Luca Sacchi, l'omicidio che scuote Roma: e spunta la parentela con la Magliana

Luca Sacchi, l'omicidio che scuote Roma: e spunta la parentela con la Magliana
di Alessia Marani e Giuseppe Scarpa
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Venerdì 25 Ottobre 2019, 07:55 - Ultimo aggiornamento: 16:06

ROMA Una rapina che sembra un omicidio di mala. Luca Sacchi, 24 anni, è morto sotto gli occhi della fidanzata, di un amico con cui stava chiacchierando e non lontano, nel pub dove voleva andare, del fratello più piccolo, Federico. Freddato alla nuca in una strada dell'Appio-Latino, quartiere residenziale di Roma, con un colpo di revolver sparato da uno dei due rapinatori che hanno portato via lo zaino alla fidanzata Anastasiya Kylrmnyk, di origine ucraina, 25 anni, prima di dileguarsi a bordo di una Smart for four bianca. Lui, che è appassionato di arti marziali e jiu jitsu brasiliano, reagisce: afferra il bandito che le ha appena portato via la borsa ed è armato di bastone. Luca non ha paura: si catapulta sull'uomo, lo stende a terra.

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A quel punto, però, da dietro, il complice sfodera l'arma e spara a bruciapelo. Il proiettile centra la testa del ragazzo e va a conficcarsi, sulla traiettoria, nell'infisso della vetrina del John Cabot pub dall'altro lato della strada. Al fragore dello sparo, («pensavo fosse un tv che era esploso», dichiara Michele, il titolare del pub), seguono momenti di gelo. Anastasiya, che è a terra stordita per il colpo ricevuto, si rialza, vede Luca sull'asfalto all'incrocio tra via Bartoloni e via Mommsen, con il volto pieno di sangue; con la mano cerca di tamponare l'emorragia vicino all'occhio e urla a squarciagola «aiutatemi». Qualcuno grida: «Respira ancora». Si ferma un tassista di passaggio che chiama i soccorsi con il telefonino. Ha la telecamerina montata sul parabrezza, ma sfortunatamente non è in funzione.

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DALLA FINESTRA
Un uomo si affaccia dalla finestra del secondo piano: «Ho visto un'auto bassa, grigia e bianca, fuggire via e quel ragazzo rimanere a terra, da solo, per almeno un minuto e mezzo. Nessuno dal pub si muoveva, poi ho visto quella ragazza disperata». Sono le 23. Per dieci minuti Anastasiya resta con la testa di Luca tra le mani, sconvolta. Arriva l'ambulanza che porta via il giovane all'ospedale San Giovanni. Le sue condizioni appaiono disperate. Nonostante un intervento neurochirurgico, morirà alle 13 di ieri. In strada piombano le auto del Nucleo Radiomobile dei carabinieri, i militari di piazza Dante e gli investigatori di via In Selci.

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Una donna raccoglie tra le braccia il pincher, la piccola Jenna, che la coppia teneva al guinzaglio. Il pm Nadia Plastina ha aperto un fascicolo per omicidio a scopo di rapina. Una rapina, però, per certi versi, viene ritenuta «anomala» dagli stessi inquirenti. Appare sproporzionata, infatti, la reazione dei due rapinatori: uccidere per uno zainetto. Testimoni avrebbero visto la Smart girare attorno ai giardini centrali della scuola Mommsen una o due volte prima di entrare in azione, come se avessero adocchiato e seguito la coppia che si era allontanata per sedersi su una panchina dagli altri amici che erano nel locale. Che cosa c'era dentro lo zainetto? Una trentina di euro, secondo quanto dichiarato dalla ragazza, una bottiglietta d'acqua, una trousse con i trucchi e nemmeno il telefonino, che aveva in tasca. Luca non aveva finito le scuole, dava lezioni di arti marziali. Suo papà Alfonso è proprietario della taverna delle Coppelle, in zona Pantheon.
 



Non lontano da un locale di Tiberio Simmi, fratello di Roberto (entrambi indagati e poi assolti nel processo Colosseo alla Banda della Magliana), il padre di quel Flavio Simmi trucidato a 33 anni con 9 colpi di pistola (era il 5 luglio del 2011) in una strada di Prati. «Alfonso - racconta un amico - è parente dei Simmi». Un elemento finito sotto la lente degli inquirenti che stanno scavando nel passato di Luca, nella vita di Anastasiya e dei loro familiari per non lasciare nulla al caso. Intanto è caccia ai due, uno con marcato accento romano. I carabinieri hanno acquisito le immagini di due telecamere in particolare, di un tabaccaio e di un negozio di tatuaggi. E ascoltato numerosi testimoni, tutti concordi nel descrivere il raid. Sulla vicenda è intervenuta la sindaca Virginia Raggi: «Questi criminali vanno arrestati e puniti severamente».
 

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