Un "Colosso" a Roma per Expo 2030. E un autore è salentino

Un "Colosso" a Roma per Expo 2030. E un autore è salentino
di Leda CESARI
4 Minuti di Lettura
Domenica 4 Settembre 2022, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 17 Febbraio, 23:49

Sarebbe in competizione per dimensioni con la Tour Eiffel di Parigi e la Statua della Libertà di New York, col Colosso di Rodi - se fosse ancora al suo posto - e, se ancora esistesse, con il simulacro gigante di Nerone, voluto dallo stesso imperatore passato alla storia come incendiario (forse ingiustamente), per immortalare se stesso. Ma prenderà davvero sostanza e forma il Colosso d’autore proposto sul “Giornale dell’Arte” nei giorni scorsi da due dei maggiori esperti italiani in materia di design e creatività, ovvero Luca Josi e dal salentino Antonio Romano? La risposta a fine ottobre, quando Roma saprà se la sua candidatura a ospitare l’Expo 2030 sarà andata a buon fine. Ma soprattutto dopo il 25 settembre prossimo, quando l’Italia conoscerà i colori, le idee e le prospettive del governo conseguente al Parlamento per cui saremo chiamati a votare fra tre settimane.

La proposta


Di certo, però, la proposta dei due esperti fa già ampiamente discutere, sui giornali e negli ambienti che contano: realizzare in quel di Roma un’opera grandiosa - ed elevata al cielo, come i monti di Manzoni - destinata a diventare il simbolo della Capitale del futuro. E - si spera - l’annuncio artistico di tempi nuovi e migliori per il Paese che verrà. Un’opera d’arte capace di coniugare estro creativo e tecnologia d’avanguardia, eleganza e funzionalità, riecheggiando - perché no? - il delirio di onnipotenza neroniano e la necessità di imprimere una svolta fortemente simbolica a una Capitale del Mondo - Caput mundi - che però ha perso negli ultimi decenni la sua allure di città più bella del mondo: perché ha smesso essa per prima di credere in se stessa. La firma della proposta-provocazione, come già detto, è di Luca Josi, già alla guida della comunicazione del gruppo Tim e della relativa Fondazione, nonché curatore del progetto di recupero del Mausoleo di Augusto a Roma. E di Antonio Romano, architetto-designer magliese fondatore di Inarea, network internazionale che opera nell’ambito dei sistemi di identità per imprese, istituzioni, prodotti e servizi: considerato uno dei massimi rappresentanti italiani del brand design, è artefice con il suo gruppo di marchi come quello delle stazioni di servizio dell’Eni, della “farfallina” della Rai, del treno ad alta velocità Italo e del nome Trenitalia, dell’aquila di Confindustria, del quadrato rosso della Cgil, del marchio della Biennale di Venezia, dell’identità urbana di Milano e di Roma, dei brand di Coni e del Milan: giusto per citare solo alcuni casi arcinoti, appunto. 

La candidatura


Il progetto del nuovo Colosso andrebbe ad arricchire il dossier della candidatura di Roma a farsi sede, fra otto anni, dell’Expo, e contribuirebbe in fondo a rimediare in parte anche ad un falso storico: “Da alcuni secoli, per esempio, il monumento più visitato e iconico della nostra capitale e del nostro Paese, il Colosseo, ha smarrito il senso del suo etimo: Colosso, statua di grandi dimensioni, identica quello che è l’Anfiteatro Flavio. Ma il suo nome è legato alla statua colossale voluta da Nerone”, scrivono infatti gli autori della proposta, “e successivamente, fatta collocare da Adriano sul piano dello stesso; un basamento (come per la Statua della Libertà a New York, realizzata sempre in concorso con il genio di Eiffel) ne elevava l’altezza per farla allineare con quella dello stadio”. Da quel momento, la forza dell’immagine cancellò il nome originale dell’arena, “e si perpetuò anche al di là della scomparsa della stessa statua (l’Anfiteatro Flavio è sotto i nostri occhi e continua a chiamarsi Colosseo invogliando imitazioni in tutto il mondo). Perché per il 2030, in questa occasione unica e irripetibile che l’Expo rappresenta per raccontarsi al mondo, non alimentiamo la scelta di avere l’uomo al centro del racconto?”. 
E perché non coinvolgere nella sfida grandi nomi dell’arte contemporanea - Da Damien Hirst a Maurizio Cattelan - e una giuria, magari planetaria, di studenti in arti visive, architettoniche e artistiche - “a celebrazione di un mondo sempre più digitale e connesso? Quasi un atto di psico-magia, insomma - concludono Josi e Romano - per realizzare “un Colosso della Rinascita capace di riconsegnare al mondo un’immagine dell’inesauribile forza e storia di questa città eterna”.

© RIPRODUZIONE RISERVATA