In Puglia solo un bambino su tre può usufruire della mensa. Così perdiamo un anno di scuola

I dati in un rapporto pubblicato da Svimez

In Puglia solo un bambino su tre può usufruire della mensa. Così perdiamo un anno di scuola
di Giuseppe ANDRIANI
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Sabato 11 Febbraio 2023, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 16:36

Il Paese è già diviso in due, almeno nel mondo della scuola. Lo dice, senza girarci troppo attorno, Svimez (Associazione per lo SViluppo dell’Industria nel MEZzogiorno), che ieri mattina ha presentato il proprio rapporto (scritto con l’Altra Napoli onlus) a Napoli a La Casa di Vetro di Forcella. Un rapporto intitolato “un Paese, due scuole”. Presentato un video, nel quale si vede Carla, una bambina nata e cresciuta al Nord, e Fabio, che vive al Sud: la bambina settentrionale ha avuto garantite più ore nei cinque anni di scuola elementare. A conti fatti, secondo Svimez, è come se avesse frequentato un anno in più. Perché? Per vari motivi: nel Mezzogiorno mancano le infrastrutture, le palestre, il tempo pieno viene frequentato molto meno. In media un bimbo del Sud perde circa 200 ore in un anno. A conti fatti, solo alla scuola elementare la differenza è sostanziale: un anno in meno per i tanti bimbi del Mezzogiorno

Mense, il divario

Secondo il report al Sud sono 650mila gli alunni delle elementari che non possono beneficiare - per assenza di strutture - del servizio mensa. Solo in Puglia si tratta di oltre 100.000 bambini, di fatto può usufruire della mensa nella propria scuola, appena un alunno su tre. Basti pensare che in Piemonte a essere sopravvisti del servizio pasto sono appena il 18% dei ragazzi, in Toscana addirittura il 15%. Per raggiungere i 100.000 pugliesi bisogna unire gli studenti di Piemonte, Liguria, Friuli e Toscana (e neppure ci si arriva), tanto per avere un’idea. 
Il divario è territoriale, geografico, a svantaggio di un Mezzogiorno che vede in salita persino l’istruzione. No mensa vuol dire no tempo pieno, cioè: passare meno tempo a scuola. Ed ecco il gap, che viene fuori in tutta la propria brutalità. In Puglia sceglie il tempo pieno soltanto il 16,60% del totale di chi frequenta la scuola primaria. Si tratta di 28.383 persone. In Lombardia, che pure non brilla per il servizio mensa, la stessa scelta è di un bimbo su due, idem in Toscana, nelle Marche, in Emilia Romagna. Unica eccezione al Mezzogiorno: la Basilicata, dove frequentano la scuola per 40 ore in 10.000, su circa 20.000 ragazzi. «Per effetto delle carenze infrastrutturali - si legge nel report di Svimez -, solo il 18% degli alunni del Mezzogiorno accede al tempo pieno a scuola, rispetto al 48% del Centro-Nord. La Basilicata (48%) è l’unica regione del Sud con valori prossimi a quelli del Nord. Bassi i valori di Umbria (28%) e Marche (30%), molto bassi quelli di Molise (8%) e Sicilia (10%). Gli allievi della scuola primaria nel Mezzogiorno frequentano mediamente 4 ore di scuola in meno a settimana rispetto a quelli del Centro-Nord. La differenza tra le ultime due regioni (Molise e Sicilia) e le prime due (Lazio e Toscana) è, su base annua, di circa 200 ore».
Infrastrutture carenti nel Mezzogiorno.

E non fanno eccezione le palestre scolastiche, per quanto la Puglia in questo “fondamentale” è messa sicuramente meglio rispetto a Campania, Calabria e Sicilia. Ma al Sud sono in 550.000 gli allievi che non dispongono nella propria scuola di spazi adeguati per praticare attività sportiva. 

Lo spettro dell'Autonomia

Divari che nascono da lontano, ma non per caso. Il dibattito a largo spettro sull’Autonomia differenziata e sulla narrazione di un Paese “spaccato in due” ha fatto riemergere con forza la questione meridionale, semmai il tema fosse rimasto in soffitta per qualche tempo. Divari evidenti e visibili già nelle politiche e negli investimenti. «Risulta - spiega il report - un differenziale di spesa pubblica pro capite nell’intero comparto Istruzione, comprensivo dell’istruzione terziaria, favorevole al Mezzogiorno di circa 90 euro, ma il dato non fornisce una fotografia reale dell’effettivo impegno pubblico per l’istruzione. Più significativo è il rapporto tra spesa e studenti, dal quale risulta uno scarto sfavorevole al Sud, dove la spesa per studente è di circa 100 euro annui inferiore rispetto al resto del Paese (5.080 euro per studente contro 5.185). Lo scarto aumenta se si considera il solo comparto della scuola, con una spesa per studente di 6.025 euro al Sud contro un valore di 6.395 nel Centro-Nord. Lo scarto è ancora più significativo se si guarda alla sola spesa per investimenti: 34,6 contro 51 euro per studente». 
E Luca Bianchi, direttore di Svimez, avverte: «La priorità oggi è rafforzare il sistema di istruzione soprattutto nelle aree più marginali, sia del Sud che del Nord. Garantendo asili nido, tempo pieno, palestre, rafforzando l’offerta formativa dove più alto è il rischio di abbandono. Il quadro che emerge dai dati, e che rischia di rafforzarsi ancor più se passano le proposte di Autonomia, è quello di adattare l’intensità dell’azione pubblica alla ricchezza dei territori, con maggiori investimenti e stipendi nelle aree che se li possono permettere, pregiudicando proprio la funzione principale della scuola che è quella di “fare uguaglianza”». Anche perché questo quadro suggerisce un’amara verità: un Paese, due scuole. L’Autonomia, forse, è già qui.

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