Test sierologici per scovare il coronavirus, flop in Puglia: meno del 50% ha detto sì

Test sierologici per scovare il coronavirus, flop in Puglia: meno del 50% ha detto sì
di Vincenzo DAMIANI
3 Minuti di Lettura
Martedì 7 Luglio 2020, 08:29 - Ultimo aggiornamento: 11:28
Anche in Puglia l'indagine Istat-Croce Rossa sulla circolazione del coronavirus è stato un mezzo flop: sino a ieri pomeriggio erano 3.300 i pugliesi che, in circa un mese e mezzo, hanno accettato di sottoporsi gratuitamente al test sierologico. Meno del 50% del campione individuato dall'Istat, composto da circa 8mila pugliesi e al di sotto anche dell'obiettivo minimo, cioè almeno l'80% del campione. «Purtroppo siamo in linea con i dati nazionali-  spiega il professore Pierluigi Lopalco, capo della task force pugliese per l'emergenza Covid-19 la partecipazione è stata bassa».

Un po' di scetticismo, qualche timore, un numero di telefono che non ha certo aiutato (su molti telefoni compariva come spam): queste alcune delle cause che hanno portato ad un risultato sotto le aspettative. Per Lopalco c'è un altro fattore che potrebbe aver influito: «L'indagine è partita tardi sostiene quando anche dal punto di vista mediatico l'attenzione sulla pandemia stava scemando. Questo ha portato ad un atteggiamento più superficiale, come se ormai l'emergenza fosse conclusa». Adesso toccherà all'Istat elaborare i dati per capire come e quanto il Coronavirus ha circolato su tutto il territorio nazionale e su quello pugliese. «Occorrerà attendere ancora qualche settimana, ma in Puglia sicuramente avremo un risultato sotto all'1%». Se il dato fornito dal professore Lopalco fosse confermato, significa che su 3.300 persone che si sono sottoposte al test sierologico meno di 33 dovrebbero avere gli anticorpi. A livello nazionale, su un campione di 190mila persone, soltanto 70mila italiani hanno risposto alla chiamata della Croce Rossa. E i test stanno per scadere: a metà luglio saranno già inutilizzabili per l'indagine. Le 190mila telefonate a tappeto della Croce Rossa sono iniziate un mese e mezzo fa e sono ora giunte quasi alla conclusione. Molti non rispondono neanche dopo 15 chiamate, mentre tanti altri rifiutano di sottoporsi al test.

Lo studio doveva durare solamente due settimane, invece si è protratto fino a oltre un mese e mezzo proprio per le difficoltà della Cri di convincere gli italiani. L'obiettivo era raggiungere l'80% del campione teorico, anche per questo l'Istat aveva aggiunto altre 40mila persone nella lista di quelle da chiamare. In totale quindi un'indagine su un campione di partenza più alto di quello teorico, pari a 190mila soggetti da raggiungere con una telefonata, con la speranza di avere 150mila risposte di cui almeno 120mila positive, cioè almeno l'80% disposto a sottoporsi al test. Ma difficilmente si raggiungerà quanto prefissato. Sul buon senso di partecipare a un'indagine che garantiva l'anonimato e che potrebbe essere potenzialmente utile per fini epidemiologici, ha prevalso la paura di ripiombare di nuovo nell'incubo del Covid o di doversi di nuovo chiudere in casa perché positivi. Tra i problemi anche alcuni cortocircuiti del sistema, per molti nominativi manca il numero di telefono da ricercare quindi nei database delle Aziende sanitarie regionali o tramite i comuni.

A fare da contraltare ai molti no le tante chiamate arrivate su base volontaria dai singoli cittadini che avrebbero voluto proporsi per il test, ma che non hanno potuto. Per realizzare l'indagine epidemiologica, il governo ha investito oltre 4 milioni di euro, senza contare i fondi messi in campo dall'Istat. Di questi 220mila euro sono stati spesi per la realizzazione della piattaforma tecnologica e 700mila per la conservazione dei campioni raccolti presso la banca biologica, istituita all'Istituto Spallanzani di Roma. Per il lavoro svolto dalla Cri, invece, prevista una spesa di 1,7 milioni di euro, mentre per l'acquisto dei dispositivi idonei alla somministrazione del test sierologico, cioè kit comprensivi di reagenti, il fondo a disposizione era di 1,5 milioni di euro.

Anche l'App Immuni, al momento, in Puglia si è dimostrata poco utile: solo due le segnalazioni in quasi un mese e, peraltro, entrambe si sono rilevate dei falsi positivi, cioè le due persone che avevano ricevuto il messaggio sono poi risultate negative al tampone. Nella comunicazione sull'applicazione Immuni «è stato fatto troppo poco e c'è stato autolesionismo da parte della politica: dire agli italiani che così ti controllano mentre questa app, poverina, assolutamente non lo fa. Immuni garantisce totalmente la privacy», si è lamentato ieri il sottosegretario Sandra Zampa ospite di TimeLine su SkyTg24.
© RIPRODUZIONE RISERVATA