Spopolamento, crescita che arranca e investimenti al lumicino. Tradotto in qualche numero: dal 2007 a oggi sono scomparse dal Sud 800mila persone, il tasso di occupazione in oltre due decenni ha fatto segnare un -0,8% rispetto al +0,3% al Nord e gli investimenti sono stati inferiori di oltre il 6% rispetto alle regioni settentrionali. L’analisi dell’Ufficio Studi di Confcommercio sull’economia meridionale è stata presentata ieri mattina a Bari nel corso del convegno organizzato da Confcommercio Imprese per l’Italia, dedicato al Pnrr e al Mezzogiorno dal titolo “Opportunità e rischi connessi alla realizzazione del Pnrr, il ruolo del partenariato economico, sociale e territoriale”.
La fotografia
Una fotografia che lascia anche qualche segnale di speranza: con la dovuta e necessaria tara di un contesto che sconta arretratezze e ritardi, si stima che nell’anno in corso il Pil del Mezzogiorno crescerà del 2,8% contro una media italiana del 2,5%, alla pari con il Nord-Est e superiore alle altre aree del Paese. «Il lavoro che stiamo portando avanti per favorire lo sviluppo e la crescita del Mezzogiorno si fonda anche sull’impegno di fare in modo che le ingenti risorse che ci arrivano dall’Ue servano davvero a ridurre i divari nelle infrastrutture, nei servizi, nei diritti, nelle opportunità, nel tessuto economico e produttivo - ha detto il ministro per il Sud e la Coesione territoriale, Mara Carfagna, collegandosi col convegno - E la scelta di destinare alle regioni del Mezzogiorno almeno il 40% delle risorse allocabili territorialmente è indicativa».
Le regioni del Mezzogiorno riceveranno nei prossimi anni 212 miliardi di nuovi finanziamenti pubblici, di cui 80 miliardi provenienti dal Pnrr, il 40% delle risorse complessive del Piano. “Il Sud, quindi, potrà recuperare un bel pezzo del terreno perso grazie al Pnrr e il Pnrr potrà restituire all’Italia smalto economico e sociale attraverso la crescita del prodotto potenziale, se e solo se il Sud tornerà a funzionare a pieni giri”.
Lo spopolamento
Sono i due aspetti inscindibili che emergono dal report in cui spicca inevitabilmente quella perdita sanguinosa di 800mila residenti in venticinque anni nelle regioni meridionali. Rispetto al passato, le destinazioni sono prettamente i Paesi esteri e non solo le regioni settentrionali. Brutalmente, significa che l’investimento in istruzione o formazione sui giovani meridionali contribuisce a incrementare il Pil di altre nazioni. Ed è forse l’aspetto più doloroso confermato poi da altre cifre: guardando al tasso di variazione del Pil 1996-2019 delle macro-ripartizioni Nord e Sud, lo scarto è di quasi 17 punti percentuali.
Risultato: o si aggiustano questi trend demografici o qualsiasi intervento risulterà inefficace. Anche in questo scenario sono da segnalare le prospettive disegnate da Mara Carfagna: «Abbiamo riattivato le Zes, le abbiamo rese finalmente operative. Furono istituite nel 2017, poi sono state un po’ dimenticate. Le abbiamo inserite nel Pnrr e investito 630 milioni per l’infrastrutturazione e abbiamo introdotto il regime di autorizzazione unica per garantire semplificazioni amministrative straordinarie. Abbiamo anche aumentato le agevolazioni fiscali, il credito d’imposta passa da 50 a 100 milioni di euro. Faremo del Sud una piattaforma logistica». Ma non solo un hub logistico perché Confcommercio suggerisce di sfruttare al meglio la leva del turismo. In particolare, occorre rimpolpare quei flussi stranieri che pre Covid aprivano scenari molto interessanti. Secondo Confcommercio il turismo “tornerà presumibilmente più forte di prima perché, allargando il ragionamento a tutta l’Italia, dopo un decennio in cui abbiamo naturalmente subito la concorrenza di altre grandi aree planetarie che competono con l’Italia nell’attrarre turisti, dal 2010 la spesa dei turisti stranieri confrontata con 100 euro di spesa degli italiani in Italia passava da 3 euro a 4,3 euro».