Trivelle, si accelera. Meloni: «Più gas dai nostri mari». Ecco i siti in Puglia

Trivelle, si accelera. Meloni: «Più gas dai nostri mari». Ecco i siti in Puglia
di Giuseppe ANDRIANI
5 Minuti di Lettura
Venerdì 28 Ottobre 2022, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 18 Febbraio, 02:08

«I nostri mari possiedono giacimenti di gas che abbiamo il dovere di sfruttare appieno». Giorgia Meloni ha aperto alle trivellazioni a terra e in mare per aumentare la produzione di gas. Nel discorso alla Camera dei Deputati per chiedere la fiducia al Governo è emerso chiaro l’indirizzo programmatico del nuovo esecutivo su un tema che tocca da vicino la Puglia. Già Roberto Cingolani, ministro della Transizione ecologica nel governo Draghi, aveva spiegato di voler aggiornare le concessioni per la ricerca di gas, soprattutto in mare. Aveva parlato, appena qualche settimana fa, di quattro o cinque miliardi di metri cubi in più di gas per dare fiato alle aziende italiane in difficoltà. Adesso toccherà a Gilberto Pichetto Fratin (che assumerà la denominazione di ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica) portare avanti la politica della produzione di gas nazionale. 
Aumentare il “gas italiano” (al momento la produzione è ferma a non più di 4 miliardi di metri cubi all’anno, che coprono meno del 5% dell’utilizzo sull’intero suolo nazionale) tanto come risposta al momento e alla crisi dell’energia scaturita dalla guerra in Ucraina quanto come soluzione di prospettiva, per evitare che una situazione come quella attuale possa ripetersi. Il quadro, però, è più complesso. 

Il piano e le trivelle

A febbraio scorso l’allora Ministero della Transizione Ecologica pubblicò il Pitesai (“Piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee”, chiamato anche piano trivelle) con cui venivano normate le zone nelle quali si può procedere con la ricerca e l’estrazione di gas e quelle nelle quali è vietato. Le trivelle attive in Italia sono novanta fra terra e mare (dati Assorisorse) in 15 regioni, tra cui anche la Puglia (sono escluse Liguria, Val d’Aosta, Trentino Alto Adige e Sardegna). Nel Pitesai per la Puglia si parla di undici concessioni per la “coltivazione di idrocarburi” e un totale di superficie di 641,58 chilometri quadrati. Si tratta di richieste a largo dell’Adriatico e nello Ionio, tutte comunque in mare e tutte - chiaramente - nel rispetto delle normative nazionali sulla distanza dalla costa. In un macro discorso che riguarda un incremento delle trivellazioni e un aumento della produzione di gas la Puglia può essere centrale. Così come sarà centrale anche nelle intenzioni del governo sull’energia pulita: Meloni nel discorso alla Camera dei Deputati ha detto che «la nostra Nazione, in particolare il Mezzogiorno, è il paradiso delle rinnovabili, con il suo sole, il vento, il calore della terra, le maree e i fiumi. Un patrimonio di energia verde troppo spesso bloccato da burocrazia e veti incomprensibili». 
Gli ultimi dati del Ministero dello Sviluppo Economico, inoltre, hanno evidenziato come vi sia stata una contrazione progressiva della quantità del gas estratto dai mari pugliesi negli ultimi anni. Se nel 2012 si estraevano otto milioni metri cubi di gas, nel 2021 si è arrivati “appena” a un milione e 876mila metri cubi. E nei primi sei mesi del 2022 l’Italia è ferma a 876mila metri cubi di gas. Meno della metà rispetto a un anno prima. La maggioranza dei giacimenti sfruttati si trovano al largo delle coste emiliano-romagnole, che di solito producono fra la metà e i due terzi del gas estratto dai mari italiani. Se a queste aree si sommano quelle del basso Adriatico (di fronte alle coste di Marche, Abruzzo, Molise e del nord della Puglia) si ottiene la quasi totalità del gas estratto nei mari italiani. Nei primi sei mesi del 2022 l’area estrattiva dell’Alto Adriatico ha prodotto il 51,7% del gas off-shore, il 32,6% arriva dalla zona del medio adriatico, mentre il 15,4% dai giacimenti al largo delle coste pugliesi.
E i numeri sulla produzione di gas nella totalità delle aree italiane, sia per mare che per terra, è stata ridotta allo stesso modo dalle norme sulle autorizzazioni degli ultimi anni.

L’obiettivo, però, è rilanciare le trivellazioni in mare e sulla terraferma: secondo Assorisorse-Confindustria la produzione di gas potrebbe aumentare di 6 miliardi di metri cubi (e quindi più che raddoppiare rispetto ai numeri attuali) entro il 2025. Secondo i dati del Ministero della Transizione Ecologica in Italia vi sono riserve di metano per circa 112 miliardi di metri cubi, ancora da estrarre: 45 miliardi certi, 45 probabili e 19 possibili. Riserve che sono concentrate soprattutto al Sud, secondo quanto si legge nel Pitesai. 

Linea chiara sul gas

L’indirizzo del governo sul gas è chiaro. E da Roma rimbalza una partita parallela - ma che si incrocerà, prima o poi - rispetto a quella che si gioca a livello regionale sulla legge per le compensazioni. Una partita sicuramente più ampia. L’aumento della produzione potrà avere ricadute significative anche sul prezzo dell’energia, in un momento storico drammatico, al netto delle oscillazioni ottimistiche degli ultimi giorni. Basterà? Può essere un passo, sempre che effettivamente si prosegua nella stessa direzione. Di certo il Governo su questa strada troverà l’opposizione di ambientalisti e anche di larga parte di centrosinistra e Movimento 5 Stelle, che avevano già espresso in campagna elettorale il proprio parere contrario. E pensare che nel 2016, al Referendum sulle trivellazioni (per cui tanto si spese anche il governatore Emiliano), l’attuale maggioranza di Palazzo Chigi era sul fronte contrario, mentre Renzi, che allora guidava il Pd, invitava all’astensione. Non è solo il rovesciamento di posizioni precedenti, è anche una visione globale, su trivelle (e persino sul nucleare) capovolta e ribaltata dalla crisi energetica e dalla guerra in Ucraina. Inizia adesso un’altra partita, probabilmente la più importante.

© RIPRODUZIONE RISERVATA