Sud, Pnrr e futuro, Bianchi (Svimez) sul ruolo di Fitto: «Decisivo per il Mezzogiorno»

«E sullo spettro dell'autonomia differenziata vigileremo» ha aggiunto il direttore

Luca Bianchi (direttore Svimez)
Luca Bianchi (direttore Svimez)
di Alessio PIGNATELLI
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Martedì 25 Ottobre 2022, 05:00

«Attendiamo, ci sono stati alcuni primi passi concreti che possono dare un indirizzo. Vediamo adesso le prossime mosse del governo per capire gli scenari futuri per il Sud».
Un po’ di prudenza necessaria e comprensibile per scrutare l’esecutivo targato Meloni. Luca Bianchi, direttore Svimez (l’associazione per lo sviluppo del Mezzogiorno), analizza il quadro che si sta delineando con i nuovi dicasteri e le competenze che impatteranno direttamente sul Meridione.
Direttore, partiamo da alcuni cambiamenti che vanno oltre la forma e la titolazione: cosa significa aver scorporato Sud e Coesione in due ministeri? 
«Ovviamente è difficile dirlo fin quando non conosciamo le deleghe. In linea di massima, però, voglio sottolineare un altro aspetto, ossia il parallelo accorpamento di politiche di coesione con Pnrr e affari europei. Potenzialmente, è un fatto positivo: più volte abbiamo detto che c’era un problema di coordinamento e di sovrapposizione tra politiche di coesione e Pnrr che poi hanno gli stessi obiettivi sostanzialmente. Con il rischio che una delle due politiche schiacciasse l’altra. Se questa modifica va nella direzione di un maggior coordinamento degli interventi e di un allineamento di alcune procedure semplificate del Pnrr, può essere un tema rilevante. È chiaro che, tornando alla sua domanda, dovremmo capire la delega politica sul Sud come si eserciterà non avendo la politica di coesione. Tutto dipenderà da come viene scritta».
Un nome su tutti, Raffaele Fitto gestirà Affari europei, Coesione territoriale e Pnrr: tecnicamente senza portafoglio ma decisamente il fulcro per il futuro del Sud.
«È un super portafoglio, altro che. Anche se poi, com’è noto, le politiche di coesione sono di titolarità prevalente di singoli ministeri e regioni per la spesa diretta. Però ha un coordinamento su una quantità di risorse per il Mezzogiorno consistente. La vera partita per il Sud si gioca in questo contesto».
È una garanzia avere un pugliese in quel ruolo?
«È un nome di garanzia e competenza soprattutto per un’esperienza europea che è il tema più rilevante. Su questo insisto: la risposta per il Mezzogiorno deve arrivare in gran parte dall’Europa. Il vero cambio di passo degli ultimi anni è arrivato soprattutto grazie all’identificazione della riduzione dei divari come obiettivo europeo. Da questo punto di vista, quanto più si europeizza la politica del Mezzogiorno tanto più potrebbe essere un vantaggio. E la scelta di Fitto, sotto questo punto di vista, ci rassicura».
Quali sono le esigenze principali dei vari dossier?
«Accelerare sulla spesa del vecchio ciclo, impostare bene la nuova programmazione e coordinarsi con i vari interventi. La mia impressione è che le amministrazioni siano prese dalle scadenze strette del Pnrr e stiano un po’ ritardando sugli interventi della politica di coesione. Anche la stessa stesura dei piani operativi sembra procedere un po’ al rilento. A fine luglio è stato approvato l’accordo di partenariato, questi mesi ora diventano decisivi».
Ha invece qualche perplessità o timore per le prossime decisioni del nuovo governo?
«Più che altro c’è uno spettro che aleggia. È il fantasma dell’autonomia differenziata: nel programma del centrodestra c’era una proposta che secondo noi non è compatibile con l’attuazione di un federalismo cooperativo e solidale. Per com’è stata ideata, è un ampliamento delle diseguaglianze soprattutto su comparti essenziali come l’assistenza. Rischiamo di aumentare ancora più le diseguaglianze».

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