C’è chi continua a prescrivere soltanto il paracetamolo, chi invece ha sostituito il tradizionale antipiretico con un antinfiammatorio anche a fronte di recenti ricerche e studi pubblicati su riviste internazionali di medicina. Ecco allora che per alcuni l’Aulin è meglio della Tachipirina anche se poi nessun protocollo regionale o ministeriale lo abbia scritto nero su bianco. A un anno ormai dall’insorgere della pandemia con il Paese intero pronto a ripartire il prossimo 26 aprile, quando scatteranno le prime riaperture, resta ancora un nodo da sciogliere: qual è la terapia da seguire per i pazienti domiciliati? Per i positivi al virus che contraendo la malattia non hanno fortunatamente bisogno del ricovero ospedaliero?
LE TERAPIE
«Ad oggi manca un protocollo ufficiale e definitivo che vada bene per tutti», spiega Alberto Chiriatti, vice segretario regionale della Fimmg, la Federazione italiana dei medici di medicina generale. «Non è facile - prosegue Chiriatti - perché i virus sono diversi dai batteri e una terapia univoca ancora non c’è».
Pazienti in sostanza che al fianco delle cure indicate dai medici affiancano autonomamente una serie infinita di integratori «che di per sé - prosegue ancora Chiriatti - non sono nocivi ma di certo non risolutivi, possono sicuramente alleggerire la condizione di stress psicologico». La lattoferrina ad esempio è uno di questi. Nel corso dei mesi anche i primi protocolli ministeriali sono stati aggiornati ma di fatto i medici di famiglia lamentano l’assenza di un protocollo univoco che seppur difficile da redigere per via degli studi ancora in corso sul trattamento della malattia potrebbero essere utili a professionisti e pazienti.
IL MONITORAGGIO
«Quello che bisogna tenere a mente - conclude il vice segretario della Fimmg - è il monitoraggio del paziente. Ultimamente stiamo assistendo alla scomparsa di alcuni sintomi, come la perdita di gusto e dell’olfatto, di contro anche con le varianti la positività dei pazienti si allunga anche oltre i 30 giorni. È fondamentale ricordare poi l’esistenza delle terapie monoclonali soprattutto per le persone più fragili, ipertese, cardiopatiche, asmatiche od obese che devono essere attivate precocemente entro le prime 72 ore dalla comparsa dei sintomi». Ma anche qui c’è molta confusione, o scarsa conoscenza. Le Asl regionali proprio ai medici di famiglia hanno finora fatto recapitare una sola email con il protocollo operativo senza prevedere ulteriori informazioni o sistemi di “recall” per assicurarsi che tutti i professionisti - e di conseguenza i pazienti - siano informati.