Banda degli agenti, anche Zavoli nel mirino

L'ingresso della villa a Monteporzio Catone di Sergio Zavoli
L'ingresso della villa a Monteporzio Catone di Sergio Zavoli
di Riccardo Tagliapietra
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Lunedì 13 Gennaio 2014, 08:17 - Ultimo aggiornamento: 18:00
Il romano ricordato da Sergio Zavoli durante la rapina avvenuta un anno fa nella sua villa di Monteporzio Catone potrebbe essere uno dei poliziotti arrestati l’altro giorno dalla polstrada. Gli investigatori stanno lavorando a una serie di colpi perpetrati dalla banda nella zona dei Castelli, compreso quello al famoso giornalista. Sono almeno una ventina gli assalti di banditi armati e incappucciati, giudicati «interessanti», avvenuti negli ultimi due anni. In carcere, l’altro ieri, erano finiti quattro poliziotti e tre stranieri. Due investigatori erano ancora in servizio, il sovrintendente Corrado Martello del commissariato Aurelio e il collega Roberto Cresci di Frascati. Sarebbero loro la famigerata gang di falsi finanzieri che dall’inizio dell’anno scorso ha colpito all’Ardeatino e a Castel di Leva. E tra le armi usate dal commando ci potrebbero essere state anche le pistole d’ordinanza dei poliziotti, caricate con proiettili «civili», al posto di quelli blindati d’ordinanza, molto più facilmente identificabili in caso di conflitto a fuoco, a causa della camicia di ottone attorno al proiettile, rispetto al normale piombo. Una verifica affidata agli esperti di balistica e ai laboratori.



Altri complici Ma l’inchiesta ha solo congelato parte dell’attività del gruppo. Perché i componenti della banda non sarebbero stati tutti assicurati alla giustizia. All’appello mancherebbero alcuni nomi. Non si tratterebbe di altri poliziotti, ma di persone che partecipavano ai colpi e che fornivano attrezzature e automobili rubate. Che facevano parte di un commando specializzato in colpi «puliti», ma determinati. L’ultimo sarebbe avvenuto pochi giorni fa, seguito alla rapina della notte tra il 30 e il 31 dicembre ai danni di un imprenditore di Torvajanica. Ma sono tutti elementi da accertare. Certo, invece, il punto d’avvio dell’inchiesta, cominciata con un’indagine su un presunto traffico di auto rubate che dall’Est finiva in Marocco, con il coinvolgimento di alcuni poliziotti. Così erano partite le prime intercettazioni. Con cimici e cellule gps. Fino ad agganciare i telefonini degli indagati.



L’intelligence Ed è proprio dai telefoni e dalle intercettazioni ambientali che gli investigatori sono riusciti a sapere che la banda stava per preparare un altro colpo a casa di un imprenditore che abita a Tor Sapienza. Ma la storia è tutt’altro che conclusa. «Mancano alcuni tasselli importanti per chiudere il cerchio», trapela dalla procura. E intanto si cerca di capire quante rapine siano state messe a segno dalla banda, compresa quella a casa di Zavoli, rimasta senza colpevoli.
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