Xylella, Amati: «Processo storico-politico ai responsabili della strage degli ulivi»

Xylella, Amati: «Processo storico-politico ai responsabili della strage degli ulivi»
di Maria Claudia MINERVA
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Lunedì 20 Marzo 2023, 09:09 - Ultimo aggiornamento: 12:06


«Credo sia arrivato il momento di aprire un processo storico-politico sulla strage degli ulivi per capire chi favorì il suo dilagare, con azioni, omissioni, convenienze e paure». A rilanciare sulla necessità di ristabilire la verità su xylella fastidiosa, a dieci anni dalla sua comparsa ufficiale in Puglia, è il consigliere regionale, Fabiano Amati, presidente della Commissione Programmazione e Bilancio.

Presidente Amati, lei è stato tra i politici che, da subito, oltre ad accendere i riflettori sull'avanzata del contagio, si è schierato dalla parte della scienza. Resta convinto della sua posizione?
«Non solo resto convinto, ma come ho detto prima, rilancio: è arrivato il momento di un processo storico-politico.

E secondo me, la documentazione istruttoria è nelle pagine del Quotidiano, l'unico giornale che fin dall'inizio prese una posizione chiara in favore della prova scientifica, accettando pure di subire l'odio e il dileggio. E, soprattutto, togliendo la parola, come dovrebbero fare i guardiani della democrazia, a chi diceva cose contro la prova scientifica. E in questo senso, mi sento pure di ringraziare e ricordare Renato Moro, che invitai nel 2018 al Festival della Scienza di Fasano per coordinare un panel sulla xylella, con Martelli, Boscia e Bassi, e fu l'ultima volta che lo vidi. Quindi, bisogna aprire questo processo storico-politico dove gli imputati sono chiari, si sa chi sono».


Chi sono?
«Innanzitutto, il presidente Emiliano, la maggior parte dei Cinque stelle, molta sinistra radical antagonista, finti ecologisti, qualche magistrato, qualche cantate e attore, pezzi di borghesia settentrionale venuta in Puglia per insegnarci com'era la vita di una volta, e poi quelli che stettero in silenzio, molti media che si tennero un po' di qua e un po' di là, e una rappresentanza significativa del clero. Basti pensare alla Via Crucis che i vescovi salentini organizzarono nel 2015, la prima meditazione diceva "Estirpare gli ulivi malati, la malattia di Pilato sembra aver contagiato la mente e il cuore, ci si lava le mani con un bel non c'è nient'altro da fare". Se avessero scelto un approccio più profetico, alla don Tonino Bello, avrebbero dovuto concludere per l'estirpazione come unico modo per non realizzare il Getsemani senza ulivi. E addirittura ci fu la rivista dei Paolini, "Jesus" che nel 2019 pubblicò un reportage negazionista. Io insisto sui media, perché i media che non presero posizione diretta generarono la paura negli amministratori pubblici. Infatti, all'epoca, le campagne d'odio avevano organizzato le più fantasiose teorie complottiste, tipo, per esempio, l'introduzione fraudolenta per vendere i pesticidi con l'aiuto dello Iam di Valenzano. E anche su questo, penso con tenerezza a Mimmo Lacirignola che poi ci ha lasciati». 


Cosa si sarebbe dovuto fare?
«Ascoltare gli scienziati, a cominciare da Giovanni Martelli, e anche tutti i dieci indagati che furono messi addirittura sotto processo. E applicare il Piano di Giuseppe Silletti, anche lui indagato, un galantuomo, con forte senso dello Stato, ostacolato per mere suggestioni infondate, come quella sulla legge di Atene ove era prevista la condanna a morte per chiunque avesse abbattuto un ulivo, omettendo però di considerare che in base a quella stessa legge loro sarebbero finiti a Guantànamo perché pur di evitare l'eradicazione di un ulivo malato ne favorivano l'uccisione di milioni».
Presidente Amati, vero è che all'esordio della xylella il governatore della Puglia era Vendola. 
«Sì, Vendola, pur convinto della necessità di intervenire secondo prova scientifica, era molto spaventato dalla campagna d'odio che fu orchestrata da quell'ampio fronte negazionista, anche perché fiaccato dai fatti concomitanti di Ilva, che lo vedevano in condizione di indagato».


Poi arrivò Emiliano.
«Emiliano è un situazionista. Quando lo fa sulle cose che più gli piacciono, posti di potere, primarie, congressi e compagnia cantando, nessun problema; ma l'ha fatto pure su xylella. Purtroppo. Non era ancora presidente e diceva che avrebbe risolto il problema in 100 giorni. Poi disse che abbattere gli ulivi era una decisione spropositata. E poi che l'inchiesta penale era una liberazione e che l'eradicazione era stata messa in dubbio da magistrati scrupolosi, prestigiosi e stimati. Poi che non vi era più emergenza. Che era in arrivo una cura. Nel gennaio 2019, quando organizzai una manifestazione a Monopoli con migliaia di persone che dicevano "sì", lui non c'era. Nell'estate 2019 accusò Roma di aver bloccato il Piano Silletti, dopo che qualche giorno prima aveva presentato a Conversano, con tanto di elogi, un libro sostanzialmente negazionista. Insomma, un delirio, purtroppo con terribili conseguenze.


E come si comportarono, invece, i suoi colleghi del Consiglio regionale?
«Si dividevano in varie categorie: quelli che stanno sempre dalla parte del politicamente corretto e non prendono mai posizione contro la massa, quando questa sta andando in direzione sbaglita; poi c'erano i salentini che, pur convinti della prova scientifica, omettevano di urlare per paura della piazza; c'erano quelli che abitavano in altre province che sentivano il problema molto lontano e, poi, c'era chi, come noi, a costo di prendersi insulti anche dai Cinque stelle, all'epoca con il vento in vela, batteva i pugni».

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