Sud Est, la relazione choc dei commissari: «Smarrita la missione, tutto inghiottito da consulenze e incarichi»

Sud Est, la relazione choc dei commissari: «Smarrita la missione, tutto inghiottito da consulenze e incarichi»
di Francesco G. GIOFFREDI
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Domenica 20 Marzo 2016, 06:19 - Ultimo aggiornamento: 13:20

La diagnosi è spietata, quasi disperata. Un’antologia di falle strutturali, malagestione, verticismo del tutto discrezionale e avulso da controlli d’organismi di vigilanza, consulenze e incarichi senza freni, con inevitabili effetti sul (non) servizio erogato all’utenza pugliese: è un quadro a tinte fosche quello affrescato nelle 100 pagine di relazione tecnica sul malfermo stato di salute di Ferrovie Sud Est, l’azienda pubblica del trasporto pugliese su ferro e gomma, partecipata per intero dal ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture e legata da un contratto di servizio alla Regione. La firma in calce alla relazione sull’ultimo decennio Fse è del commissario Andrea Viero e dei subcommissari Domenico Mariani e Angelo Mautone, la triade dei risanatori nominata dal ministro Graziano Delrio, in autunno nella veste di consiglio d’amministrazione e poi a gennaio come unità commissariale.

«Smarrita la missione». E forse più d’ogni griglia farcita di numeri da profondo rosso (che pure ci sono, e in abbondanza, a cominciare dal debito accertato di 311 milioni) a dare il senso di tutto è l’eloquente giudizio espresso dai commissari: «Fse ha progressivamente smarrito la propria missione: il trasporto pubblico locale», una missione inghiottita - per esempio - dal burrone di consulenze e incarichi, assegnati «per perseguire più il tornaconto dell’interessato che del committente». Insomma: prebende elargite a destra e a manca durante la lunga gestione (dal 1993) di Luigi Fiorillo. Costato, solo lui e solo dal 2004 al 2015, circa 13 milioni di euro (lordi) tra compensi come amministratore unico e responsabile unico del procedimento, co.co.co. e rimborsi per il personale di Trenitalia in distacco.

I costi degli incarichi, il peso choc sulle manutenzioni. Una voragine che ha fatalmente polverizzato la qualità, o addirittura la sopravvivenza, dei servizi su treni e bus, da Bari al profondo Salento. Esternalizzazioni e consulenze negli ultimi 11 anni hanno pesato per 272 milioni di euro, quasi il 18% dei ricavi della società. Ma ancora più spiazzante è l’altra proiezione elaborata dalla relazione: «L’abnorme incidenza dei costi appare ancora più evidente - scrivono i commissari - se si confronta con quanto nel corso degli ultimi dieci anni è stato mediamente destinato alla manutenzione dei mezzi di trasporto. E nel periodo in considerazione i costi di manutenzione ammontano a circa 42 milioni di euro, la metà di quanto è stato speso per l’outsourcing (la gestione all’esterno, ndr) della contabilità, un terzo di quanto è stato speso per i sistemi informativi, poco più di quanto liquidato in spese legali e amministrative». Il risultato? Da collasso: esternalizzazioni e consulenze hanno inciso per il 647% sui costi di manutenzione.

La relazione e il ministero. La relazione è stata una via crucis, e non solo perché le Sud Est sono un pozzo senza fondo, ma anche perché - spiegano i commissari - «ottenere documenti, contratti, elaborazione di dati contabili è stato particolarmente difficile, tanto per lo stato di confusione e di disordine che ormai regnava in azienda, quanto per la stessa struttura organizzativa e dirigenziale, che nel tempo era stata talmente compromessa da non avere più una propria capacità di presidio della funzionalità aziendale». Tutto saltato, insomma. E per questo era scattato il commissariamento, che ha avuto come naturale conseguenza - hanno precisato ieri dal ministero - «una dettagliata e documentata relazione in merito allo stato finanziario e patrimoniale della società, alle cause che hanno determinato la grave situazione finanziaria, anche al fine di consentire al ministero di valutare le condizioni per l’esercizio dell’azione di responsabilità». Alla relazione è allegata la due diligence (l’analisi contabile) a cura della Deloitte, società di consulenza e revisione.

L’effetto della vecchia gestione è etichettato come «devastante sugli equilibri economico-finanziari della società, e ne ha depauperato il patrimonio, sino a mettere seriamente in crisi la capacità operativa di Fse e la stessa continuità aziendale», il tutto in una società pubblica da 1.300 dipendenti, con una gestione corrente da 150 milioni di euro e che gestisce investimenti per 100 milioni di euro all’anno. Potenzialità offuscate, per prima cosa, dai debiti in bilancio, dalla valanga di crediti non più esigibili, dall’esposizione con i fornitori (circa 1.600: un’enormità) per un totale di 82 milioni. La vera ferita sanguinante è però il sistema degli affidamenti e degli appalti: «La società - analizzano i commissari - ha costantemente ricorso a incarichi esterni di natura professionale, ovvero concernente la prestazione e fornitura di servizi sia per quel che riguarda l’attività propria, sia in settori del tutto estranei», incarichi assegnati «intuitu personae, senza un’adeguata valutazione di mercato», con affidamenti anche «sulla base di una semplice lettera dell’amministratore unico», figura - si legge più avanti - «dotata di forte autonomia» senza «bilanciamento di poteri», in un contesto in cui «viene fortemente ostacolata l’attività di controllo del collegio sindacale». Tanto da configurare «un’azienda fuori dall’azienda».

Gli esempi: i 2,9 milioni a padre, madre e figlio per l'archivio. E in questo “sistema duale”, che riposa sulla capillare rete di incarichi e consulenze, gli esempi zampillano da ogni parte: i 717mila euro (per 8 anni) al professor Franco Cezza per la costituzione di un archivio storico, operazione costata finora - nella triangolazione con Rita Gannuzzi, moglie di Cezza, e Gianluca Cezza, figlio dei due, tutti coinvolti a vario titolo e per diversi capitoli - 2,9 milioni di euro (e altri 2,1 avrebbero intascato da qui al 2021 se non fosse intervenuta la revoca da parte dei commissari); o gli incarichi allo studio legale Vernola, 294mila euro tra il 2013 e il 2015 per le attività più varie (tra cui anche lo studio di fattibilità sul trasporto di rifiuti degli Ato sulla rete Fse, o la redazione di programmi di valorizzazione di stazioni ferroviarie); o, ancora, gli 83 milioni (dal 2006 al 2015) per l’esternalizzazione di servizi contabili e i 116 per i sistemi informativi. Il rebus, ora, è uno: le scelte del ministero, davanti a una relazione dai toni così lividi, per salvare le Sud Est. O almeno per provarci.

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