Bari, patto “spezza-catene” per sbloccare i cantieri: il sì di Fitto e Decaro

Bari, patto “spezza-catene” per sbloccare i cantieri: il sì di Fitto e Decaro
di Antonio BUCCI
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Domenica 27 Novembre 2022, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 09:10

Un derby di lusso, ma senza interventi a gamba tesa, quello tra Raffaele Fitto e Antonio Decaro. Anzi, il primo faccia a faccia pubblico tra i due, da quando è in carica l’esecutivo di Giorgia Meloni, ha la forma di un patto “spezza – catene” per rendere più veloci gli investimenti del Piano nazionale di ripresa e resilienza, a citare la definizione data proprio dal direttore del Foglio, Claudio Cerasa, a Bari per presentare il suo libro “Le catene della destra” e arbitro della partita. D’altro canto, l’ex europarlamentare salentino ci arriva da superministro ad Affari europei, Sud, Coesione territoriale e Pnrr e il sindaco barese da presidente Anci reduce dall’assemblea nazionale di Bergamo: «Se un esponente di governo prende un impegno con i sindaci, mi aspetto che lo mantenga, così come noi dobbiamo mantenere gli impegni con i nostri cittadini», mette in chiaro. Niente colpi sotto la cintura, ma non vuol dire non stuzzicarsi a vicenda, anche a più riprese, alla presenza dello stato maggiore dei partiti, ma pure del numero uno di Confindustria, Sergio Fontana

I numeri e il Pnrr

A fare da spartiacque sono i numeri, ma anche la certezza che lo snellimento ottenuto fin qui sul fronte burocratico non basterà: «Siamo disponibili a trovare un modo per semplificare ulteriormente la fase autorizzativa?», scandisce Decaro. E aggiunge: «Sto realizzando due asili nido, uno con i fondi Pnrr e l’altro con i fondi comunali, con il primo ho la procedura semplificata per affidamento dei lavori, progettazione, gara e assegnazione delle risorse. Per il secondo, no. Possiamo, almeno fino al 2026, provare a fare in modo che tutte le opere pubbliche seguano le stesse procedure?». Fitto non se lo fa ripetere due volte e lancia il ponte: «Certo che sì, perché non dovremmo accedere a un ragionamento di questo tipo? Il mio è rivolto al sistema Paese e non ho alcuna contrapposizione con i Comuni, anche perché ci sono tanti sindaci del centrodestra. L’obiettivo è rendere ordinario quello che è straordinario e la straordinarietà del Pnrr dovrebbe essere l’ordinarietà del Paese, abbiamo il dovere di rendere queste procedure definitive e strutturali. Insomma, il Pnrr avrà raggiunto i suoi obiettivi, se avrà inciso nel funzionamento del Paese», rilancia subito.

Anche perché, il quadro di contesto non è dei più rassicuranti: «L’indicatore della spesa evidenzia una criticità importante, se è vero che le previsioni di spesa al 31 dicembre di quest’anno sono andate assottigliandosi sempre di più. I dati che avremo a fine anno temo che non siano quelli che ci immaginiamo e che aspettavamo», ammette il titolare della delega. Tradotto, vuol dire una previsione di spesa dimezzata in poco meno di due anni. E non va meglio con i fondi ordinari: «Sulla programmazione 2014-20, abbiamo speso circa il 50% delle risorse. In otto anni, abbiamo speso la metà di un importo che sul Pnrr dovrà essere triplicato, in cinque anni», azzarda Fitto. 

I fondi e le “catene”

Le catene, appunto, sono quelle di sempre. Risultato? Con la procedura precedente, per assegnare ai palazzi municipali partendo da una Manovra, ci voleva una media tra i due e i tre anni. Sugli asili nido, per esempio - tra accordi interministeriali, bandi, risorse e riassegnazione di quelle non spese – dalla legge di bilancio di tre anni fa, ci sono ancora tre regioni commissariate che non hanno assegnato ai Comuni le risorse stanziate: «A volte, temo che tra i vincoli mi mettano anche la corsa sui carboni ardenti o il livello 256 di Pac Man, quello che non si poteva superare per il bug nel sistema, ma non può funzionare così», rincara Decaro, citando le rassicurazioni ottenute dal ministro dell’economia, Giancarlo Giorgetti, sulla legge di Bilancio, per i soldi necessari ad aumentare i costi dei progetti non rimodulabili: «Serve fiducia, anche perché i sindaci sono eletti con le preferenze e quindi, se sono dei malfattori, i cittadini li mandano a casa». 
Il primo banco di prova, a queste latitudini, era il nodo ferroviario del capoluogo, ma il Tar ha già acceso il disco rosso e le preoccupazioni non mancano: «Ci sarà un ricorso da parte di Rfi e Regione perché il tribunale ha ordinato di rifare la procedura per l’autorizzazione paesaggistica che era il tema contestato dalle associazioni», spiega il sindaco.

La politica

Sullo sfondo, c’è la politica, quella delle aule parlamentari e degli appuntamenti futuri con le urne. Vale per l’ex governatore del centrodestra e per il possibile aspirante tale, rimasto in rigoroso silenzio anche dopo l’endorsement di Michele Emiliano che lo aveva indicato per primo, in linea di successione: «Lo deciderà la comunità del centrosinistra, per altri due anni devo fare il sindaco. Poi capiremo che fare», tira dritto Decaro sulla road map da seguire. Fitto fa da garante ai suoi e mostra i muscoli: «La nostra è una coalizione che ha tutte le condizioni per poter essere definita la più stabile e unita che ci sia nel nostro Paese, che piaccia o meno. E questo, nonostante negli ultimi anni ci siano state posizioni differenti rispetto ai governi che si sono succeduti, perché non è mai venuta meno la compattezza», blinda, invitando a «fare tesoro degli errori fatti, magari sulla postura internazionale e nell’approccio con le istituzioni europee». 

Poi, è Decaro a sostituirsi all’intervistatore, quando si tratta di elencare le catene da sciogliere del centrosinistra. Specie sul congresso dei dem, per il quale pure il sindaco di Bari assicura che non correrà in prima persona da candidato alla segreteria: «Le catene delle correnti del mio partito vanno spezzate, perché servono solo ad individuare le persone eleggibili tra cinque anni» in un sistema elettorale per colpa del quale poi «si sostituisce il rapporto fiduciario tra cittadini e candidato con la fedeltà nei confronti del capo del partito». E ora? «Gli amministratori del Pd devono fare sintesi e si assumere la responsabilità di governare il partito, perché loro hanno dimostrato che si possono vincere tante e tante elezioni, al contrario di quanto avvenuto a livello nazionale. Si assumano la responsabilità di prendere il Pd per mano», auspica. «Sì ma, Bonaccini o Schlein? Sono curioso», incalza Fitto, provando a stanare il collega. «Abbiamo un presidente di Regione e due sindaci in campo, spero facciano sintesi», ribadisce lui, tratteggiando un fronte unico tra Stefano Bonaccini, Dario Nardella e Matteo Ricci. L’ex europarlamentare sorride: non era un braccio di ferro, ma sa che entrambi hanno un piede ben piantato nella Capitale e l’altro sui territori, che dalle mosse di entrambi dipendono equilibri futuri nei rispettivi schieramenti, a Roma come a Bari. E che le loro strade sono destinate ad incrociarsi ancora.

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