Covid Roma, l'ingegnere ricoverato: «Nel panico quando ho messo il casco, mi salverà l'amore dei medici»

Covid Roma, l'ingegnere ricoverato: «Nel panico quando ho messo il casco, mi salverà l'amore dei medici»
Covid Roma, l'ingegnere ricoverato: «Nel panico quando ho messo il casco, mi salverà l'amore dei medici»
di Flaminia Savelli
4 Minuti di Lettura
Martedì 17 Novembre 2020, 08:06 - Ultimo aggiornamento: 16 Febbraio, 19:59

«Ho avuto un attacco di panico, non appena mi hanno messo il casco per respirare. Il medico, Francesco un dottore giovanissimo, mi ha preso la mano per calmarmi. Con tanta pazienza mi ha spiegato che se non tenevo il casco mi avrebbe dovuto intubare e a quel punto, non sapeva come e quando ne sarei uscito».
Fabio Valzecchi è un ingegnere aerospaziale di 59 anni, ricoverato dalla scorsa settimana all'ospedale Lazzaro Spallanzani nel reparto di terapia intensiva. Positivo al Covid dal 21 ottobre, ha accusato i primi sintomi dopo aver accompagnato in ospedale il figlio 15enne - anche lui risultato poi positivo a togliere il gesso. Pochi giorni dopo l'ingegnere ha accusato la febbre e subito difficoltà respiratorie. Ancora oggi non riesce a parlare e risponde via Whatsapp dal letto della terapia intensiva.
Cosa è successo quando è stato ricoverato?
«Sono arrivato già in condizioni serie. I medici quindi mi hanno subito messo il casco per aiutarmi a respirare. Non credevo che avrei accusato una reazione tanto violenta. Dopo 4 ore di terapia ho iniziato ad avere problemi»
Cioè?
«Non solo non riuscivo a respirare, ma ho avuto anche un forte attacco di panico. Sentivo il cuore molto accelerato e a quel punto il medico e gli infermieri sono, letteralmente, corsi al mio letto. Continuavo a chiedere di toglierlo. Piangevo anche, non mi vergogno di ammetterlo»
Il medico dunque cosa le ha detto?
«Il dottore si è seduto accanto a me, mi ha preso la mano e mi ha parlato come se fossi suo padre. Francesco è un medico giovanissimo e posso dire che a salvarmi più che le cure, è stato il suo affetto e la sua pazienza. Mi ha spiegato con molta calma che se avessi tolto il casco, per me non ci sarebbero state molto speranze perché avrebbe dovuto intubarmi. E la procedura, in quel caso, è molto più invasiva»
Per quanto tempo è necessario indossare il casco?
«Non si può togliere fino a quando il livello di saturazione non sale. Questo significa indossarlo sempre notte e giorno. Il rumore, all'interno, è molto violento. Il medico prima, e le infermiere poi, non mi hanno lasciato un istante fino a quando non mi sono calmato»
Era sotto choc?
«Sì. Tutti noi ricoverati lo siamo. Non potevo comunicare con la mia famiglia, ero isolato e spaventato. Credo che tutti questi fattori abbiano scatenato una reazione così violenta. Ma la vera cura, per me, è stato il personale ospedaliero»
Qual è la situazione nel reparto di terapia intensiva?
«Siamo in tanti, tutti con problemi respiratori. Abbiamo il casco o il respiratore e ogni medico, ogni infermiere, ci dedica cure e attenzioni. Questo virus è pericoloso. Ho prestato tutte le precauzioni eppure mi sono contagiato. Ora, sto lentamente migliorando e il merito, lo ripeto, è solo di questi medici che si spendono notte e giorno per aiutarci. È un'esperienza terribile ma allo stesso tempo ho avuto un'occasione, irripetibile, di conoscere l'umanità e il calore di medici giovani e competenti».

Covid Roma, l'addio a Lucianone il gigante buono del pronto soccorso stroncato dal virus

Latina, il racconto di una famiglia: «È stato un incubo, mio marito ricoverato, io positiva e senza nessuna assistenza»

La mamma con il Covid: «Aiuto! Mio figlio ha la febbre, chi mi compra lo sciroppo?»

Covid, crescono i contagi tra i giovani. I sindaci: «Rispettate le regole». A Vetralla 3 classi in quarantena
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA