Zaia (Veneto), «Meridione in affanno anche senza riforma. Frutto di mala gestio»

Zaia (Veneto), «Meridione in affanno anche senza riforma. Frutto di mala gestio»
di Paola ANCORA
5 Minuti di Lettura
Lunedì 13 Giugno 2022, 11:06 - Ultimo aggiornamento: 14 Giugno, 16:52

Luca Zaia, presidente della Regione Veneto, lei ha richiesto l'autonomia differenziata come previsto dall'articolo 116 della Costituzione. La bozza di legge quadro per la messa a terra di tale prerogativa, bozza alla quale lavora la ministra Maria Stella Gelmini, è stata definita anche la secessione dei ricchi.

La trova una definizione sbagliata?
«Mettiamo fine a queste leggende metropolitane circa il fatto che l'autonomia è la secessione dei ricchi o un atto di egoismo.

La verità è che l'autonomia è prevista dalla Costituzione, quindi chi è contro l'autonomia è contro la Costituzione. Cominciamo a mettere i puntini sulle i. L'autonomia è una vera assunzione di responsabilità e se ci sono comunità al Sud che oggi non se la passano bene e sono in gravi difficoltà sul fronte dei servizi, penso a quelli sanitari o dei rifiuti, di certo la colpa non è dell'autonomia perché l'autonomia non c'è. Probabilmente, dunque, bisogna guardare in faccia la realtà e dire che la colpa di certe situazioni è figlia di anni e anni di mala gestio, che pesa sulle condizioni di molte comunità. Noi non chiediamo l'autonomia per mettere in difficoltà queste comunità, ma il Paese deve capire che se non si dà una nuova ossatura, federalista e autonomista come ipotizzavano anche i padri costituenti, rischia di portare i libri in tribunale».


La politica pugliese - dai parlamentari alla Regione - si è detta pronta a dare battaglia, qualora il Ddl restasse com'è perché viola, sostiene, i principi costituzionali di coesione e solidarietà. Cosa risponde?
«Ripeto, chi è contro l'autonomia è contro la Carta costituzionale e nessuno può dirmi che non sia così. Le cito cosa c'è scritto nell'articolo 116: Ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia () possono essere attribuite ad altre Regioni, con legge dello Stato, su iniziativa della Regione interessata, sentiti gli enti locali (). La legge è approvata dalle Camere a maggioranza assoluta dei componenti, sulla base di intesa fra lo Stato e la Regione interessata. Chiaro, no? Anche il Capo dello Stato e la Corte costituzionale, che ha permesso la celebrazione del nostro referendum nel 2017, hanno sdoganato il regionalismo. Invito quindi la politica pugliese a salire a bordo: l'autonomia farebbe bene a tutte le regioni».

«Si definiscano prima i Lep e poi si vari la riforma»: è questa la posizione trasversale nei partiti scettici sul Ddl nella sua attuale formulazione. È d'accordo? E ritiene che, procedendo in questa maniera, si riuscirà davvero ad approvare il Ddl entro la fine della legislatura?
«Lo Stato avrebbe dovuto definire i Livelli essenziali delle prestazioni più di dieci anni fa. Ora non è che una riforma costituzionale può fermarsi per un'inadempienza non nostra».


Catapultiamoci in un futuro prossimo: il Veneto ha ottenuto l'autonomia differenziata. Come sfrutterà le competenze e le risorse nuove che avrà da gestire? Ci racconti quali orizzonti si aprirebbero, domani, per il Veneto.
«Abbiamo dimostrato che, senza autonomia, già non applichiamo l'addizionale Irpef ai cittadini veneti da 12 anni, un risparmio per le famiglie che vale quasi 1,2 miliardi l'anno. E grazie alla nostra gestione responsabile della cosa pubblica siamo comunque primi nella classifica dei Livelli essenziali di assistenza in campo sanitario. Sicuramente l'autonomia garantirebbe ulteriori migliori condizioni e servizi per l'intera comunità. Ma io penso al presente e lavoro per portare a casa una riforma storica».


Insieme a materie e risorse, chiederete la gestione del patrimonio infrastrutturale pubblico ricadente nel territorio veneto?
«Già da anni stiamo lavorando per avere una concessione forte, ad esempio, nel settore autostradale. Il che significa più risorse per la Regione, da destinare ai comparti che necessitano di aiuto, e più investimenti per migliorare l'attrattitivà socio-economica».


Energia e pensioni: la riforma apre alla possibilità che le Regioni gestiscano queste materie, per le quali ci si muove ormai in una cornice europea, non nazionale. Non le pare una sgrammaticatura istituzionale che il Veneto possa parlare per sé in fatto, per esempio, di nucleare o gas e la Campania o la Puglia debbano invece essere rappresentate da un ministero?
«L'autonomia non è la secessione, ci confronteremo sempre con ministri e rappresentanti europei. Nessuna sgrammaticatura istituzionale, semmai avremo provvedimenti più aderenti al volere dei cittadini perché frutto di confronto con chi, ogni giorno, è a contatto con le necessità della popolazione locale, ovvero le Regioni».


Cosa significa, per lei, coesione sociale? E perché ritiene, com'è ovvio supporre, che il Ddl non ne leda la sostanza?
«La coesione sociale si garantisce con servizi pubblici efficienti e moderni, uguali per tutti senza distinzioni di qualsiasi tipo. Il 40% del Pnrr andrà al Mezzogiorno: le risorse ci sono, eccome, ma ahimè non so se saranno spese. Ieri leggevo sul Sole24Ore che, secondo una relazione in Parlamento, dal 2007 al 2020 l'Italia ha speso solo il 46% proprio dei fondi di coesione europei a disposizione (206 miliardi). Appena un quarto dei progetti è arrivato al traguardo. Posso garantire che il Veneto spende tutti i fondi comunitari a disposizione, altre regioni no. La coesione dipende dunque dal fatto di avere amministratori responsabili, che solo l'autonomia può garantire».
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA