terzi ricadono su Roma (almeno 450 milioni). La Fipe calcola che solo nella capitale la perdita complessiva annuale per i pubblici esercizi sarà pari a 2 miliardi di euro. Con 5 mila aziende a rischio chiusura su 18mila e 20mila dipendenti a rischio posto di lavoro. Alla luce di questa situazione Sergio Paolantoni, presidente Fipe Roma, avanza proposte, perché «senza una linea di azione a medio termine rischiamo di morire. Intanto chiediamo al Comune, che ci è venuto incontro aprendo la ztl in centro, un ulteriore passo: sospendere la seconda rata della Tari in arrivo a novembre e permettere che le occupazioni di suolo pubblico temporanee previste per l'emergenza possano essere completate con l'adozione di sistemi di copertura e riscaldamento. Prima o poi l'inverno arriverà, è stato importante avere spazi all'aperto ma ci diano la possibilità di coprirli. Dobbiamo cercare di ottimizzare tutto, per rendere un minimo di servizio».

Va detto che la tassa a Roma è la più alta in Italia. «E chi prima faceva 100 coperti e ora 10 può pagare la stessa tassa su rifiuti che non produce? Occorre riproporzionare la Tari in base agli indici di fatturato e non ai mq».

L'sos Fipe segue il dato di Bankitalia che quantifica in circa 2 miliardi e mezzo la perdita nel settore turismo internazionale nell'ultimo periodo. Oltre 26 miliardi la contrazione dei consumi nazionale in tutto il 2020 per la ristorazione, rispetto ai 98 md di fatturato dell'anno prima. «Da qui una riflessione su come il Governo possa aiutarci. Esempio: perché le aziende che hanno superato nel 2019 i 5 milioni di fatturato non hanno avuto il ristoro ad aprile e lo avranno solo a novembre quando invece sono più strutturate e hanno costi maggiori? E come mai ancora non si è pensato a una moratoria sugli affitti che a prescindere dal credito d'imposta permetta un adeguamento delle locazioni ai nuovi volumi di affari? Si corre il rischio di avere aziende chiuse per il dpcm e proprietari delle mura che fanno sfratti per mancato pagamento degli affitti».

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Quanto ai finanziamenti a fondo di garanzia «ci domandavamo se sia opportuno rivederne la durata, perché quando sono stati promossi forse non si pensava a questa seconda ondata e a questa evidente crisi del settore commercio. Chi ha avuto la fortuna di accedere ai fondi si trova ora nella difficoltà di dover restituire senza che le attività siano ripartite». La chiusura anticipata alle 18, il turismo assente, «c'è grande tensione nel settore, purtroppo viviamo quotidianamente le criticità degli associati: molti stanno pensando di chiudere le attività almeno fino a che non verranno definite meglio le condizioni per cui lavorare. Comprendo l'emergenza sanitaria ma con la chiusura alle 18, molti non hanno motivo di aprire. Eppure vorremmo guardare con un po' di ottimismo al futuro, che tutte le aziende fossero in grado di ripartire quando sarà il momento, mantenendo l'occupazione. A nessuno di noi fa piacere licenziare un dipendente, è una sconfitta ma dobbiamo essere in grado di sopravvivere. Per questo penso alle banche, oggi lo strumento per poter avere liquidità: dovranno tener conto della situazione, i fatturati 2020 non saranno da prendere in considerazione mi auguro, anche se molte continuano a chiedere business plane sul 2021...».

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SUPPORTO PSICOLOGICO
«Per la prima volta alla Camera di commercio il numero delle chiusure supera le aperture, di solito si equiparano. Parliamo di migliaia di aziende che hanno chiuso contro poche centinaia. Abbiamo istituito un numero verde per imprenditori in difficoltà, offre un aiuto psicologico, perché dopo la ferrea volontà di resistere nel primo lockdown oggi c'è rassegnazione». Tutte le alternative messe in campo rendono poco e niente, dalla consegna a domicilio all'asporto, «per giunta il delivery affidato a piattaforme che chiedono il 30% sul venduto».
È dura eppure c'è chi resiste. «Abbiamo aperto in pieno lockdown sulle ceneri storico Bar Negresco di Roma, meno ore di lavoro ciascuno ma nessuno è andato a casa», racconta l'imprenditore Andrea Giacon, che con il fratello Federico, Matteo Pluchino, Antonello D'Angelo e Marco Foti ha aperto Piazza Istria a Roma, un ristorante-bar e tabacchi.

 

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