Fse, carrozze con truffa. Il gup: Fiorillo a giudizio

Fse, carrozze con truffa. Il gup: Fiorillo a giudizio
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Mercoledì 30 Novembre 2016, 06:18 - Ultimo aggiornamento: 17:35
«Allo stato degli atti e delle acquisizioni probatorie rimane ferma la necessità della verifica dibattimentale della contestazione accusatoria». Con questa motivazione, ieri mattina il gup del Tribunale di Bari, Annachiara Mastrorilli, ha mandato a processo l’ex amministratore unico di Ferrovie Sud Est, Luigi Fiorillo al termine dell’udienza preliminare nata dall’inchiesta sulla presunta truffa dei treni polacchi, convogli acquistati da Fse ad un prezzo che, secondo la Procura barese, andrebbe oltre il loro reale valore.

Con l’avvocato tarantino sono state rinviate a giudizio altre quattro persone: Nicola Alfonso, responsabile tecnico di Fse, Giuseppe Fiaccadori, rappresentante legale di Railconsulting srl di Marmirolo, Marco Mazzocchi e Carlo Beltramelli, all’epoca dei fatti rispettivamente rappresentante legale e procuratore speciale della società polacca Varsa Sp. Z.o.o. di Varsavia. Sono due le presunte truffe ai danni della Regione Puglia che vengono contestate e riguardano l’acquisto da parte dell’azienda di trasporto pugliese di complessivi 52 vagoni costati circa 115 milioni di euro, cioè 23 milioni in più del prezzo di mercato.
 
Il giudice, disponendo il rinvio a giudizio degli imputati, ha però escluso l’aggravante della transnazionalità del reato contestato; mentre nei confronti di Fiorillo ha dichiarato anche il “non luogo a procedere” per i reati fiscali e la prescrizione di un presunto episodio di corruzione. Il processo inizierà il prossimo 9 maggio davanti al giudice monocratico, sempre ieri mattina il gup ha assolto "perché il fatto non costituisce reato" i due imputati che avevano chiesto il rito alternativo: si tratta di Tomasz Zaboklicki e Zygfryd Franciszek Zurawski, rispettivamente presidente e membro del direttorio della società polacca Pesa Bydgoszcz Sa.
Nel procedimento penale è costituita parte civile la Regione Puglia, gli episodi contestati dalla Procura si riferiscono al periodo 2006-2012, secondo quanto ricostruito dalla guardia di finanza sono due le truffe consumate. In particolare, però, l’inchiesta ruota attorno all’acquisto di 25 carrozze ristrutturate dalla società polacca Varsa, pagate 22 milioni 500mila euro, il doppio - secondo la Procura – rispetto al valore di mercato dei vagoni, stimato in circa 12 milioni di euro. Le Ferrovie Sud Est avrebbero comprato le carrozze passeggeri dismesse al prezzo di 37mila e 500 euro ciascuna, per una spesa di 912mila euro.

Dopo qualche mese, la stessa società avrebbe venduto i 25 convogli nel medesimo stato in cui si trovavano, alla società polacca incaricata di eseguire interventi di ristrutturazione al prezzo di 280mila euro ciascuna, intascando quindi circa 7 milioni. Successivamente, sempre le stesse carrozze sarebbero state ricomprate dalle Ferrovie Sud-Est, questa volta a 900mila euro ciascuna, per un esborso di oltre 22 milioni di euro, quasi 12 in più rispetto al valore reale stimato dagli inquirenti. Su questa vicenda si era già espresso il Tribunale del Riesame: lo scorso 31 luglio i giudici annullarono il sequestro di 12 milioni di euro nei confronti di Fiorillo, Alfonso e Beltramelli, sottolineando che non è possibile ipotizzare alcuna truffa.

Nel motivare la decisione di dissequestrare i beni degli imputati, il Riesame scriveva che “non si comprende in cosa sia consistito l'artifizio utilizzato da Fse per indurre la Regione ad erogare un finanziamento non dovuto. Né, in radice, risultano evidenziati gli elementi che consentano di individuare il contestato “ingiusto profitto patrimoniale alla società Varsa” visto che a Pesa è stato pagato l’importo dei treni come concordato”.

Il gup Mastrorilli nel suo provvedimento riporta la decisione del Tribunale del Riesame, ma ritiene che nonostante quel giudizio ci sia “la possibilità di una lettura alternativa e aperta del materiale processuale posto a sostegno dell’impianto accusatorio”, ecco perché è “da escludere la inutilità del dibattimento”.
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