Dall'Adriatico allo Jonio: trivelle, le 13 richieste che la legge può stoppare

Dall'Adriatico allo Jonio: trivelle, le 13 richieste che la legge può stoppare
di Paola COLACI
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Sabato 9 Gennaio 2021, 13:57

Un assedio a est, nell'Adriatico, con 10 richieste di trivellazione già presentate e 6.882 chilometri quadrati di fondali da setacciare. Un'incursione anche a ovest, nel Golfo di Taranto, dove la caccia agli idrocarburi passa attraverso 3 piattaforme in mare e 1.938 chilometri quadrati da esplorare. Così, con 13 istanze di permesso di ricerca e una superficie complessiva di fondali pari a 8.821 chilometri quadrati, i colossi del petrolio sono già pronti a dare l'assalto al mare di Puglia.


Un destino appeso al filo di una moratoria in scadenza quello di una regione che continua a scommettere sul turismo e punta sull'economia del mare quale volano di sviluppo. «Puglia che era e resta No Triv», come ha ribadito nella lettera inviata nei giorni scorsi dal governatore Michele Emiliano al premier Giuseppe Conte, ma che ora torna a fare i conti con lo spettro delle piattaforme in mare. Un pericolo infondato secondo il Movimento 5 Stelle che a tutti i livelli istituzionali continua a ribadire l'intenzione di stoppare definitivamente la caccia agli idrocarburi in mare. E non più solo con una moratoria - quella attualmente in vigore scadrà il 13 agosto 2021 senza che nel Decreto Milleproroghe approvato il 23 dicembre sia stata prevista alcuna proroga - ma con una legge ad hoc che introduca il blocco tombale alle trivellazioni a terra e in mare, come ha garantito nei giorni scorsi il ministro cinque stelle dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli.

Ma mentre a Roma si lavora alla norma e gli stessi deputati cinque stelle, in testa il grottagliese Giovanni Vianello, continuano a presentare interrogazioni, emendamenti e proposte di legge per blindare lo stop alla caccia a gas e idrocarburi a terra e in mare, sul tavolo del Mise e del ministero dell'Ambiente giacciono le istanze dei colossi del petrolio. Richieste di concessione - ultimo passaggio per poter avviare delle nuove estrazioni - già presentate negli anni passati da multinazionali per la maggior parte straniere, come l'australiana Global Petroleum Limited e l'inglese Northern Petroleum Ltd interessate a trivellare con il tratto di costa pugliese compreso tra Monopoli, Polignano a Mare e Ostuni. Nel dettaglio, la Global Petroleum nel 2014 aveva presentato al ministero dell'Ambiente quattro istanze per ottenere le necessarie pronunce di compatibilità ambientale relative a indagini sismiche a due dimensioni ed eventualmente a tre dimensioni, da effettuare con air gun nelle aree interessate.

Tecnica di indagine che utilizza un generatore di aria compressa ad alta pressione che serve a generare onde sismiche che colpiscono il fondale. Analizzando l'eco di ritorno è possibile ricostruire, infatti, la conformazione delle rocce che lo costituiscono e individuare eventuali depositi di idrocarburi sfruttabili commercialmente. Ma tale attività, secondo gli esperti, può essere molto dannosa per la fauna marina e che, per questo, richiede la Valutazione di impatto ambientale. Da qui, dunque, la necessità di sottoporre la richiesta a compatibilità ambientale dei progetti in aree contigue, ognuna di esse di superficie di poco inferiori ai 750 chilometri quadrati.

Contro le istanze negli anni passati avevano già avviato una strenua battaglia legale, persino davanti alla Corte di Giustizia dell'Unione Europa, la Regione e i Comuni di Monopoli, Trani e Mola di Bari. Preavviso di rigetto già inoltrato dal Mise nel 2018 alla Northern Petroleum che lungo lo stesso tratto di costa aveva presentato altre 4 richieste di trivellazione. Permessi accordati nel 2007, invece, ma a tutt'oggi sospesi per altre due piattaforme della stessa multinazionale inglese pronte a setacciare uno specchio d'acqua di 1.469 chilometri quadrati al largo delle coste di Ostuni e Brindisi. Ricerca di idrocarburi che potrebbe essere avviata già in estate, se alla moratoria in scadenza non seguirà la legge blocca-trivelle.


Ma dal Regno Unito potrebbero arrivare anche i cannoni ad aria airgun della Edison E&P, pronti a setacciare una superficie di mare pari a 729 chilometri quadrati al largo della costa di Santa Maria di Leuca. A sud-est della costa salentina c'è, infatti, uno dei più importanti giacimenti interterritoriali di metano. Un pozzo denominato Fortuna Prospect - il cui raggio d'azione si divide a metà tra Italia e Grecia - che ha la stessa natura geologica delle immense riserve trovate al largo di Israele, Cipro ed Egitto. Anche per questo giacimento il permesso autorizzativo presentato da Edison è sospeso. Caccia al metano che, al contrario, è già stata autorizzata dal governo di Atene attraverso un pozzo esplorativo in un'area divisa tra Total al 50 per cento, Edison al 25 ed Hellenic al 25. Fase esplorativa che consentirà alla Grecia procedere con l'estrazione del metano. Anche in relazione alla parte italiana.


Dall'Italia potrebbero arrivare, infine, le piattaforme che puntano sullo Jonio, nel Golfo di Taranto. Due le società che negli anni passati hanno presentato tre istanze per la ricerca di idrocarburi: due portano la firma di Aleanna Italia, una di Eni. Superficie marina a rischio? 1.938 chilometri quadrati.

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