Xylella, gli ulivi resistenti ora costano il 180% in più
«Fermate le speculazioni»

Xylella, gli ulivi resistenti ora costano il 180% in più «Fermate le speculazioni»
di Maria Claudia MINERVA
3 Minuti di Lettura
Mercoledì 19 Aprile 2017, 10:39
Non è bastato l’enorme danno provocato dalla xylella fastidiosa, che in poco meno di un lustro ha messo in ginocchio gran parte dell’olivicoltura salentina, ora gli olivicoltori saranno costretti a subire anche la beffa di dover pagare un prezzo salatissimo per acquistare le varietà di olivo che scientificamente hanno dimostrato maggiore tolleranza e resistenza all’infezione. «Vere e proprie speculazioni» commentano le associazioni dei produttori. L’allarme è stato lanciato nei giorni scorsi sia dalla Coldiretti Puglia che dai singoli olivicoltori per richiamare l’attenzione su quella che si annuncia come una pericolosa deriva legata alla possibilità di reimpiantare la varietà “FS-17”, conosciuta come “favolosa”, il cui prezzo è ormai salito alle stelle.
Rincari esorbitanti rilevati all’indomani della pubblicazione dello studio, a firma del Cnr di Bari, Centro “Basile-Caramia” e l’Università di Bari, che ha dimostrato la maggiore resistenza della cultivar “favolosa” al batterio della xylella, perfino più del “leccino”, al cui tolleranza è stata indagata e certificata già lo scorso anno. Il caso è scoppiato nel momento in cui alcuni agricoltori, in vista della deroga al reimpianto da parte dell’Unione Europa, cercando di anticipare l’acquisto delle talee della varietà “FS-17”, si sono subito imbattuti in prezzi esorbitanti, rincarati quasi fino al 200 per cento.
Va detto che in Italia sono solo tre i vivai autorizzati dal Centro di ricerche nazionale (Cnr) alla produzione e alla vendita della cultivar “favolosa”. Uno di questi si trova a Terlizzi (Puglia), l’altro a Randazzo (Sicilia) e, infine, il terzo a Perugia (Toscana). Ed è proprio a questi vivai che si sono rivolti i produttori che nel chiedere il preventivo sull’acquisto della “favolosa” si sono ritrovati a leggere che un vaso della misura 9 centimetri per 9, con una pianta di altezza pari a 25 centimetri, costa 3 euro, quando invece appena un mese fa il suo prezzo oscillava intorno a 1 euro o 1,30. Un sovrapprezzo che sfiora il 200 per cento, al quale va sommato un altro 20 per cento: il 10 per cento di royalties e il 10 per cento di Iva.
Ma la storia si alimenta anche un altro paradosso: per una logica di spartizione di mercato, il vivaio di Terlizzi non può vendere piantine a olivicoltori di Lecce e Brindisi, costretti invece ad acquistare dal vivaio siciliano (a Randazzo), con un aggravio di costi per il trasporto oltre al ritardo nella consegna, annunciata per il prossimo ottobre. Sempre per la stessa logica, invece, Bari, Taranto, Foggia e Bat possono acquistare tranquillamente dal vivaio di Terlizzi, che può servire anche la Basilicata.
«Ormai siamo in un regime di monopolio» tuona Giovanni Melcarne, imprenditore olivicolo e presidente del Consorzio di tutela olio dop di Terra d’Otranto, che già nei giorni scorsi aveva sollecitato il presidente del Cnr nazionale, il salentino Massimo Inguscio, ad autorizzare la produzione di “favolosa” in più vivai proprio per evitare il rischio speculazioni. «Come volevasi dimostrare, alla xylella si aggiungono le speculazioni sui poveri agricoltori salentini, già vessati dal dramma della batteriosi - aggiunge -. Le piante di “favolosa” sottoposte a royalties, a pochi giorni della pubblicazione degli studi sulla sua tolleranza al batterio, hanno subito un aumento vertiginoso di prezzo, anche del 200 per cento. Quello che oggi (ieri per chi legge, ndr) ha detto il Cnr nazionale lo sapevamo già - incalza Melcarne - quello che conta adesso è fermare le speculazioni. Bisogna allargare la base dei vivai anche per un altro motivo, altrettanto importante, legato alla deroga del divieto di reimpianto. Se l’Ue concede la deroga è urgente che si mettano a dimora le piantine, perché bisogna essere subito pronti a impiantare nuove specie di olivo. Al punto in cui siamo oggi, perdere anche un solo mese significa perdere un altro anno e non ce lo possiamo permettere. Per questo è importante che si allarghi la base dei vivai autorizzati in modo che si possano mettere già a dimora le talee della cultivar, in modo che appena si sblocca il divieto ogni olivicoltore sia messo nelle condizioni di poter acquistare le piantine subito e a prezzi giusti».
© RIPRODUZIONE RISERVATA