Il ministro Urso e gli obiettivi della manovra di governo: «Paese competitivo solo se investe nel Sud»

Il ministro Urso e gli obiettivi della manovra di governo: «Paese competitivo solo se investe nel Sud»
di Nando SANTONASTASO
5 Minuti di Lettura
Lunedì 12 Dicembre 2022, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 18 Febbraio, 03:48

«Il Paese sarà competitivo solo se investirà nel Sud». Non ha dubbi il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso, che fa il punto sugli obiettivi della manovra di governo «Vogliamo combattere la burocrazia - dice - . E sull’Ilva: «Deve diventare la più grande acciaieria ecologica d’Europa».

Ministro  Urso, le misure per il Sud decise dal governo nell’ambito della manovra e del Decreto aiuti puntano soprattutto a sostenere le imprese. Sono loro il passaggio obbligato per ridurre il divario dal Nord?
«Sì, solo le imprese creano sviluppo e occupazione. Per questo motivo abbiamo anche cambiato denominazione al ministero che ora si chiama “delle Imprese e del Made in Italy”, è la nostra missione. Ed è per questo che abbiano creato un nuovo ufficio che potrà avocare al dicastero tutto i processi autorizzativi non conclusi in tempi congrui da altre amministrazioni: il difensore civico delle imprese per combattere le lentezze della burocrazia».


Il lavoro resta l’emergenza numero uno per giovani e donne del Sud: gli sgravi fiscali evitano il peggio ma non pensa che occorrerebbero misure più strutturali?
«Sicuramente sì. Questa è la prima manovra di un governo di legislatura che ha una chiara visione di politica industriale, sociale e ambientale. Abbiamo indicato la strada e nel contempo fatto quel che era possibile compiere con le poche risorse disponibili. Due terzi della Manovra sono stati destinati a fronteggiare l’emergenza del caro energia a sostegno di imprese e famiglie, con il resto abbiano appunto sgravato l’assunzione di giovani e donne, incrementato il taglio del cuneo fiscale per i salari più bassi, aumentato il sostegno alle famiglie con figli. Ora stiamo focalizzando su interventi specifici per il Sud: la proroga del credito d’imposta sui beni strumentali per le imprese del Sud e sugli investimenti effettuati nelle Zone Economiche Speciali e nelle Zone Logistiche Semplificate; una serie di agevolazioni per la “Zona Franca Sisma Centro Italia”; il riconoscimento ex novo del credito d’imposta per le spese relative all’installazione e messa in funzione di impianti di compostaggio presso i Centri Agroalimentari presenti nel Mezzogiorno. Un pacchetto di interventi che secondo le stime ammonta a circa due miliardi».


L’industria nel Mezzogiorno resta fondamentale per la crescita dei territori, dice il recente Rapporto Svimez. Quanto è importante per il Paese poter contare su un sistema produttivo competitivo in ogni area, specie ora che la crisi energetica e l’inflazione pesano in modo così forte?
«Tanti diversi divari sono cresciuti in questi anni: tra Nord e Sud, tra giovani e anziani, tra ricchi e poveri.

Noi sappiamo che solo investendo nel Mezzogiorno si può accrescere produzione, occupazione e competitività del Paese. Peraltro, le condizioni geopolitiche con la guerra della Russia in Ucraina e la rinascita del “muro di Berlino” nella frontiera orientale dell’Europa, obbliga tutti a ripensare al Mediterraneo, quindi al Mezzogiorno come la naturale propensione dell’Europa anche nei confronti dell’Africa e del Grande Medio Oriente, non solo per quanto riguarda l’approvvigionamento di energia e di materie prime ma anche per quanto riguarda lo sviluppo e la sostenibilità ambientale. Il futuro dell’Europa è a Sud».


Il governo sembra però intenzionato a rivedere il Pnrr partendo dell’adeguamento dei costi delle materie prime che stanno complicando molti appalti. Pensa che l’Unione Europea, al di là delle prime disponibilità al dialogo, riuscirà a soddisfare le richieste italiane?
«Penso di sì. Peraltro, i primi segnali positivi li abbiamo avuti in un altro capitolo: la Commissione ci ha appena autorizzato la proroga di un anno, fino al 2023, della misura Piano voucher per le imprese finalizzata a sostenere la domanda di connettività delle micro, piccole e medie imprese, oltre che dei professionisti. Per quanto ci riguarda abbiano chiesto che lo stesso possa accadere per le risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza destinate alla transizione 4.0. Se ci autorizzeranno, potremo riutilizzare i quasi tre miliardi rimasti inutilizzati, ripristinando anche per il 2023 una aliquota pari al 40 per cento di credito di imposta. Un volano per le imprese».


Torniamo alla Manovra. Il taglio del cuneo fiscale previsto dal governo non ha convinto finora le imprese: pensa che sia possibile venire incontro alle richieste di Confindustria?
«Il taglio del cuneo fiscale è la seconda voce della manovra con oltre quattro miliardi di euro. Abbiamo rifinanziato il taglio di due punti che si esauriva a fine anno e in più abbiamo aumentato di un altro punto quello a favore dei salari più bassi. In questa fase non si poteva fare di più. Ma la direzione di marcia è quella».


Lei ha detto che per rendere più economiche le auto elettriche bisognerà pensare a nuovi incentivi. A cosa punta, in particolare?
«Abbiamo in cantiere la riforma degli incentivi che realizzeremo nei prossimi mesi dopo un confronto nel merito con i sindacati delle imprese e dei lavoratori. Nel contempo dobbiamo determinare una nuova politica industriale europea per rispondere alla sfida degli Stati Uniti che hanno realizzato in pochi mesi uno straordinario vantaggio competitivo per le loro imprese: energia a basso prezzo, risorse massicce e norme protezionistiche. Di questo parlerò proprio oggi con il commissario Breton, nell’incontro che avrò al ministero».


Il caso ex Ilva resta decisivo per il Mezzogiorno, non soltanto per il territorio tarantino o per quello pugliese: quando pensa che la proprietà tornerà interamente pubblica? E il futuro dell’occupazione di Taranto potrà essere meno incerto di oggi?
«Noi non pensiamo alla statalizzazione dell’Ilva. La condizione a cui avevano pensato governi precedenti era una salita del socio pubblico al 60% a maggio 2024. Noi ci stiamo attivamente adoperando per creare le condizioni per rilanciare l’Ilva, rafforzando la produzione siderurgica italiana, garantendo l’occupazione, salvaguardando l’ambiente. Il polo di Taranto può e deve diventare la più grande acciaieria ecologica d’Europa».

© RIPRODUZIONE RISERVATA