L'economista Gianfranco Viesti su formazione e Pnrr in Puglia: «Bene le nuove risorse ma non basta. Serve intervenire su tutta la filiera»

«Bene le nuove risorse ma non basta. Serve intervenire su tutta la filiera»
«Bene le nuove risorse ma non basta. Serve intervenire su tutta la filiera»
di Alessio PIGNATELLI
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Mercoledì 27 Ottobre 2021, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 08:19

«Il gap di conoscenze e di formazione della Puglia è notevolissimo. Siamo una regione che ha delle situazioni migliori in molti campi rispetto al Mezzogiorno ma non in quello dell’istruzione. Ben venga allora il miliardo e mezzo è ma poco rispetto alle esigenze. Bisogna intervenire su tutta la filiera». Si deve fare di più, insomma. Il docente dell’Università di Bari Gianfranco Viesti, esperto di società ed economia meridionale, da tempo sprona a maggiori investimenti nel settore formativo. Troppo importante investire sul capitale umano.
Professore, il Pnrr può essere decisivo nella formazione e per colmare divari e differenze ormai storicizzati anche in questo settore?
«Tutti i dati dei nostri percorsi scolastici ci collocano in posizione molto inferiore rispetto alla media italiana che a sua volta è più bassa di quella europea. C’è da lavorare con un sentimento di lunga lena su tutte le fasi del ciclo. Questo si può fare in parte con il Pnrr ma poi soprattutto con le politiche ordinarie: dal funzionamento e dal numero degli asili nido fino all’aumento dei dottorati di ricerca. Bisogna intervenire su tutta la filiera».
Intanto, il presidente del Consiglio ha annunciato un investimento di un miliardo e mezzo per dare ulteriore slancio alla riforma degli Its: è sufficiente?
«Mi faccia dire: innanzitutto sono lietissimo di ricordare che ero assessore (al Mezzogiorno e al Diritto allo studio della Regione Puglia nel 2009-10 ndr) quando sono nati Cuccovillo e gli altri istituti. Quando l’ex ministro Gelmini diede il via, in Puglia fummo velocissimi a investire in questa gamba di formazione molto importante. I numeri in Italia restano molto piccoli, ce ne vogliono molto di più. E anche quella somma dovrebbe essere incrementata. Ripeto, poi occorre intervenire su tutta la filiera».
La ministra dell’Università e della Ricerca Messa spesso evidenzia la necessità di avvicinare formazione e imprese.
«Abbiamo bisogno di un pezzo della formazione più direttamente professionalizzante ma non dobbiamo distorcere l’università. In Germania ci sono strutture dedicate alla formazione di alto livello, seguiamo quella strada. Bisogna stare attenti a usare lo strumento giusto. Le università non sono scuole di formazione professionale, devono fornire agli studenti una formazione ampia e non finalizzata solo al lavoro altrimenti dopo dieci anni rischiano di trovarsi in difficoltà».
In Puglia, ma non solo, mancano tecnici e personale per agganciare domanda e offerta: come superare questo gap?
«C’è un bisogno straordinario di figure nel settore alimentare, nel Salento di tecnici per il comparto abbigliamento e calzature. C’è però un elemento spesso un po’ trascurato nella discussione: quanto offri a queste persone che vuoi assumere? Che tipo di contratto proponi? Quale paga? Se si vogliono tecnici specializzati o qualificati pagandoli mille euro al mese, è chiaro che Francia o Germania poi se li accaparrano come succede da anni. Se si vuole fare uno sforzo, deve essere collettivo: un neolaureato bravo va assunto e pagato per quanto vale come succede nell’Europa».
Professore, teme che il Pnrr possa trasformarsi in un boomerang senza le giuste competenze?
«Il problema di fondo resta quello sollevato sabato scorso (durante l’evento “Da Sud” organizzato dal senatore Stefàno a Lecce ndr): si sta scaricando un compito enorme sul settore pubblico locale ma non ci sono risorse umane in grado di farne fronte. I comuni devono realizzare circa metà dei nuovi investimenti pubblici, ci giochiamo molto. Vedo una tendenza che mi lascia perplesso. Si sta facendo qualcosa per garantire collaboratori a tempo determinato ma non è questa la strada. Bisogna fare concorsi per rimpolpare piante organiche che non ci sono più e offrire ai giovani posizioni a tempo indeterminato e responsabilità».

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