Tap, è un tutti contro tutti su revisionismo e ristori

Tap, è un tutti contro tutti su revisionismo e ristori
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Lunedì 17 Settembre 2018, 08:34

La lite (a posteriori) sulla ricostruzione storica, il braccio di ferro nel governo gialloverde, le spaccature profonde sulla partita dei ristori territoriali. La partita Tap si sta giocando su tre piani, in questi giorni. Uno più turbolento dell'altro. Le parole di Ezio Conte, ex sindaco di San Donato, hanno sollevato il velo sul passato: «Basta ipocrisie, sul gasdotto a San Foca tutti i sindaci erano d'accordo. Ero presente quando il sindaco di Melendugno, il compianto Vittorio Potì, ci convocò con i responsabili Tap». Azione e reazione: a minare le tesi di Conte ieri è stato il Comitato NoTap. Non basta, perché intanto Sergio Blasi (consigliere regionale Pd) ha replicato all'attuale sindaco melendugnese, Marco Potì: «Nessuna incoerenza. Ero e sono contrario all'approdo a San Foca, ma la protesta di oggi è strumentale». Non finisce qui: a sparare a palle incatenate contro Matteo Salvini (ergo: contro il governo) ieri s'è messo pure Diego De Lorenzis, deputato dei cinque stelle (partner di maggioranza della Lega e dunque di Salvini).
Proprio quest'ultimo tassello spiega quanto è caotico il quadro. Il governo entro fine anno completerà l'analisi costi-benefici e deciderà quale destino riservare al gasdotto con approdo nel Salento. Ma l'esecutivo pentaleghista è un variopinto caleidoscopio: si spazia dai sostenitori a viso aperto dell'opera (tra cui Salvini, ma sotto il segno dei diplomatici via libera si sono espressi anche i ministri tecnici Giovanni Tria ed Enzo Moavero Milanesi), ai tattici palleggiatori (il premier Giuseppe Conte, i cinque stelle Luigi Di Maio e Danilo Toninelli, pur con professioni di fede al fronte del no), fino agli oltranzisti dell'opposizione al metanodotto (in primis, ma rischia d'essere sempre più isolata, la ministra salentina dei cinque stelle Barbara Lezzi). Le dichiarazioni di De Lorenzis sintetizzano il cortocircuito di governo, e rappresentano efficacemente i timori che divorano in queste settimane il M5s pugliese: «Volere il gasdotto per uno sconto in bolletta del 10% (come sostiene Salvini, ndr) vuol dire non avere argomenti e propagandare slogan sperando che qualcuno abbocchi alle solite promesse, uguali a quelle di Emiliano e a quelle volute per far accettare Ilva ai tarantini e le trivelle in Val D'Agri in Basilicata da tutti i partiti e i politici di professione della prima Repubblica. Un gasdotto che deroga alle direttive Ue sulla concorrenza, e il mercato non porta nessuna riduzione dei prezzi dell'energia. Anche se si potesse avere una riduzione della bolletta con un accordo politico, l'esperienza dimostra che l'effetto reale è un generale impoverimento, testimoniato da bassi redditi procapite e altissime percentuali di disoccupati (molto oltre le medie del Sud Italia). L'ignoranza con cui i tanti promotori del gasdotto portano avanti il dibattito è disarmante. Lo ripetiamo - continua De Lorenzis - siamo contrari a Tap a prescindere dall'approdo».
Il Comitato No Tap invece replica a muso duro a Conte, l'ex sindaco di San Donato: «Che senso ha tirare fuori il nome di una persona morta il 23 ottobre 2011 (Vittorio Potì, ndr), che può anche aver avuto contatti con Tap, ma sicuramente non ha mai visto il progetto? Tra l'altro, l'arrampicatore politico di turno parla di un incontro tra Vittorio Potì e Giampaolo Russo, che invece è diventato ad di Tap nel 2012 (ndr: ma l'incontro fu con Paolo Pasteris, predecessore di Russo). Perché dire che i sindaci erano tutti d'accordo, quando le carte dicono altro? Ma sopratutto, perché Tap ha abbandonato l'approdo di Brindisi dove aveva già un progetto esecutivo nel 2010? Sapete tutti che noi siamo contrari all'opera ovunque venga proposta perché la riteniamo inutile e dannosa in ogni posto, ma non sarà che Tap non voleva accollarsi le bonifiche, come richiesto dal Comune di Brindisi? Se così fosse, Tap è a Melendugno per una mera speculazione della stessa società, e il problema di Tap era, allora come ora, spendere il meno possibile».
Il botta e risposta tra Blasi e Potì è invece il terzo filone. Breve riassunto: in una intervista a Quotidiano, il consigliere Pd ha parlato di «ipocrisie» di M5s e sindaco di Melendugno nella battaglia contro il gasdotto, in sostanza l'opera ormai si farà e allora meglio convogliare le energie sui ristori (in primis il prezzo del gas calmierato per decarbonizzare); Potì ha replicato difendendo la ferma opposizione all'opera, la battaglia nel merito, il fronte dei sindaci e accusando nemmeno troppo velatamente il consigliere Pd («a ridosso delle elezioni del 4 marzo mi fece sapere che la sua contrarietà al gasdotto di San Foca era rimasta inalterata. Oggi invece scopriamo che ancora una volta ha cambiato posizione, smette di contrastarla, anzi la caldeggia. Mi esprimeva allora solidarietà e condivisione, ora invece spara bordate nei miei riguardi. Sembra che in questo momento abbia assunto, probabilmente su impulso di qualcuno, il ruolo di facilitatore dell'opera»).

Ieri, la controreplica di Blasi: «Per alcuni la foto che mi ritrae con la bandiera No Tap al fianco del sindaco di Melendugno sarebbe la prova della mia incoerenza. Ribadisco: ero, sono e sarò contrario all'approdo di Tap a San Foca». «Quel che qui ha davvero importanza non è il sottoscritto, ma è la presa in giro che il M5s e Potì continuano a perpetrare nei confronti di questo territorio e dei cittadini. Potì, in particolare, si sta rendendo complice di quella pagliacciata chiamata analisi costi-benefici e della propaganda a cinque stelle, che dice tutto e il contrario di tutto. Cioè niente». «Il cambio di registro di Potì e di molti amministratori locali nei confronti di questo governo è il segno tangibile della strumentalità che ha assunto questa protesta, ed è per questo che io oggi ne prendo le distanze. Per coerenza, appunto, come dimostra quella foto. Perché nella genuinità di quella battaglia ci credevo e adesso non più. E allora, invece di dirsi rassicurato dopo il colloquio con Conte a Roma in agosto, perché Potì non ha chiesto al premier del finanziamento di 500 milioni concesso giusto il mese prima dalla Bers a Tap (e se lo ha fatto, non ne abbiamo notizia), per cui anche l'Italia, attraverso Filippo Giansante, nominato nel board della Banca dal Ministero Economia e Finanze, ha dato parere positivo? E perché nessuna bandiera No Tap ha sventolato all'inaugurazione della Fiera del Levante, come negli anni passati? Chi oggi guarda alla possibilità concreta di liberarsi dal carbone o chi continua a fare il rivoluzionario senza rivoluzione, mentendo sapendo di mentire? Sia chiaro, che la Tap molto probabilmente si farà non lo dico io, lo dice questo governo. Lo dice l'imbarazzo del M5s, che su questo tema, come per tutti i nodi che riguardano le grandi opere, manda avanti Salvini-il-cattivo a dire le cose che loro non sono in grado di dire».

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