Tasse, i pugliesi "esclusi" dal taglio: «Manovra iniqua». Ecco perché

La riduzione del peso fiscale annunciata dal Governo Draghi con la legge di Bilancio potrebbe infatti non portare alcun beneficio ai cittadini di Puglia

Tasse, i pugliesi "esclusi" dal taglio: «Manovra iniqua». Ecco perché
di Andrea TAFURO
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Venerdì 12 Novembre 2021, 05:05 - Ultimo aggiornamento: 13 Novembre, 19:01

Taglio delle tasse? Non per i pugliesi o, almeno, non per la stragrande maggioranza di loro. La riduzione del peso fiscale complessivo annunciata dal Governo Draghi con la legge di Bilancio potrebbe infatti non portare alcun beneficio alle già provate tasche dei cittadini di Puglia, chiamati a misurarsi anche con i rincari generalizzati dei principali beni di consumo. Parliamo di due milioni e mezzo di contribuenti, pari al 6,23% del totale nazionale, per un reddito complessivo che ammonta a 42,7 milioni di euro, ovvero una media di 16.910 euro pro capite.

La beffa per i pugliesi

Il reddito imponibile medio per contribuente pugliese- cioè quello in base al quale vengono calcolate le tasse - è invece di 16.580 euro. Un dato da mandare a memoria.
Perché la manovra annunciata da Draghi - che ha più volte insistito sulla «qualità ed equità» della crescita che si vuole ottenere - rischia di non essere avvertita dai pugliesi e di suonare un po’ come la beffa, in aggiunta al danno? È presto detto. Secondo le stime sugli effetti del taglio delle tasse inserito nella manovra, ancora in itinere, questo inciderebbe di più sui redditi sopra i 28.500. L'Irpef lorda è determinata infatti applicando aliquote che vanno dal 23 al 43%, ma in modo cosiddetto “progressivo”. Ad esempio, a un reddito di 50.000 si applicherà il 23% sui primi 15.000, il 27% da 15.000,01 a 28.000 euro e il 38% sulla fascia che va dai 28.000,01 ai 50.000 euro. Proprio su quest’ultima aliquota l’esecutivo prevede di intervenire, con il taglio più significativo di circa due punti percentuali. Ma, come abbiamo scritto, la media del reddito pro capite dei pugliesi è ben al di sotto dei 28mila euro, ferma a 16.580 euro. 

Cgil: manovra contraria a nostre priorità


Partendo da questo dato la proposta di riforma, finirebbe per dare maggiori vantaggi sulle imposte ai redditi più alti, concentrati soprattutto al Centro-Nord. Si tratta, va specificato, solo di ipotesi chiaramente, giacché la Legge di Bilancio dovrà affrontare l’esame delle Camere e potrà subire variazioni, ma tanto è bastato, fino a oggi, per accendere la polemica, in particolare dai sindacati. 
Abbiamo chiesto che le risorse per il fisco servissero ad aumentare le pensioni e i salari più bassi. Ci ritroviamo con ipotesi di aliquote ridotte per fasce di reddito medio alte e la previsione di un taglio dell’Iva che rappresenta oggi la più importante voce di finanziamento del Sistema sanitario nazionale. La Cgil - tuona Pino Gesmundo, segretario generale della Cgil Puglia - l’ha detto nella risoluzione approvata dall’assemblea nazionale di pochi giorni fa: in linea generale la Legge di Bilancio non risponde alla nostra priorità di attenuare le disuguaglianze sociali ed economiche, a partire dal Mezzogiorno, disuglianze che si sono accentuate durante la pandemia. Se si avvantaggiano i redditi oltre i 35mila euro non possiamo certo dire che si va incontro alle esigenze del lavoro salariato più povero». Il data analyst Davide Stasi, che ha raccolto ed elaborato i dati sui redditi, fornisce una lettura di insieme dei numeri: I contribuenti italiani che hanno assolto all’obbligo di presentazione della dichiarazione dei redditi Irpef nell’anno 2020 - afferma - in via diretta, attraverso i modelli Redditi e 730, o indiretta perché sottoposti a trattenute per opera del soggetto che eroga loro i redditi (Certificazione Unica) sono stati oltre 41,5 milioni, in aumento dello 0,4 per cento rispetto all’anno precedente. Il reddito complessivo ammonta a circa 884,4 miliardi di euro, per un valore medio di 21.800 euro (+0,6 per cento rispetto all’anno prima). L’analisi territoriale mostra che la regione con il reddito medio complessivo più elevato è la Lombardia (25.780 euro), mentre la Calabria ha il reddito medio più basso (15.600 euro). La Puglia si colloca al 17esimo posto in Italia. Analizzando tutte le regioni italiane – sottolinea Stasi - rimane notevole la distanza tra il reddito medio delle regioni centro-settentrionali e quello delle regioni meridionali». Una distanza che, oggi, non si capisce come si dovrebbe riuscire a colmare. 
Rincari generalizzati, scarsa incisività della manovra per sollevare i contribuenti meridionali e pugliesi dalle troppe tasse e fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza che, fino a oggi, hanno sostituito finanziamenti già previsti per progetti già pronti. La rincorsa per lo slancio necessario verso il futuro, al momento, non c’è davvero. 
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