Coronavirus Roma, positivi 14 bengalesi: molti di loro rifiutano i tamponi

Roma, positivi 14 bengalesi: molti di loro rifiutano i test
Roma, positivi 14 bengalesi: molti di loro rifiutano i test
di Laura Bogliolo e Francesco Pacifico
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Martedì 7 Luglio 2020, 00:32 - Ultimo aggiornamento: 10:49

Appena sono sbarcati verso le 17.30 a Fiumicino, i 276 passeggeri arrivati ieri da Dacca con un volo speciale hanno trovato ad attenderli i medici dell’Asl Roma 3 per fare loro sierologici e tamponi. Stando ai primi risultati 14 di loro sarebbero positivi, hanno contratto il Covid, dopo aver fatto i test sul sangue. Soltanto questa mattina arriverà l’esito dei tamponi per capire se sono ancora ammalati oppure guariti. L’indice di sieroprevalenza è pari al 6,2 per cento, per capire nella città di Roma siamo al 2,4. Partenza flop invece al drive in nel presidio Casa della Salute San Caterina della Rosa: in tutta la giornata sono stati solo tre i cittadini del Bangladesh a sottoporsi ai molecolari. Da ieri, nella Capitale, è partita la macchina voluta dalla Regione Lazio per arginare il focolaio di Covid sorto intorno alla comunità bengalese di Roma. Una situazione - quella legata ai contagi di ritorno - sempre più allarmante: nelle ultime 24 ore si sono registrati tra gli abitanti del Paese asiatico altri 11 casi, portando il totale a 39. Sempre ieri, come detto, la giunta Zingaretti ha dato un’altra stretta al sistema dei controlli: dopo i tamponi per tutti, l’assessore regionale alla Sanità, Alessio D’Amato, ha firmato un’ordinanza, secondo la quale a Fiumicino chi arriva dal Bangladesh sarà sottoposto a sierologico e tampone, per «verificare tempestivamente l’eventuale positività e limitare la circolazione del virus». I viaggiatori saranno posti in isolamento preventivo in attesa dei risultati delle analisi, con le Asl tenute a trovare anche un posto sicuro dove alloggiarli. Per esempio, parte dei 276 sbarcati sono stati trasferiti in un hotel vicino allo scalo.

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Per gestire senza rischi queste operazioni, a Fiumicino è stato deciso di far sbarcare i passeggeri dal Bangladesh al T5, terminal chiuso da anni e non più operativo, un tempo destinato ai voli sensibili (Usa o Israele). Blindato all’esterno, nel T5 è stata allestita la task force sanitaria con medici della Asl, del ministero e della Croce rossa, che dopo aver misurato loro la temperatura, ha sottoposto i 276 viaggiatori ai test. Tra loro pochi parlano italiano, con la maggior parte a Roma per riprendere il proprio lavoro o trovarne uno. «Alloggerò a casa di miei connazionali - dice Fakir, 25 anni - spero che mi aiuteranno a trovare un impiego. Non mi sento la febbre e non posso permettermi di stare male. Ho bisogno di aiutare la mia famiglia rimasta a casa». Rientrato dal Paese asiatico, dopo essere andato a trovare i parenti, anche Haziri: «Vivo a piazza Vittorio e lavoro lì. Sono contento che ci controllino: ai miei connazionali hanno creato diversi problemi, come successo ai cinesi all’inizio dell’epidemia. Speriamo di non perdere il posto».

Intanto è alta la tensione all’interno della comunità bengalese romana. Lo dimostra il fatto che soltanto tre dei suoi componenti ieri si siano presentati in via Forteguerri, dove la Regione, con l’Asl Roma 2, ha allestito un drive in per fare i tamponi ai cittadini del Bangladesh. Spiega Fabrizio Ciaralli, direttore del distretto 5 dell’Asl 2: «Oggi, con il V Municipio, incontreremo i rappresentanti della comunità per organizzare un percorso di accesso al gazebo e sensibilizzarli». 

Dalla comunità lamentano scarsa informazione e il timore di ritorsioni di stampo razzistico. Ma c’è chi ammette che alcuni bengalesi, non regolari, hanno paura a presentarsi al drive-in. Nure Alam Siddique detto Bachu, portavoce dell’Associazione Dhuumcatu, chiede sia residenze protette per i contagiati sia regole meno stringenti «per consentire anche ha chi ha il permesso di soggiorno scaduto di fare il ampone». «Alcuni partono da Dacca malati e vengono in Italia per farsi curare - racconta Mohammed Taifur Rahman Shah, presidente dell’Associazione Coordinamento Ital-Bangla & Sviluppo - Da noi il sistema sanitario è allo sbando e le cure sono a pagamento». 
 

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