Viesti sull'Autonomia differenziata: «No a un Paese a coriandoli»

Viesti sull'Autonomia differenziata: «No a un Paese a coriandoli»
di Giuseppe MARTELLA
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Martedì 8 Novembre 2022, 07:04

È uno dei massimi studiosi ed esperti della autonomia regionale differenziata. Docente ordinario di Economia applicata dell’Università “Aldo Moro” di Bari, non ha mai nascosto la sua contrarietà nei riguardi di una riforma che potrebbe fare saltare per sempre gli equilibri e le possibilità di sviluppo tra Nord Italia e Mezzogiorno, tra Regioni più ricche e altre con meno capacità di programmazione e investimento. 
Professor Viesti, usciti da una campagna elettorale anomala e con un governo in carica da qualche settimana, il tema dell’autonomia differenziata è tornato al centro dell’agenda politica. Che giudizio dà a questa accelerata? 
«Pessimo. È una pessima notizia, il percorso che vuole intraprendere il nuovo esecutivo rischia di ripartire da dove si era fermato nel 2017, ossia dal momento in cui Lombardia e Veneto in particolare fecero la voce grossa sua una questione tanto complessa quanto intricata. Da quello che si intuisce interpretando il comportamento delle varie forze politiche, la Lega insiste e spinge forte per ottenere il massimo e rivendicare poi sui territori il risultato raggiunto. Resta da capire cosa accadrà in un governo guidato da Giorgia Meloni. Tutti ricordiamo l’attuale premier chiedere l’abolizione delle Regioni in nome di un centralismo che non ha, almeno sinora, mai ripudiato».
Il ministro Calderoli, titolare del dicastero agli Affari regionali e alle Autonomie, ha riavviato i contatti con i governatori di Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna. 
«E lasciato fuori da qualsiasi coinvolgimento le altre Regioni che pure sono protagoniste di una riforma mastodontica. Un metodo che lascia in verità molto perplessi. Così come non lascia dormire sonni tranquilli il fatto che analisti e studiosi della materia debbano cercare di farsi un’idea compiuta di quanto il governo voglia mettere sul tavolo basandosi su bozze ufficiose di legge quadro, così come avveniva nel corso del “Conte Uno” ai tempi della ministra Stefani. Rispetto al comportamento complessivo di Calderoli mi pare di essere di fronte a un ministro della Repubblica che parteggia per le Regioni e non per lo Stato». 
E che idea si è fatto da questa bozza di legge quadro? 
«Pessima anche in questo caso. Sembra un portone aperto nel quale è possibile fare passare qualsiasi cosa, tutte le materie possibili, senza freno alcuno ai desiderata delle Regioni. Il governo pare orientato ad accontentare in tutto i governatori che chiedono l’autonomia differenziata». 
I quali sono spinti, secondo la sua opinione, a chiedere sempre di più. Chi è più forte chiederà tutto? 
«Le Regioni hanno avanzato le loro richieste già nel 2017 e chiesto ai tempi tutto quanto si potesse chiedere e usando come testa di ponte l’articolo 116 della Costituzione, il quale però non dispone nulla in merito a cosa le Regioni possano chiedere e sul perché le richieste debbano essere accolte. È il punto di partenza errato e così l’intera questione dell’autonomia differenziata presenta diversi vulnus». 
A cosa fa riferimento nello specifico? 
«Alla estensione sterminata della possibilità di richiesta rispetto alle materie oggetto della riforma e al desiderio delle Regioni più ricche di mantenere sul territorio quanti più denari provenienti dal gettito fiscale e necessari al finanziamento dei settori per i quali chiedono l’autonomia. E ancora, grandi dubbi vi sono attorno alle modalità e ai processi tecnici che dovrebbero portare al compimento della riforma».
Tra le materie sulle quali si discute per l’autonomia differenziata c’è la cultura e l’istruzione. 
«All’interno di un calderone davvero troppo grande di situazioni che rischiano di divenire di competenza regionale, quella dell’istruzione è per me la più rilevante. La scuola pubblica è una delle istituzioni fondamentali della Repubblica. Gli insegnanti devono continuare a essere insegnanti italiani e non regionali. Così come i programmi devono mantenere il loro carattere nazionale e generale, anche se già oggi nei vari territori è possibile inserire programmazioni e approfondimenti legati alle varie zone, alla loro cultura e alle loro tradizioni».
Ma le sue preoccupazioni riguardano anche altre competenze, energia e infrastrutture ad esempio. Perché? 
«In questo particolare periodo storico è quanto mai necessario dotarsi di politiche energetiche e di scelte strategiche rispetto a esse di carattere europeo, è l’unico modo per uscire dalle secche di una situazione drammatica. Come è possibile immaginare che il Veneto diventi proprietario di una parte della “Autostrada del Sole” e il resto della infrastruttura che resta nel demanio nazionale? Gli esempi di questo tipo sarebbero molteplici». 
Mentre il governo pare correre spedito verso l’autonomia differenziata, il dibattito pubblico sulla questione è quasi del tutto assente. Chi potrebbe ravvivarlo? 
«Due partiti, in particolare. Il partito di Meloni che si chiama Fratelli d’Italia e non Fratelli di Regione e che, come detto prima, è stato sempre contrario a una riforma così pensata, e il Partito Democratico. Ma in questo caso ci troviamo di fronte a una forza politica che è dilaniata anche su questa questione così come su tanto altro. All’interno del Pd ci sono i favorevoli alla riforma dell’autonomia regionali che la vorrebbero attiva da domani e quelli contrari. E il silenzio è la scelta derivata dalla presenza di queste due anime». 
Il suo giudizio sulla riforma dell’autonomia differenziata è immutabilmente negativo?

«Non potrebbe essere altrimenti.

Il rischio serio ed evidente è quello di avere un’Italia che si muova con più difficoltà e che starà ancora peggio. Non lo dico per ideologia, ma poggiando su ragionamenti concreti, che fanno pensare a un Paese a coriandoli. La bozza Calderoli che circola in questi giorni riduce a una trattativa privata tra governo e Regioni, con il Parlamento ridotto a inutile cornice, una riforma dalla quale non si potrà più tornare indietro se non per volontà di una Regione. È bene ricordare che su una materia come quella dell’autonomia differenziata non è ammesso referendum».

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