Lo studio dell'Efsa: «La xylella è la causa primaria del disseccamento degli ulivi nel Salento»

Lo studio dell'Efsa: «La xylella è la causa primaria del disseccamento degli ulivi nel Salento»
di Maria Claudia MINERVA
2 Minuti di Lettura
Martedì 29 Marzo 2016, 16:07 - Ultimo aggiornamento: 19:25

“E' la xylella fastidiosa la causa primaria del disseccamento degli ulivi del Salento”. A dirlo è uno studio della European Food Safety Authority che dimostra la correlazione tra il batterio e la malattia che sta distruggendo gli ulivi. Secondo lo studio condotto dal Cnr di Bari, insieme al Centro di ricerca Basile Caramia di Locorotondo (Bari), le piante di olivo inoculate con xylella, sia in serra, sia in campo mostrano sintomi severi di disseccamento dopo 12 mesi dall’inoculo. Ciò in condizioni controllate che lasciano fuori tutte le altre concause ipotizzate sinora, come per esempio funghi, fitofarmaci di varia natura o condizioni ecologiche.

I ricercatori hanno condotto gli esperimenti di patogenicità su differenti varietà di olivo con risultati interessanti e che lasciano speranze di poter in futuro controllare la malattia. Una delle varietà di olivo più diffuse nel Salento, la Cellina di Nardò, sembra essere, tra quelle testate, la più incline all’infezione: la colonizzazione batterica, dopo 12 mesi, mostrava segni di diffusione in quasi tutte le piante coltivate in serra e in molte piante coltivate in campo, con notevole compromissione della crescita vegetativa e con sintomi evidenti in serra, anche se meno in campo. Invece le varietà Coratina, Leccino e Frantoio sono apparse più resistenti all'infezione, sviluppando i sintomi più tardi.

Per inoculare le piante i ricercatori hanno usato degli aghi in serra, e la sputacchina in campo. Il ceppo di xylella utilizzato proveniva da un olivo antico (detto “De Donno”) che mostra i sintomi del disseccamento e cresce nell’agro di Gallipoli, epicentro della diffusione dell’epidemia. I batteri estratti sono stati abilmente purificati e coltivati dai ricercatori: si chiama fastidiosa proprio per via della difficoltà dei primi ricercatori a coltivare in vitro questo microrganismo, che ha esigenze nutrizionali particolari.

Gli esperimenti hanno anche confermato che il Philaenus spumarius, ovvero la sputacchina, che si nutre di linfa grezza ed è molto diffuso in Puglia, trasmette il batterio all’olivo, all’oleandro e alla pianta ornamentale poligala a foglie di mirto, molto comune in Italia.

Tutte le piante inoculate saranno tenute sotto osservazione per almeno una stagione vegetativa, mentre gli esperimenti sul campo saranno portati avanti per una decina di anni.

© RIPRODUZIONE RISERVATA