Spazzacorrotti, la Consulta: «Reati ostativi, no alla retroattività». Da Brindisi e Taranto ricorso vinto

Spazzacorrotti, la Consulta: «Reati ostativi, no alla retroattività». Da Brindisi e Taranto ricorso vinto
di Roberta GRASSI
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Mercoledì 12 Febbraio 2020, 18:20 - Ultimo aggiornamento: 21:43
Potrebbero presto tornare in libertà tre persone, due brindisini e un tarantino, in seguito all’ultima sentenza della Corte costituzionale che, nell’affrontare complessivamente 17 quesiti provenienti da tutt’Italia, ha posto un argine ad alcune previsioni della legge conosciuta come “Spazzacorrotti”. La Consulta ha infatti condiviso le tesi degli avvocati, esprimendosi in un dibattito nazionale molto acceso che riguarda le recenti riforme sulla giustizia, e ha emesso una sentenza con cui stabilisce che gli effetti più limitativi delle ultime leggi non potranno essere retroattivi.
 
In particolare si parla dell’impossibilità per chi viene condannato per alcuni particolari reati (tra i quali alcuni contro la pubblica amministrazione), definiti “ostativi”, di accedere ai benefici previsti dalla legge in caso di pene basse: l’affidamento in prova ai servizi sociali, alcune particolari forme di detenzione non in carcere. Le nuove norme sono molto rigide, gli avvocati ne hanno contestato l’applicabilità per i fatti commessi in periodi antecedenti alla loro entrata in vigore. Nei casi specifici si tratta di condanne per peculato, sotto i quattro anni: in due sono giovani vigilantes condannati a 2 anni e 8 mesi per aver rubato bagagli dall’aeroporto di Brindisi, il terzo è un 77enne di Taranto condannato a scontare un residuo di pena di 3 anni e 10 mesi per peculato, nell’ambito di un processo che ha riguardato ammanchi alla Asl ionica. Per quest’ultimo non aveva avuto alcun valore neppure il requisito dell’età che non gli ha evitato la permanenza in cella. 

Hanno battagliato avvocati di grande spessore: Vittorio Manes, il presidente dell’unione delle camere penali Gian Domenico Caiazza. Per i casi salentini, Ladislao Massari e Amilcare Tana. Perfino l’avvocatura dello Stato, schierata sul fronte opposto, ha contestato la retroattività della legge pur chiedendo alla Corte di non giungere a una dichiarazione di incostituzionalità, ma a un verdetto di rigetto motivato. La posizione della Consulta è stata riassunta ieri in un comunicato stampa: «La Corte costituzionale ha preso atto – è scritto - che, secondo la costante interpretazione giurisprudenziale, le modifiche peggiorative della disciplina sulle misure alternative alla detenzione vengono applicate retroattivamente, e che questo principio è stato sinora seguito dalla giurisprudenza. La Corte ha dichiarato che questa interpretazione è costituzionalmente illegittima con riferimento alle misure alternative alla detenzione, alla liberazione condizionale e al divieto di sospensione dell’ordine di carcerazione successivo alla sentenza di condanna».

Secondo la Corte, infatti, «l’applicazione retroattiva di una disciplina che comporta una radicale trasformazione della natura della pena e della sua incidenza sulla libertà personale, rispetto a quella prevista al momento del reato, è incompatibile con il principio di legalità delle pene” sancito dalla Costituzione. E viola, in particolare, l'articolo 25 della Carta, in base al quale «nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso». 

Per tutti i casi pugliesi era stata sollevata una questione di legittimità costituzionale dinanzi ai magistrati che si erano occupati dell’esecuzione della pena. In attesa del pronunciamento, tuttavia, era stata negata ogni forma di sospensione della pena. I tre sono infatti ancora in carcere. 
La Corte Costituzionale ha specificato che l’intera sentenza sarà depositata nei prossimi giorni, diffondendo però una sintesi della decisione assunta con un comunicato stampa. Quanto basta ai due legali salentini, Massari e Tana, per rivolgersi immediatamente ai giudici competenti e chiedere l’immediata scarcerazione degli interessati. 

Potranno subito beneficiare dei “bonus”, secondo i legali: quando hanno commesso i fatti, quando hanno scelto la tipologia di processo a cui ricorrere, erano in vigore altre norme meno restrittive. E sono tali norme, oggi, a dover essere considerate. La nuova “spazzacorrotti” resta sì intatta, ma solo per chi commetterà illeciti del genere “ostativo” (che impediscono trattamenti detentivi più leggeri) dal momento dell’entrata in vigore in poi.
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