Roma, l'evasione di don Ruggero, Il tassista che lo ha portato: «È stato aiutato, l'hanno fatto andare via»

Roma, l'evasione di don Ruggero, Il tassista che lo ha portato: «È stato aiutato, l'hanno fatto andare via»
di Alessia Marani
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Domenica 1 Ottobre 2017, 09:09 - Ultimo aggiornamento: 2 Ottobre, 14:29

Don Ruggero Conti aveva almeno un complice nella fuga. Che gli ha consegnato un ipad e soldi contanti. E prima di salire sul taxi della libertà ha preparato un grande trolley rosso con tutte le sue cose, ha salutato con calma alcuni compagni di degenza e si è persino attardato con uno di loro a chiacchierare davanti al cancello (e alle telecamere) della clinica psichiatrica Von Biesenthal di Genzano. Quindi la partenza sull'auto bianca, lontano dagli arresti domiciliari disposti per motivi di salute e, soprattutto, dal carcere nel quale a breve sarebbe dovuto tornare. A ricostruire la rocambolesca evasione dell'ex prete pedofilo di Selva Candida (terminata venerdì sera al San Raffaele di Milano) è Riccardo, il conducente del taxi di Marino che alle 16.39 di martedì ha ricevuto la chiamata del sacerdote condannato in Cassazione a 14 anni e 2 mesi. Undici quelli ancora da scontare dietro le sbarre. Riccardo racconta l'ora trascorsa insieme, fino alle 17.45. È preciso perché la sua auto ecologia è collegata a un computer. E quel dice al Messaggero lo ha già spiegato per filo e per segno mercoledì ai carabinieri dei Castelli che lo hanno ascoltato. «Solo che allora non avevo capito perché tutto quell'interesse, mentre dopo avere letto il giornale me ne sono reso conto».

 

LA RICOSTRUZIONE
È don Ruggero a chiamare il taxi. «Ricevo la telefonata alla colonnina della piazza di Marino, gli dico che in 10 minuti sono alla clinica», racconta Riccardo. Quando il tassista arriva davanti alla Von Biesenthal, l'ex sacerdote sta uscendo. «È una montagna d'uomo, trascinava un trolley rosso enorme. Stava salutando un ragazzo, mentre altre cinque sei persone entravano e uscivano dal cancello pedonale. Bisogna suonare per farsi aprire, ci sono le telecamere. Nessuno lo ha fermato». Don Ruggero sale, si siede sul sedile accanto al guidatore, «perché dietro non ci entrava». Il taxi percorre qualche metro, «poi mi chiede di fermarmi. Arriva un tipo calvo con gli occhiali sui trent'anni, che gli porta un tablet e gli consegna 140/180 euro in tagli da 20. Partiamo». Don Ruggero parla con qualcuno al telefono, «diceva che il fratello stava meglio e che lo facevano uscire, ma secondo me non parlava con nessuno, faceva finta». Chiede di essere portato all'aeroporto di Fiumicino. «Ma quando siamo sull'Appia cambia idea - dice Riccardo - vuole che lo porti in via Portuense, a Monteverde, dalla moglie». Ci ripensa ancora. «Mi chiede di portarlo sull'Ardeatina passando però per via di Fioranello. Quando siamo in campagna inizia anche a criticare il degrado e il fatto che ci siano le prostitute in strada». La corsa termina in via Millevoi, «mi aspettano degli amici, vada pure», gli dice don Ruggero. Che paga con carta di credito. «Insisteva perché vedessi il suo documento». Chi ha aiutato don Ruggero? Come ha raggiunto Milano? Il suo difensore sostiene che volesse andare lì per costituirsi. Una versione che gli inquirenti ritengono poco credibile.