Coronavirus Roma, i medici infettati alla festa dell'Umberto I rischiano il licenziamento

Coronavirus Roma, i medici infettati alla festa dell'Umberto I rischiano il licenziamento
di Alessia Marani
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Domenica 15 Marzo 2020, 09:29 - Ultimo aggiornamento: 20:24

I medici che hanno partecipato alla festicciola-focolaio di coronavirus all'Umberto I rischiano fino al licenziamento. La commissione disciplinare del policlinico ha 5 giorni di tempo per definire il provvedimento a carico degli oncologi contagiati dopo avere partecipato al brindisi in reparto in onore di una specializzanda che aveva terminato gli studi. L'esito dell'indagine epidemiologica disposta dopo che 9 tra medici e specializzandi erano risultati positivi al Covid-19, ha infatti evidenziato come l'unico momento di contatto ravvicinato fosse stato quell'incontro non autorizzato, come ha spiegato lo stesso dg Vincenzo Panella che ha stigmatizzato il comportamento dei camici bianchi, tra questi un dirigente di primo livello e non il primario, quale «gravissimo». Tuttavia, prima di arrivare alla misura estrema la commissione potrà optare per ipotesi che vanno dalla censura alla sospensione più o meno lunga dal servizio.
Intanto per la carenza di personale malato o in quarantena, l'ospedale ha chiuso i ricoveri «fino a data da definire» nella Oncologia B, dimettendo i pazienti o accogliendoli in altre aree mediche. Ieri i locali del VII Padiglione sono stati sanificati. Non solo. Casi positivi ci sarebbero anche nella Reumatologia, attigua all'Oncologia. Così la preoccupazione tra il personale ospedaliero sale.

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LE PROTEZIONI
Da giorni viene denunciata la carenza di mascherine e di dispositivi di protezione individuale adeguati e quando i primi sono arrivati, i dipendenti erano ammassati per approvvigionarsene in un unico punto di distribuzione. «Abbiamo visto il compagno di una delle colleghe positiva, aggirasi nelle cliniche come se nulla fosse, ed è un anestesista», raccontano nella cittadella della Salute. I sanitari coinvolti e altri loro colleghi ritengono, piuttosto, che quella della festa, una «consuetudine» tra medici e universitari, sia stata solo una «sfortunata coincidenza» e che l'origine del cluster vada trovata altrove. «Il viurs è ambientale e i medici lasciati senza protezione, soprattutto in quei giorni, sono stati facilmente soggetti al Covid, la festa non c'entra», dice Giuseppe Lavra, segretario Cimo medici. Del resto, in quegli stessi giorni di inizio marzo anche l'attività delle riunioni usuali stavano proseguendo senza particolari limitazioni. Ma lo spettro del Covid-19 si stava facendo sempre più concreto con gli inviti delle autorità nazionali a limitare baci, abbracci e a modificare la socialità. Tuttavia, all'Umberto I, c'era ancora voglia di festeggiare. Adesso, però, il timore è che proprio da certi comportamenti assunti con disinvoltura, complice la promiscuità degli ambienti accessibili a volontari e studenti, e la carenza di mascherine FFp2 e Ffp3, sia messa a repentaglio la salute dei pazienti ma anche dei familiari degli stessi operatori. Timori che non riguardano solo l'Umberto I ma che interessano tutti gli ospedali romani dove si stanno registrando altri casi positivi tra i sanitari, tra cui un primario al Sant'Andrea e un infermiere al Casilino (Vannini). A turbare gli operatori vi è anche la direttiva regionale per cui i medici e i sanitari venuti in contatto con pazienti risultati positivi, ma asintomatici, possano comunque restare in servizio. «Così invece di tutelare la prima linea nella lotta al Covid-19 - afferma Guido Coen Tirelli, segretario regionale Anaao Assomed - ci trasformano in potenziali untori». Il NurSind, il sindacato degli infermieri, mostra le ultime mascherine arrivata: «Hanno la stessa consistenza dei sottili panni antipolvere - spiega Stefano Baroni - inoltre i capisala ne contingentano l'uso e addirittura le tengono sottochiave».

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