Uccisa dal marito sotto gli occhi della figlioletta di 5 anni. La coltellata inferta nel costato, sotto il petto, le è stata fatale. Per pochi minuti Xuemei Li, 37 anni, cinese, è rimasta appesa alla vita con un flebile respiro, immobile nel letto.
Vani i soccorsi del 118 e l’arrivo della polizia: quando i soccorritori hanno raggiunto l’appartamento al terzo piano del condominio via Livilla, al Quadraro, popolosa periferia a Est di Roma, il cuore della donna ha smesso di battere per sempre. L’uomo, Yu Yang, 36 anni, è stato arrestato poco dopo, intercettato dagli agenti mentre camminava in una strada vicina, con lo zaino sulle spalle, alcuni indumenti e il passaporto all’interno. Aveva avuto anche il tempo di cambiarsi la maglia e il giubbetto e probabilmente architettava un piano per darsi alla latitanza, magari trovando riparo nell’ambito della comunità orientale.
Cosa è successo
Erano circa le 23,30 di sabato e un vicino di casa aveva chiamato le forze dell’ordine per una «lite in atto». Invece, in via Livilla si era appena consumato l’ennesimo femminicidio. «Yu era geloso, era un ossesso», ha svelato un’amica della vittima agli inquirenti. A mandarlo su tutte le furie aveva contribuito anche il fatto che Xumei facesse la massaggiatrice. La polizia sta cercando di ricostruire attraverso il suo telefono la rete esatta delle amicizie e dove svolgesse esattamente l’attività e se fosse sotto ricatto.
Le discussioni nella coppinon erano isolate.
IL PASSAPORTO
Mentre esalava gli ultimi respiri, i “Falchi” della Mobile in borghese e le volanti hanno «cinturato», come si dice in gergo, la zona attorno al delitto. Sui loro cruscotti l’immagine, ricavata dal passaporto, di un uomo quasi calvo, il fuggitivo che, dalla descrizione, avrebbe dovuto indossare un giubbotto giallo. Poi l’intuizione: un giovane cinese, ma con i capelli più lunghi e un abbigliamento differente, viene visto percorrere a ritroso via dei Consoli, da piazza Don Bosco e dirigersi (di nuovo) verso via Livilla. Gli agenti lo fermano, lui non oppone resistenza. Non parla italiano e nemmeno l’inglese. Porge loro lo zaino per un’ispezione. Ecco che salta fuori il suo passaporto, lo stesso delle ricerche. Negli oggetti riposti all’interno c’è del sangue. L’uomo viene portato in Questura, lo zaino sequestrato. Fa un cenno come a indicare il palazzo della mattanza, una sorta di ammissione. Forse, disorientato e confuso non conoscendo bene le strade, voleva raggiungere la vicina fermata della metro a quell’ora ancora aperta.