Duecentocinquanta milioni di euro da iniettare a breve nel capitale di Ama. Ai quali se ne aggiungeranno altri 100 milioni per la Tari non incassata negli anni precedenti. Ma il conto potrebbe essere più salato. Atac, invece, dovrebbe causare un esborso diretto e indiretto di 144 milioni. In totale quasi mezzo miliardo di euro che Roma Capitale dovrà elargire per salvare le sue due principali aziende, nonostante i lauti contratti di servizio concessi senza gara. Una cifra pari alla metà di quanto la giunta Raggi ha potuto investire per infrastrutture o per sistemare le strade ogni anno. Certo, c’è la cattiva gestione di queste aziende. Ma secondo Luisa Melara avvocato e per 5 mesi presidente di Ama, si sconta poi «il mancato controllo incrociati da parte del Comune tra crediti e debiti».
Atac, nuovo salvataggio: 40 milioni dai contribuenti
L’attenzione maggiore è in questi giorni su Ama, dopo che il Comune ha approvato in giunta assieme i bilanci mancanti (2017, 2018 e 2019 con perdite pari a 230 milioni) e il piano di risanamento per una ricapitalizzazione da 256,4 milioni.
Complice la crisi scatenata dal Covid (con un crollo della bigliettazione pari a 140 milioni), spaventa il futuro di Atac, già in concordato preventivo per gestire un debito monstre da 1,3 miliardi di euro. Ai commissari nominati dal Tribunale, l’amministratore unico Giovanni Mottura ha spiegato che la municipalizzata rispetterà le scadenze se saranno iniettati capitali sufficienti per uscire dalla crisi. E chi metterà questi soldi? La mano pubblica, con in testa il Campidoglio. Dal governo sono attesi ristori per 75 milioni per il crollo dei passeggeri, il Comune dovrà versare direttamente e indirettamente altri 144 milioni. A breve arriveranno 40 milioni di liquidità sotto forma di prestito, ma poi ne spenderà altri 28 per l’acquisto delle ex rimesse Vittoria, Ragusa e di Acilia. Deve poi rinunciare a 49 milioni di debiti nel contenzioso con Tpl e pagare 36 milioni dei crediti che via Prenestina vanta verso l’azionista.
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